6 aprile 1520: muore Raffaello, artista universale

di ANNA MARIA STEFANINI –

“Qui è quel Raffaello da cui, fin che visse, MadreNatura temette
di essere superata da lui e quando morì temette di morire con lui.”
epigrafe sulla tomba di Raffaello nel Pantheon di Roma

Sei aprile 1520, Raffaello Sanzio muore a Roma; secondo alcune ricostruzioni storiografiche, nel giorno del suo trentasettesimo compleanno (diversamente da altri il Vasari indica la nascita il venerdì santo del 28 aprile del 1483).
A 503 anni da quell’evento TusciaTimes ricorda per voi questo genio italiano.
Per farlo è opportuna una breve premessa storica e richiamare lo straordinario periodo in cui vive e opera il grande pittore di Urbino: il Rinascimento italiano ed europeo. La storiografia e la storia dell’arte raccontano questo periodo come una rinascita. Questo è vero ma non è tutta la verità; in realtà si tratta di una complessa catena di fenomeni storico-sociali con importanti ricadute anche nei secoli successivi. Un nuovo paradigma sociale generato da un nuovo attore globale emergente: la borghesia cittadina.
Una classe sociale, comparsa già nel basso medioevo in tutta l’Europa centro-settentrionale, che letteralmente svilupperà un nuovo modello geoeconomico: dal produrre per l’autoconsumo e l’auto-sussistenza al produrre per gli altri e per il commercio. Una trasformazione che innesca una lunga catena di importanti epifenomeni: la bottega artigiana, l’intermediazione finanziaria, l’espansione delle rotte commerciali, le scoperte geografiche, la cultura universale, l’Umanesimo e la scienza.
È opportuno notare un importante dettaglio: la bottega era non soltanto luogo di produzione dove l’ingegno e la creatività superano in valore la materia prima ma anche luogo di formazione per i giovani artigiani ed è certo che l’abilità manufatturiera italiana fra ‘400 e ‘500 raggiunge livelli di eccellenza assoluta.
Nel 1455, ventotto anni prima di Raffaello, il tedesco Johannes Gutemberg aveva inventato la versione occidentale della stampa mediante la tecnica dei caratteri mobili: la cultura scritta e rappresentata si appresta a diventare fenomeno di massa.
È in questa ricca fioritura che prospera anche la “bottega artistica”.
Raffaello vive pienamente questa rivoluzione contribuendo, insieme a Leonardo, Botticelli, Michelangelo e tutti gli altri alla realizzazione della quota mancante: quella che dovuta all’arte.
Con gli artisti della sua generazione il Rinascimento guadagna anche una visione.
In questo percorso Raffaello ha un’indubbia fortuna: quella di nascere a Urbino da famiglia di artista. Sul finire del ‘400 Urbino era un importante snodo del Rinascimento italiano e il padre Giovanni Santi (il cognome “Sanzio” viene da Santi, più o meno come Marzio viene da Marte) un valente pittore titolare di una rinomata bottega; la madre si chiamava Maria di Battista.
Il genitore avvia precocemente il figlio alla pratica pittorica e allo studio delle opere di Piero della Francesca, che proprio a Urbino aveva lasciato alcune tra le sue creazioni più belle.

IL PERIODO UMBRO

Ad appena 17 anni (siamo nel 1500) Raffaello era artisticamente maturo ma mantiene a lungo l’istinto dell’allievo, ricercando e studiando le grandi opere dei giganti contemporanei, Leonardo e Michelangelo in primo luogo. Una precocità che vale al talentuoso adolescente il passaggio alla prestigiosissima bottega artistica di Pietro di Cristoforo Vannucci (1448-1523) detto “Il Perugino”.
Per diversi anni lavora come artista itinerante seminando capolavori in varie città umbre.
Al periodo di Città di Castello appartengono lo Stendardo della Trinità (1499), conservato nella pinacoteca comunale della cittadina umbra, la Pala del Beato Nicola da Tolentino (1500-1501), opera poi smembrata con parti conservate in vari musei e la celebre Crocifissione Gavari (1502-1503), oggi alla National Gallery di Londra (una parte dell’opera, denominata “predella”, è conservata al Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona).
Nel 1502 dipinge per la famiglia Oddi di Perugia la Pala con “l’Incoronazione della Vergine” (da non confondere con l’opera omonima di Beato Angelico), trafugata dai francesi nel 1797 e restituita successivamente al Vaticano.
Il 1504 è l’anno di uno dei suoi massimi capolavori: lo “Sposalizio della Vergine”, commissionato dalla famiglia Albizzini di Città di Castello; dopo un lungo periodo di sottrazioni, passaggi di mano e vendite l’opera è attualmente alla pinacoteca di Brera a Milano.
Questo periodo, che si potrebbe definire “periodo umbro”, che copre i primi anni del ‘500 ed è quello che darà fama e stima a Raffaello.

