500 insegnanti per la prevenzione dei disagi giovanili con la Rete de “Le Scuole dell’Empatia” (VIDEO)

di ANNA MARIA STEFANINI-

VITERBO – Il Comune di Viterbo, consapevole dell’opportunità per tutte le scuole italiane, si è fatto promotore del progetto della Rete de “Le Scuole dell’Empatia”.
Ai primi sette Istituti Comprensivi di Viterbo, oltre a realtà scolastiche importanti di Todi, Roma, Pordenone, se ne stanno aggiungendo altre.

Ieri, 7 settembre, è partita nei sette Istituti Comprensivi della città di Viterbo, che hanno aderito alla Rete Nazionale delle Scuole dell’Empatia (www.scuoleempatia.it), una particolare formazione dei docenti per applicare il metodo della Didattica delle Emozioni nelle rispettive sezioni e nelle rispettive classi. Anche oggi, presso l’aula magna dell’Itis di Viterbo completamente gremita, alle ore 9, la sindaca Chiara Frontini, accompagnata dall’assessore alle Politiche Sociali Patrizia Notaristefano, ha rivolto un saluto ai docenti presenti e confermato l’ appoggio del Comune all’iniziativa, insieme all’assessore Rosanna Diliberto.

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Hanno aderito alla proposta formativa circa 500 docenti.
Rosanna Schiralli e Ulisse Mariani hanno attirato l’attenzione dei circa 500 insegnanti parlando, in modo chiaro e vicino alla realtà, di prevenzione dei disagi giovanili, delle dipendenze, di neuroscienze e neuroni specchio.
L’idea portante della “Rete Nazionale delle scuole dell’Empatia” e della “Didattica delle emozioni” è quella di introdurre in tutte le scuole italiane (speriamo non solo in quelle) un format educativo di nuova generazione, validato e con evidenze scientifiche ragguardevoli (anche di tipo biologico), finalizzato a promuovere benessere negli alunni, attivando competenze empatiche e cooperative, attraverso una Rete dedicata: la Rete Nazionale delle scuole dell’Empatia. Si è pensato di inaugurare e poi diffondere una Rete Nazionale delle Scuole dell’Empatia, un circuito di scuole che potessero accogliere e condividere i principi dell’educazione emotiva, utilizzare il metodo della Didattica delle Emozioni, formarsi.

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Rosanna Schiralli e Ulisse Mariani

Il Progetto Avatar è finalizzato a promuovere la salute degli adolescenti in ambito scolastico. Sostenuto dal Dottor Alessandro Pingitore e la Dottoressa Mastorci, esperti dell’Istituto di Fisiologia del CNR di Pisa e dalla Dottoressa Marta Pozzi dell’ ASFO di Pordenone, il Progetto Avatar si occupa del benessere degli adolescenti attraverso percorsi di gruppo e personalizzati costruiti dalle scuole sulla base del profilo individuale ottenuto dall’analisi dello stile di vita, del contesto sociale, dello stato emotivo e delle abilità mentali di ciascuno.

Presso la Sala del Consiglio dell’Amministrazione Comunale della città di Viterbo, a maggio, è stato siglato l’accordo tra i primi sette Istituti Comprensivi della città, con capofila l’IC Silvio Canevari.

La ricerca è stata effettuata dall’Associazione Emotional Training Center di Viterbo in collaborazione con l’Università de L’Aquila, l’Ateneo S. Raffaele di Milano, l’Ateneo Federico II di Napoli e il Centro Internazionale di Biotecnologie Avanzate di Napoli, che hanno provveduto alle analisi biologiche e genetiche e con la Società scientifica Sipnei di Roma che ha coordinato il progetto. Si è verificato se il metodo di educazione emotiva, applicato per un intero anno scolastico, potesse modificare alcuni precisi parametri psicobiologici (variazione dei livelli di cortisolo). I risultati sono stati così rilevanti da ritenere la Didattica delle Emozioni il metodo di prevenzione precoce del disagio giovanile più valido e scientifico attualmente utilizzabile nelle scuole.

