di ANNA MARIA STEFANINI-
Per comprendere il vento nuovo che dagli anni ’60 soffia impetuoso nei cieli d’Inghilterra è necessario un salto spazio-temporale nelle turbolenze che, al crepuscolo degli anni ’50, scuotono gli USA.
Le turbolenze in parola sono la “pop-art” (dove pop sta per “popular”) e il fenomeno letterario del “beat” (termine di origine incerta: probabilmente abbreviazione di “beatitude” oppure sinonimia di “lasciami stare!”).
Cosa fanno gli (allora) giovani artisti americani? Pongono il mondo davanti al sorprendente e mai pronunciato interrogativo: è possibile fare arte con i prodotti della cultura popolare?
È così che Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg e tutti gli altri cominciano a dipingere la Coca Cola, Marilyn, la banana, il frigorifero e persino i fumetti.
I giovani musicisti USA accettano la medesima sfida: sarà mai possibile fare musica colta utilizzando gli stilemi delle musiche popolari allora in circolazione?
I giovani musicisti USA prendono in prestito il “rock and roll”, il “country” e il “folk” e attraverso questi linguaggi raccontarono frustrazioni e aspirazioni delle generazioni del dopoguerra.
“Quante strade deve percorrere un uomo/prima di essere chiamato uomo?
E quanti mari deve superare una colomba bianca/prima che si addormenti
sulla spiaggia? / E per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone
prima che vengano bandite per sempre?/la risposta, amico mio, soffia nel
vento…” Blowin’ in the wind. Bob Dylan
Nel frattempo era stato inventato il vinile e, come nel fenomeno acustico della risonanza, da quest’altra parte dell’oceano giovani leoni entrano presto in vibrazione sulle frequenze provenienti da ovest; tra i primi proprio Paul McCartney e, in Italia, Fabrizio De André, Luigi Tenco, Francesco Guccini e tutti gli altri cantautori di quella generazione d’oro.
Il futuro Sir James Paul Mc Cartney nasce primogenito il 18 giugno di 81 anni fa in un ospedale di Liverpool dove la madre Mary presta servizio come infermiera; madre cattolica, padre protestante: un mix che avrà un peso sulla formazione del ragazzo Paul.
Gli inizi di brillante studente fanno presagire tutt’altra carriera da quella allora ancora sconosciuta di rock star ma la vita riserva talvolta sorprese insospettabili, specialmente se la tua corsia esistenziale incrocia quella di un altro ragazzo mosso dalle medesime risonanze musicali: John Lennon.
La prima formazione musicale Paul la riceve in famiglia perché il padre Jim è un buon musicista e sempre incoraggia i suoi due figli a praticare la musica. Gli insegnamenti paterni producono buoni frutti perché la musica diviene presto la grande passione dell’adolescente Paul. Impara a suonare il piano e, con un po’ di difficoltà, essendo mancino, la chitarra; si appassiona allo “skiffle”, una sorta di “rock and roll” delle origini che aveva preso piede nei locali di Liverpool. E mentre cerca di affinare le qualità di strumentista coltiva anche la passione di autore: compone “I Lost My Little Girl” e “When I’m Sixty-Four” che comparirà, molti anni dopo, nel celeberrimo album “Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band”.
Studia la notazione musicale ma resterà sempre un musicista “a orecchio”.
La marcia verso i mitologici “The Beatles” avviene per gradi; il primo stadio di questo incredibile percorso è l’amicizia con John Lennon e alcuni suoi compagni di scuola: i “Quarrymen”. Più tardi Paul convince John e soci a ingaggiare un altro promettente adolescente del suo giro scolastico: il chitarrista George Harrison. Conseguentemente Paul passa al basso.
La band comincia a piacere e questo vale al gruppo una tournée ad Amburgo che si trasformerà in un vero itinerario di formazione. Con il rientro a Liverpool e l’ingaggio del batterista Ringo Starr organico e profilo stilistico-musicale sono completati; The Beatles (mix di “beat” e “beetles”, ossia “scarafaggi”) sono ormai pronti a conquistare il mondo. Tutto il resto è gioia.