IL PERIODO TOSCANO

Un contributo importante alla formazione del giovane Raffaello viene anche dai soggiorni toscani; a Siena (tra il 1502 e il 1507), dove collabora con l’amico Pinturicchio nell’affrescare la Libreria Piccolomini e successivamente a Firenze, attratto, come molti altri artisti, dalla fama dei cartoni preparatori di Leonardo (come quello per la “Battaglia di Anghiari”) e di Michelangelo.
Allora c’era un solo modo per ammirare le opere d’arte: andarle a vedere di persona.
Diversi critici attribuiscono al periodo fiorentino anche il celebre autoritratto.
Nella sua itinerante carriera Raffaello mantiene buoni rapporti con Urbino per la quale realizza varie opere, tra cui il “San Giorgio e il drago” (1505), oggi al Louvre di Parigi e il grande (268×160 cm) “San Michele che sconfigge Satana” del 1518, anch’esso al Louvre. Alcuni storici dell’arte ritengono che le due opere fossero in origine destinate a un unico dittico.
Per la corte dei Montefeltro di Urbino dipinge i ritratti di Guidobaldo da Montefeltro e di Elisabetta Gonzaga (entrambi agli Uffizi di Firenze).
Una quota notevole alla fama di Raffaello proviene dalla cosiddetta “serie delle Madonne”; molte prodotte nel periodo toscano. Tra queste si ricorda il gruppo delle Madonne col bambino, la Madonna del Cardellino, la Madonna del Belvedere, la Madonna d’Orleans, la Grande Madonna Niccolini (o Cowper), la Madonna Bridgewater etc. (molti dei nomi derivano dalle collezioni di cui i ritratti entrano a far parte), sparse per i musei di tutto il mondo.
Il fascino straordinario delle “Madonne” sta nell’armonica fusione fra la normale materna quotidianità di Maria con la sua natura divina: mai umanità e divinità sono state tanto unite.
Al periodo fiorentino appartiene anche la serie dei grandi ritratti, in molti dei quali appare l’influenza leonardesca (come in quello di Maddalena Strozzi) e la celebre “Pala Baglioni”; anche se a commissionarla è una nobile famiglia Perugina.

IL PERIODO ROMANO

Il periodo fiorentino si chiude con l’incompiuta Madonna del baldacchino: sul finire del 1508 Raffaello è chiamato a Roma da papa Giulio II, probabilmente su suggerimento del conterraneo pittore e architetto Bramante (1444-1514).
Papa Giulio II aveva in mente un grande progetto di rinnovamento artistico e architettonico di Roma e del Vaticano e aveva chiamato a sé i più grandi artisti italiani; ma era persona di difficile contentatura. In realtà sembra che Giulio II volesse soprattutto rinnovare la sua residenza privata per allontanarsi da quella del predecessore Alessandro VI (Rodrigo Borgia): “non volebat videre omni hora figuram Alexandri praedecessoris sui” (non voleva vedere in ogni momento la figura del suo predecessore Alessandro”); questa la testimonianza di un cerimoniere papale.
Dei nuovi appartamenti papali (oggi Musei Vaticani), quattro grandi saloni sono denominati collettivamente “stanze di Raffaello”. Nelle odierne visite guidate si percorrono nell’ordine: la Sala di Costantino, la Stanza di Eliodoro, la Stanza della Segnatura e la Stanza dell’Incendio.
Delle quattro stanze la più celebre è la Stanza della Segnatura, così denominata perché adibita a tribunale (Segnatura Gratiae et Iustitiae); in realtà la più probabile destinazione originaria doveva essere quella di studiolo. Le pareti della Stanza sono infatti affrescate con rappresentazioni dedicate alla filosofia, alla teologia, alla poesia e alla giurisprudenza.
Nella parete dedicata alla filosofia campeggia la celeberrima “Scuola d’Atene” che fotografa un non troppo immaginario scorcio della giornata dei grandi filosofi della Grecia classica.
Nel periodo romano Raffaello contribuisce anche al progetto della nuova basilica di S. Pietro, non trascurando tuttavia la ritrattistica; sono di questi anni anche il ritratto di Giulio II e la famosa “Fornarina”.
Aveva ancora un fin troppo alto numero di impegni aperti quando il venerdì santo 6 aprile 1520 Raffaello muore dopo una breve malattia.

“Quanto fu dolce il giogo e la catena delle tue candide braccia
al collo mio volti, che sciogliendomi, io sento mortal pena.”
Raffaello Sanzio

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