29 marzo 1939: nasce Terence Hill, l’uomo più veloce della sua ombra

di ANNA MARIA STEFANINI-

Come per molti grandi, anche per Mario Girotti il “caso” gioca una parte fondamentale. Agli inizi il predetto caso non gli è particolarmente benevolo: nato a Venezia esattamente 84 anni fa da genitore originario di Amelia (TR) e madre tedesca di Dresda, per ragioni di lavoro la famiglia, quando lui ha 4 anni, si trasferisce nel länder tedesco della Sassonia, proprio nel periodo dei più intensi bombardamenti alleati.
Nel 1945, a guerra praticamente finita, la famiglia intraprende il difficile cammino di ritorno ad Amelia. Non si hanno notizie dettagliate su questo rientro ma non deve essere stato facile per una famiglia italo-tedesca di cinque persone (Mario era il secondo di tre fratelli) attraversare mezza Europa.
Concluso il rientro il caso comincia finalmente a mostrare il suo lato buono perché l’Italia del dopoguerra aveva una grande voglia di rinascita e il cinema italiano, grazie ad un pugno di autori e registi di caratura internazionale era in grande fermento. Il filone allora emergente era il “Neorealismo” e i registi erano alla costante ricerca di “attori di strada”, da affiancare a quelli professionali, in modo da rendere più autentico e credibile il racconto cinematografico dell’Italia piegata e piagata di quegli anni affamati e polverosi. E quando servivano attori non professionisti i registi mettevano gli annunci sui giornali. Nel 1951, all’età di 12 anni il caso dà un colpo di reni ed è per puro caso che Mario viene notato dal regista Dino Risi che lo scrittura, insieme ad altri bambini, per il film “Vacanze col gangster”. Dopo di allora non sarà più solo il caso a pilotare la sua biografia perché, essendo risultato piuttosto bravo, continuerà a ricevere proposte per piccole parti con maestri del calibro di Mauro Bolognini, Gillo Pontecorvo, Francesco “Citto” Maselli (scomparso il 21 scorso) etc. E mentre recita studia.
Verso la fine degli anni ’50 lo scenario tematico muta radicalmente e arrivano film meno impegnati, buoni per brevi sogni al prezzo di un modico biglietto in un’Italia spinta da una gran voglia di tornare sognare; è il tempo dei musicarelli e delle commedie dalla trama semplice dove l’amore, dopo la consueta catena di equivoci e incomprensioni, alla fine sempre trionfa, dispensando generosi dividendi di innocente consolazione; magari al suono di una dolce canzoncina sentimentale.
Ma erano anche i film dove recitavano talenti come Totò, Nino Taranto, Aldo Fabrizi, Renato Rascel e le prime bellezze dalle curve mitologiche, come Gina Lollobrigida e Sophia Loren.
Non soltanto: è il filone che prepara la strada alla grande stagione della “commedia all’italiana” e ai suoi celeberrimi colonnelli.
Mentre tutto questo accade Mario Girotti continua a inanellare parti sempre più corpose; nel 1959 fa il bagnino per “Cerasella”, interpretata dalla superba bellezza italiana Claudia Mori e più tardi compare accanto ad Aldo Fabrizi e Renato Rascel in “Un militare e mezzo”.
Arrivano così i ’60 ed è in quegli anni che Mario decide di fare dell’attore la sua professione; si laurea e per studiare da attore fa una scelta radicale: decide di frequentare il famoso Actors Studio di New York, la più importante scuola di recitazione del mondo.
In realtà compie questo passo per un’altra ragione: sconfiggere il suo problema più grande, quello che, stando ai ruoli, non ti aspetteresti mai: la timidezza.
Grazie a questa svolta, nel 1963, ottiene una scrittura ne “Il Gattopardo” di Luchino Visconti, dove recita una parte secondaria e tuttavia di un certo rilievo, impersonando il garibaldino conte Caviraghi. Qualcosa di più di una particina quando a dirigerti c’è uno come Visconti; un regista che cura personalmente e con precisione maniacale ogni dettaglio e ogni fase della lavorazione, dagli ambienti, agli arredi ai costumi. Un’esperienza del tutto inedita e una grande lezione di cinema per Mario, abituato all’improvvisazione e ai metodi alla buona dell’industria cinematografica di quegli anni.
Il 1967 è l’anno del duplice matrimonio: quello sentimentale, con la moglie tedesco-americana Lori Zwicklbauer e quello professionale con Carlo Pedersoli.
In quel periodo imperava la moda di adottare, da parte della gente di spettacolo, nomi americani e fu così che Pedersoli-Girotti diventano Bud Spencer e Terence Hill. Erano anche gli anni d’oro del western e il destino della coppia è segnato.
Il format della coppia comica non era certo una novità ma aveva funzionato soprattutto nella rivista, nel cabaret e nella commedia, fondata sugli antichi ruoli della “spalla” e del “battutista”; Bud Spencer e Terence Hill hanno la geniale idea di esportare il format nel western-spaghetti, adattandolo alle loro caratteristiche recitative e fisiche: grosso, forte e di grande appetito ma tutto sommato pacioso l’uno; veloce di mano, di testa, di lingua e di carte l’altro.
Il tutto mixato e calato nei bioritmi di nostrana lentezza e quando debbono prendere a pugni qualcuno lo fanno perché sta disturbando il loro welfare all’italiana.
I due non sono in “missione per conto di Dio” come i Blues Brothers e tutto quello di cui hanno bisogno è soltanto un ricco piatto di fagioli da ripulire a dovere con una generosa scarpetta; ma lungo questo itinerario sulla via del fagiolo i due sono l’incubo dei cattivi.
Come coppia gireranno 16 film; quasi tutti campioni d’incassi.
Di una certa importanza è la partecipazione di Mario-Terence come co-protagonista, senza il compagno Bud, a “Il mio nome è nessuno” del 1973, diretto da Tonino Valerii, prodotto da Sergio Leone, insieme al mitologico Henry Fonda, dove si intravedono le tracce del prestigioso regista italiano.
Come succede a molti attori legati a un personaggio di successo, il pubblico non premierà molto le partecipazioni di Hill a film più impegnati, come “Il vero e il falso”, del ‘72 e “Org”, del ‘79.
Dopo periodi alterni e intermittenti, intercalati da perentesi americane, Terence Hill si riprende la scena con la fortunata serie RAI di “Don Matteo”, un prete dalle eccezionali doti investigative; la puntata del 7 gennaio 2016, con oltre 9 milioni e 600 mila spettatori, stabilisce il record europeo di ascolti per una fiction. Fiction nella quale l’attore recita con la propria voce.
Un successo replicato con “Un passo dal cielo”, ambientata in Alto Adige, dove interpreta una guardia forestale implacabile nello smascherare i criminali.
Tanti auguri, protagonista buono di tante storie italiane.

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