di ANNA MARIA STEFANINI-
Svolta epocale nella storia del costume, sia in senso generale che in senso stretto: esattamente 78 anni fa debutta il “bikini”.
Considerato indumento simbolo della contemporaneità, il “bikini” compare già in affreschi e mosaici di epoca greca e romana, in taluni casi risalenti ad almeno 1400 anni a. C.
Le cronache associano l’invenzione della versione moderna del seduttivo costume al francese Louis Réard (1897-1984), un ingegnere per automobili e disegnatore di abiti che, il 5 luglio 1946 presenta ufficialmente il celeberrimo “due pezzi”.
Sembra che l’idea di un costume con l’ombelico in bella vista sia venuta a Réard osservando alcune bagnanti di Saint Tropez arrotolarsi i bordi dei loro costumi con lo scopo di ottenere un’abbronzatura più estesa.
Il modello di Réard era formato sostanzialmente da quattro triangoli di tessuto: due (fronte-retro) nello slip e due affiancati nel reggiseno. L’allacciatura era sostenuta da stringhe.
Altre fonti fanno slittare la sua prima presentazione ad alcuni mesi prima, quando lo stilista e produttore di pellicce francese Jacque Heim (1899-1967) avrebbe presentato un suo prototipo denominato “atome”; probabilmente per le (allora) minuscole dimensioni. Le medesime fonti riferiscono che Heim, non riuscendo a trovare una modella disposta a indossarlo in pubblico, sia ricorso alle prestazioni di una spogliarellista.
L’accostamento “atomico” è presente anche nel nome: “Bikini” è l’adattamento di “Pikinni”, un atollo delle 36 isolette appartenenti alle “Isole Marshall”, nel quadrante australiano dell’oceano Pacifico, proprio dove gli americani stavano effettuando alcuni esperimenti nucleari.
La denominazione “bikini” unificava così l’allusione alle piccole dimensioni a quella di “bomba”.
Ma ciò che consegnerà il fortunato indumento alla gloria eterna saranno le sue celeberrime “interpretazioni”: quella di Marilyn Monroe in uno scatto del 1946, quella di Brigitte Bardot nel 1953 a Canness e di Ursula Andress in “Agente 007-licenza di uccidere” (1962).