2 aprile 2005: ci lascia Giovanni Paolo II, il Papa che disse al mondo “Non abbiate paura”

di ANNA MARIA STEFANINI-

VITERBO- Rendere il senso del pontificato di Giovanni Paolo II in un testo non è difficile; è impossibile. Se tuttavia in questa immensa biografia si volessero distillare le parole che meglio restituiscono l’essenza della sua missione pastorale tali parole sarebbero probabilmente queste: “non abbiate paura”.
Perché è la paura che ci fa chiudere in noi stessi e ci impedisce di manifestare il bello e il bene che abitano in ciascuno di noi.
Karol Jòsef Wojtyła nasce il 18 maggio 1920 in Polonia a Wadowice, cittadina non lontana da Cracovia.
Nascere in Polonia è già un destino: nazione cattolica, stato cuscinetto fra Europa e Russia, per secoli sottoposta alle tensioni e agli appetiti di entrambe le parti.
Il futuro Giovanni Paolo II comincia a sperimentare la paura già da bambino: la madre Emilia muore di malattia nel 1929, quando Karol aveva 9 anni; il fratello maggiore, Edmund, muore nel 1932 all’età di 26 anni; una terza sorella maggiore, Olga, era morta prima della sua nascita.
Il suo unico punto di riferimento resta il padre Karol Wojtyła senior, ex-ufficiale e fervente cattolico, che si impegna per far studiare l’unico sopravvissuto della sua famiglia.
Il percorso di liberazione dalla paura comincia già nel 1938 quando si iscrive all’università di Cracovia: studia con grande alacrità, impara 11 lingue straniere, incluse latino ed esperanto e trova persino il tempo per imparare a recitare.
L’anno successivo, nel ’39, scoppia la seconda guerra mondiale e la Polonia è rapidamente invasa dalle truppe tedesche; gli anni dell’occupazione saranno anni vissuti da rifugiato ma quello che all’inizio sembra una condanna – un durissimo lavoro in una cava – si rivelerà una fortuna perché la cava era destinata a produrre soda caustica, un materiale molto importante per la Germania nazista e questo lo salva dalla deportazione cui invece saranno destinati tantissimi suoi coetanei.
Quelli dell’occupazione nazista sono anni decisivi anche per la sua formazione religiosa: nel ‘41 muore il padre e nel ’42, all’età di 22 anni, entra nel seminario clandestino di Cracovia.
Il ‘44 è l’anno della famosa rivolta del ghetto di Varsavia e la repressione tedesca è violentissima e non risparmia neanche Cracovia; ma il giovane Karol riesce miracolosamente a salvarsi dai rastrellamenti.
Nel ‘45 i tedeschi, ormai in rotta e incalzati dai russi abbandonano Cracovia e i seminaristi sopravvissuti possono riemergere dalla clandestinità e rimettere in piedi il seminario semidistrutto.
Quando la seconda guerra mondiale finisce gli accordi di Jalta consegnano la Polonia al blocco sovietico.
Il 1° novembre 1946 Karol Wojtyła riceve gli ordini sacerdotali e poco dopo si trasferisce a Roma per frequentare gli studi teologici presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino dove mette in luce le sue doti di studioso.
Nel ‘48 torna in Polonia dove intraprende il suo percorso pastorale affiancando il servizio all’insegnamento presso l’Università, prima a Cracovia, poi a Lublino.
Dieci anni dopo, nel ’58, è nominato vescovo ausiliare di Cracovia; il 13 gennaio 1963 papa Paolo VI lo nomina arcivescovo della città. Anche dopo il prestigioso incarico Karol continua ad affiancare l’attività pastorale con lo studio e la riflessione teologica.
Il 26 giugno 1967 viene creato cardinale da Paolo VI.
Nel ‘78 partecipa al conclave per la successione a Paolo VI dal quale viene eletto papa Albino Luciani col nome di Giovanni Paolo I. Ma il pontificato di Giovanni Paolo I durerà appena 33 giorni e nell’ottobre del medesimo anno Karol fa nuovamente ritorno a Roma per il nuovo conclave non pensando nemmeno lontanamente di poter essere lui il nuovo pontefice.
Contrariamente a ogni aspettativa Karol è eletto papa col nome di Giovanni Paolo II, il primo papa non italiano 455 anni dopo l’olandese Adriano VI (1522).
La celebre frase “se mi sbaglio mi corrigerete” è l’involontario errore che gli attira le simpatie degli italiani che, all’inizio, non riuscivano nemmeno a comprenderne il cognome.
Già dagli esordi si cominciano a notare alcuni significativi cambiamenti che caratterizzeranno l’intero suo pontificato: abroga il “pluralis maiestatis”, chiede una semplice messa in luogo della grande cerimonia dell’incoronazione papale e rinuncia al “triregno”, l’imponente copricapo papale preferendo la normale mitra.
Le biografie lo accostano alla caduta del comunismo ma Papa Wojtyla non è stato meno severo con il capitalismo e il consumismo.
Il 13 maggio del 1981 è la data del celebre attentato da parte di Mehemet Alì Agca nel quale rimane gravemente ferito; si salva dopo un difficile intervento chirurgico durato oltre 5 ore.
Due anni dopo, il natale del 1983, papa Wojtyla va a trovare Alì Agca in carcere; gli concede il perdono.
Pellegrino in tutto il mondo, negli anni ’90 compaiono i primi problemi di salute che lo accompagneranno sino alla fine del suo pontificato: alcune serie cadute, la rimozione di un tumore benigno, un’appendicite acuta e l’insorgenza del morbo di Parkinson, cui si affiancano problemi articolari e una grave artrosi al ginocchio gli rendono particolarmente difficoltosa e dolorosa la deambulazione.
Ma Karol non si ferma e rimane perfettamente lucido conservando intatto l’impegno per mantenere la sua intensissima missione pastorale; dice di “accettare la volontà di Dio”.
Il 1° febbraio 2005 ha un aggravamento che lo obbliga al ricovero presso il policlinico Gemelli; il 27 marzo, il giorno di Pasqua, si affaccia su piazza San Pietro, benedice la folla con la mano, cerca di parlare ma non riesce a emettere parole. Ripete il gesto tre giorni dopo, ma per breve tempo.
Giovanni Paolo II si spegne alle ore 21:37 di sabato 2 aprile

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