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“Le più alte forme di comprensione che possiamo
raggiungere sono la risata e la compassione umana.”
Scrisse Richard Feynman (1918-1988), fisico quantistico USA e premio Nobel nel 1965

“Mentre che l’uno spirto questo disse, / l’altro piangëa, sì che di pietade
io venni men così com’io morisse. / E caddi come corpo morto cade.”
Paolo e Francesca (Divina Commedia)

Il grande interesse cresciuto negli ultimi decenni intorno ai temi dell’empatia ha prodotto la sovrapposizione di differenti paradigmi interpretativi (psicologico, filosofico, artistico, neuroscientifico etc.) ed una certa proliferazione terminologica; questo assortimento rende opportuno il richiamo di alcune delle più consolidate modulazioni di significato.
Compassione; l’etimologia di questa parola è sostanzialmente sentire insieme, ossia “sento la tua sofferenza”.
Simpatia esprime il medesimo significato etimologico di compassione ma, come sapete, l’accezione comune è tutt’altra.
Empatia; la parola deriva dall’unione dei termini del greco classico en e pàthos e equivale a sentire dentro ma si differenzia e persino si contrappone a compassione per il fatto che istituisce la relazione del partenariato emozionale attivo; un’interazione che oltrepassa il mero “sentire insieme” e implica almeno due componenti di natura cognitiva: la componente conoscitiva, che consiste nell’assumere la prospettiva del partner emozionale e formulare ipotesi sui suoi vissuti e la componente decisionale: cosa fare per lui.

Come si vede, la differenza fra compassione ed empatia consiste nel fatto che in
quest’ultima si associa la collaborazione attiva dell’intelligenza cognitiva.

Autoempatia; capacità di osservare e interagire con le proprie strategie emozionali, con il fine di stabilire una relazione di conoscenza con i propri vissuti e adottare soluzioni migliorative.
Dispatia; incapacità o rifiuto verso il partenariato emozionale.
La scoperta dei neuroni specchio, avvenuta negli anni ’90 del secolo scorso con il contributo fondamentale del gruppo di neuroscienziati dell’Università di Parma, coordinati dal prof. Giacomo Rizzolatti, ha ridefinito il paradigma interpretativo del partenariato empatico collocandolo nell’ambito degli apprendimenti di specie. Se le cose stanno così compassione e empatia sono espressioni neurofisiologiche supportate da strutture neuronali dedicate trasmesse geneticamente.
Un’ulteriore decisiva conferma delle basi neurofisiologiche di compassione ed empatia è venuta da un importante esperimento effettuato nel 2004 dalla neuroscienziata sociale tedesca Tania Singer (1969) nel Laboratorio di Neuroscienze sociali del Max-Planck-Institut für Kognitions- und Neurowissenschaften di Lipsia (n° 4.6), che ha permesso di individuare le aree del cervello implicate nelle interazioni empatiche.
L’esperimento tedesco è stato condotto su un campione di donne volontarie e dei loro compagni, monitorate con la metodica di imaging cerebrale della Risonanza Magnetica funzionale, mentre venivano somministrati stimoli dolorosi a entrambi. La fMRI ha evidenziato due zone del cervello, denominate insula anteriore e corteccia anteriore del cingolo, che si attivavano sia quando le donne percepivano direttamente lo stimolo doloroso sia quando venivano informate che il proprio compagno stava ricevendo quel medesimo stimolo.
Come si può facilmente concludere, l’empatia è un fondamentale processo di risonanza psichica che permette alle persone di stabilire interazioni emozionali profonde e attivare forme di assistenza reciproca; col tempo diventate vere strategie sociali diversificate in ragione delle differenti culture.
Un potente fattore di coesione sociale che sicuramente ha concorso a dirottare l’Homo sapiens lontano dalla spirale dell’estinzione.
Un’importante neurofisiologia che l’insegnante può utilizzare nella costruzione identitaria della comunità di apprendimento.

 

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