12 NOVEMBRE 2003: L’ATTENTATO DI NASSIRIYA

di ANNA MARIA STEFANINI –

Nel marzo 2003 truppe USA, allora sotto la presidenza di George W. Bush, e britanniche danno inizio alla “seconda guerra del Golfo” contro l’Iraq; il regime di Saddam Hussein viene rovesciato ma le celebri “armi di distruzione di massa”, alla base delle motivazioni dell’attacco, non verranno mai trovate. Non soltanto, l’esercito iracheno collassa ma prende sempre più forza un’insidiosa guerriglia contro le forze della coalizione al punto da indurre gli americani a ricercare la famosa “exit strategy”, ossia il rapido disimpegno dalle operazioni di guerra. Il 22 maggio 2003 interviene l’ONU che invita tutti gli stati a contribuire alla pacificazione dell’Iraq e, soprattutto, a impegnarsi per restituire sicurezza e autonomia di governo al popolo iracheno, stremato dal lungo regime di Saddam Hussein e da tre guerre del Golfo: la prima, negli anni ’80, combattuta contro l’Iran, le altre due contro gli americani.
Per comprendere meglio la situazione irachena è necessario richiamare un ulteriore conflitto parallelo: la millenaria guerra di religione fra le etnie degli sciiti e dei sunniti, entrambe musulmane ma divise sul diritto di titolarità dell’eredità spirituale del profeta Maometto, particolarmente sentito negli stati islamici ad est del mar Rosso.
Le due etnie nel tempo si sono territorialmente separate (gli sciiti sono perlopiù concentrati in Iran) ma in Iraq e in Libano importanti comunità delle due confessioni sono tuttora a stretto contatto e, negli ultimi decenni, il conflitto è degenerato nella forma terroristica mediante il metodo delle auto-bomba.
In Iraq le comunità sciite, che sono una minoranza, sono state sottoposte ad una lunga e dura persecuzione da parte del sunnita Saddam Hussein che contro i villaggi sciiti non si è fatto scrupolo di impiegare armi chimiche.
Sulla base della risoluzione ONU 1483 del 22 maggio 2003 l’Italia partecipa con la “Missione Antica Babilonia”, con compiti di “peacekeeping” (mantenimento della pace) e di supporto alle nascenti nuove autorità irachene. La base assegnata al contingente italiano è l’importante città di Nassiriya, capoluogo della regione Dhi Qar, ricca di giacimenti di petrolio. Il contingente italiano è articolato in quattro componenti principali: Esercito, Aeronautica, Marina e Carabinieri. Con riguardo ai Carabinieri è opportuno ricordare che, diversamente dalla Polizia di Stato, sono incardinati nell’ambito dell’Esercito Italiano e godono per questo di una duplice formazione: la formazione per compiti di polizia e di protezione del territorio e la formazione propriamente militare; una duplice competenza che si rivelerà una preziosa risorsa nella gestione di un’area da riconsegnare all’autonomia politica ed amministrativa irachena. Per tutta la durata della Missione Antica Babilonia, dal marzo 2003 al dicembre 2006, si avvicenderanno in totale 30 mila militari italiani.
Sfortunatamente l’odio e il fanatismo oscurano la realtà e nelle centrali terroristiche gli italiani vengono assurdamente considerati invasori occidentali; inoltre la pratica terroristica riconduce tutto ad una mera contabilità di sangue e vittime. Non c’è né la minima volontà né il minimo spazio per cercare di comprendere e distinguere: tu sei il “nemico” e qualsiasi cosa tu faccia o dica sei e resterai per sempre il mio ancestrale eterno nemico; anche se aiuti, proteggi e curi la mia gente.
Così il 12 novembre di 18 anni fa, alle 10:40 locali (8:40 in Italia), un camion-bomba mimetizzato da autocisterna si dirige contro la base MSU dei Carabinieri di Nassiriya ma il carabiniere di guardia, Andrea Filippa, si rende immediatamente conto del pericolo e reagisce colpendo i due uomini alla guida impedendo in tal modo al mezzo di portare a compimento la missione suicida: penetrare nella base ed esplodere. Questo salverà centinaia di vite ma la potente carica esplosiva, per una tragica fatalità, innesca l’esplosione del deposito di munizioni della vicina base “Maestrale”; le vittime saranno 28, 19 italiani e 9 iracheni. Delle vittime italiane dodici sono Carabinieri, cinque dell’esercito e due civili, il regista di una troupe che stava realizzando uno sceneggiato sulla missione e un cooperante.
Un particolare molto significativo è che, tra i soccorritori, intervengono anche molti poliziotti e civili iracheni.

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