24 febbraio: 20 anni senza Albertone

di ANNA MARIA STEFANINI-

“La pennica è sacra: un’ora e mezza a letto ogni giorno dopo pranzo.
Sto disteso e godo nel sentire i clacson in lontananza. Quelli della
gente che sta in macchina in coda, suda, si affanna. Io ridacchio fra
me e me e penso: ma ‘ndo annate?”

Alberto Sordi saluta tutti il 24 febbraio di 20 anni fa. Massimo interprete dell’italiano medio, “l’Albertone nazionale” resterà per sempre icona italiana e nostro inestinguibile fratello di carne e di sangue.
Uno come Sordi non poteva che nascere trasteverino “de Roma”; il padre, Pietro Sordi di Valmontone, è musicista suonatore di tuba contrabbassa nell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma mentre la madre, Maria Righetti da Sgurgola, insegna.
Le interferenze con il mondo dello spettacolo sono precocissime: già nella paterna cittadina di Valmontone comincia a inventare mini-recite di marionette; dal momento che ha una voce acuta viene scelto come “soprano” nel coro di voci bianche della Cappella Sistina; un ruolo che dovrà lasciare presto perché la sua voce curva rapidamente verso i toni bassi. Una trasformazione che sfrutterà nella successiva carriera attoriale.
Esperienza parallela inevitabile, voluta dalla madre, è studiare da ragioniere, il titolo perfetto per chi è destinato a interpretare il ruolo di italiano medio ma le speranze di successo in questa diramazione professionale vengono inesorabilmente frustrate dal suo forte accento romanesco.
La vita di Sordi imbocca la via del cinema nel 1937, quando comincia a lavorare come comparsa a Cinecittà e, subito dopo, a doppiare in italiano Oliver Hardy. Il ragazzo Alberto non ha alcuna esperienza da doppiatore ma il suo talento innato gli permette di prestare la voce a star come Anthony Quinn, Robert Mitchum e ad attori italiani come Franco Fabrizi e Marcello Mastroianni.
La pratica gli fa bene e poco dopo si cimenta nel teatro di rivista dove intrattiene una breve ma intensa esperienza insieme ad Aldo Fabrizi con il quale porta in giro “Ma in campagna è un’altra…rosa” nella stagione teatrale 1938-1939.
L’esperienza teatrale prosegue per tutti gli anni della guerra arrivando a guadagnare il ruolo di attore con Wanda Osiris.
Gli anni del dopoguerra gli spalancano le porte verso una nuova esperienza: quella della radio, per la quale lavora dal 1946 fino al 1953 ottenendo una buona notorietà al punto che una sua satira sugli ambienti cattolici: “I compagnucci della parrocchietta” viene trasformata in film per la regia di Vittorio De Sica.
Il passaggio definitivo al mondo del cinema avviene con “Lo sceicco bianco” (1952) e “I vitelloni” (1953), diretti da Federico Fellini.
Un altro regista che si innamora di Sordi è Steno (pseudonimo di Stefano Vanzina; padre dei celebri fratelli Enrico e Carlo), per il quale recita in “Un giorno in pretura” (1953) e in “Un americano a Roma” dove interpreta l’immortale gag del ragazzo filo-americano alle prese con l’altrettanto famosissimo piatto di spaghetti: “«Maccarone m’hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno!”.
Quando arriva la grande stagione della “Commedia all’italiana” Alberto Sordi è al massimo delle sue qualità attoriali: Sordi non sarà attore della commedia all’italiana; sarà la commedia all’italiana.
Non essendo possibile censire tutte le sue partecipazioni ai film di quella magica stagione è inevitabile circoscrivere l’attenzione intorno a una rosa rappresentativa di quei capolavori: eroe involontario, insieme a Vittorio Gassman, ne “La grande guerra” (1959), diretto da Mario Monicelli; “Tutti a casa”, di Luigi Comencini, dove recita anche Eduardo De Filippo, “Il medico della mutua” (1968), di Luigi Zampa; “Detenuto in attesa di giudizio” (1971), di Nanni Loy e tanti altri.
Alberto Sordi sarà anche regista, come in “Fumo di Londra” (1966) e nella trilogia in cui compare con Monica Vitti: “Amore mio aiutami” (1969), “Polvere di stelle” (1973) e “Io so che tu sai che io so” (1982).
Non solo cinema: Alberto Sordi farà anche il mattatore televisivo nel fortunato format di allora chiamato “Varietà”, format che prevede la presenza “dell’ospite d’onore”. L’ospitata del “tuca tuca” con Raffaella passerà alla storia.
Malgrado tanto successo di pubblico Sordi osserva una vita privata riservatissima, lontana dai riflettori e le cronache raccontano di una personalità schiva e appartata, mai convolato a nozze, tollerante solo della sorella e di una ristrettissima cerchia di amici, tra i quali Carlo Verdone, con cui ha recitato in uno degli ultimi film.
“Se vedemo”, carissimo Albertone.

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