di ANNA MARIA STEFANINI-
TUSCANIA (Viterbo) – Il tempo è passato ma la popolazione meno giovane della Tuscia porterà impresso per sempre il ricordo di quella terribile convulsione scatenata nelle viscere della Terra.
Ore 19:09 del 6 febbraio 1971: una violenta scossa stimata tra l’8° e il 9° grado della scala Mercalli devasta Tuscania; una forte replica segue alle 20:20.
L’epicentro è situato tra Tuscania e Arlena di Castro, a 20 Km da Viterbo e, secondo i geologi, le cause sono di natura strettamente locale, correlate all’instabilità dell’intero sistema vulcanico di Bolsena, Montefiascone e Latera, conosciuto come “apparato Vulsinio”, particolarmente attivo 600 mila anni fa ma non ancora spento, come testimoniano le acque calde tuttora affioranti in superficie.
Il terremoto di Tuscania riconosce quindi una genesi geofisica molto diversa rispetto a quelli che, in modo ricorrente, interessano l’area appenninica, provocati da ampi moti tettonici di assestamento e sprofondamento della litosfera.
Questo spiega la relativa brevità del raggio distruttivo ma ciò non impedisce all’onda sismica di propagarsi sino a sud di Roma. Quello che rende localmente devastante l’evento è la piccola profondità del collasso energetico e l’impatto su Tuscania è drammatico: 22 vittime (secondo altre fonti 31), circa cento feriti e lesioni gravi al 60% degli edifici.
Danni gravi riportano anche gli edifici monumentali del nucleo medievale, in gran parte edificati su lava e tufo; tra questi le chiese di San Pietro, Santa Maria Maggiore e l’ospedale.
Crepe notevoli mettono a rischio anche la stabilità del ponte sul fiume Marta e questo causerà problemi nel transito dei soccorsi.
Lievi danni si registrano invece ad Arlena, Viterbo, Tarquinia e Civitavecchia.
Questi i numeri puri ma le testimonianze delle prime ore dei sopravvissuti sono da racconto gotico: buio, urla, disperazione, macerie smosse a mani nude e pianto.
Gli sfollati sono 4 mila, in gran parte ospitati nelle tendopoli allestite nei giorni successivi; il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e il presidente del Consiglio Emilio Colombo si recano in visita alla città.
Nel dicembre dello stesso anno viene promulgata una legge che dispensa i giovani di Tuscania ed Arlena dal servizio militare.
Qualche mese più tardi parte anche la macchina della ricostruzione.