VITERBO- Discorso del Presidente della Provincia Alessandro Romoli per il 25 aprile: “Celebrare il 25 aprile significa riconoscere che non c’è nulla di più prezioso della libertà. Una libertà che oggi diamo spesso per scontata, ma che è stata conquistata con coraggio, sofferenza e sacrificio da donne e uomini che scelsero di ribellarsi all’ingiustizia, all’oppressione e alla paura.
Ottant’anni fa, l’Italia spezzava finalmente le catene di una lunga dittatura. Dopo oltre vent’anni segnati dalla soppressione delle libertà individuali, dalla violenza politica, dalla guerra, dall’occupazione nazista e dal fascismo, il nostro Paese ritrovava il suo volto più autentico: quello di una nazione desiderosa di pace, di giustizia, di futuro.
Il 25 aprile del 1945 segna una svolta fondamentale nella nostra storia: è il giorno in cui il popolo italiano, attraverso l’insurrezione generale, si rialza in piedi e riprende in mano il proprio destino. È il giorno in cui la Resistenza, fatta di civili e militari, di giovani e anziani, di contadini, operai, studenti, donne e uomini di ogni estrazione e convinzione, diventa simbolo di dignità e di speranza.
Ma il significato del 25 aprile non si esaurisce nella celebrazione del passato. Al contrario, questa giornata ci chiede ogni anno di rinnovare un impegno: quello di essere cittadini liberi, consapevoli, vigili. Perché la libertà e la democrazia, per quanto conquistate, non sono mai conquiste eterne. Sono beni delicati, fragili, da custodire con cura e da difendere giorno dopo giorno.
La nostra terra, la Tuscia, non fu spettatrice. Fu parte attiva di questa pagina fondamentale della storia italiana. Anche qui, tra le nostre colline e i nostri borghi, si consumarono drammi, atti di eroismo, episodi di solidarietà. Qui tanti hanno perso la vita pur di non piegarsi. E oggi il nostro primo dovere è quello della memoria. Ricordare i nomi, le storie, i volti di chi ha scelto la libertà, anche a costo della morte.
E oggi, proprio mentre ci stringiamo intorno a questa memoria, siamo chiamati non solo a ricordare, ma a scegliere. Sì, perché ogni 25 aprile ci interpella: ci chiede da che parte vogliamo stare, che tipo di società vogliamo costruire, che significato vogliamo dare alle nostre parole, ai nostri gesti, al nostro silenzio.
Non è sufficiente commuoversi davanti alle immagini in bianco e nero dei partigiani o delle staffette. Non basta sventolare una bandiera. Il 25 aprile è autentico solo se trova un riflesso nel nostro vivere quotidiano: nella difesa dei diritti, nella cura delle istituzioni, nella lotta contro ogni forma di esclusione, nel rispetto delle minoranze. È autentico solo se trasformiamo la memoria in azione, in coscienza, in responsabilità.
E non dimentichiamo che la libertà è anche responsabilità verso gli altri. Verso chi non ha voce, verso chi viene discriminato, verso chi soffre ancora le conseguenze dell’odio, della guerra, dell’ingiustizia. La Resistenza ci ha insegnato che la libertà vera non è egoismo, ma solidarietà. Non è privilegio, ma giustizia. È la capacità di sentirsi parte di qualcosa di più grande, di una storia collettiva che ancora ci appartiene e ci plasma.
Il 25 aprile ci lega saldamente al nostro passato, ma parla anche al nostro presente e soprattutto al nostro futuro. Un futuro che sarà libero solo se sapremo continuare a scegliere il dialogo invece del fanatismo, la cultura invece dell’ignoranza, la memoria invece dell’oblio. Solo se sapremo riconoscere i segnali del buio – anche quando si presentano in forme nuove, più ambigue, più sottili – e avremo il coraggio di respingerli, come fecero le donne e gli uomini della Resistenza.
In un mondo che sembra perdere ogni giorno l’abitudine al confronto civile e alla costruzione paziente del bene comune, questa ricorrenza ci appare allora non solo come un rito, ma come una bussola. Ci ricorda che il bene della democrazia non è mai garantito una volta per tutte. Va scelto. Difeso. Coltivato.
Ecco perché oggi non siamo solo spettatori di un ricordo. Siamo eredi. E in quanto tali, siamo anche custodi.
A chi oggi guarda a noi – ai più giovani, a chi si affaccia per la prima volta alla vita pubblica – abbiamo il dovere di consegnare una verità semplice e potente: che la libertà non è un punto di arrivo, ma un cammino. E che questo cammino non è mai solitario, ma collettivo. È un percorso che richiede fatica, consapevolezza, coraggio.
In questo giorno così carico di significato, non possiamo non rivolgere un pensiero commosso alla figura di Papa Francesco, la cui scomparsa rappresenta una perdita profonda non solo per la Chiesa cattolica, ma per tutta l’umanità. Con la sua voce mite ma ferma, il suo esempio di accoglienza e la sua instancabile difesa degli ultimi, ha saputo interpretare i valori universali della giustizia, della pace, della solidarietà. La sua testimonianza morale e spirituale ha parlato al cuore di credenti e non credenti, restituendo dignità e umanità a una Chiesa che si fa compagna di strada.
Ricordare la Liberazione significa, infine, saper riconoscere la bellezza e la dignità di una Repubblica fondata sulla pace, sul lavoro, sulla partecipazione. Una Repubblica nata non solo per cancellare un regime, ma per costruire una speranza. E quella speranza, oggi, è ancora nelle nostre mani.
Viva il 25 aprile. Viva la libertà. Viva la Repubblica italiana”.