8 febbraio 1888: nasce Giuseppe Ungaretti, il poeta dell’essenza

di ANNA MARIA STEFANINI-

Giuseppe Ungaretti nasce l’8 febbraio di 134 anni fa ad Alessandria d’Egitto e nella terra della celebre “Bibliotheca Alexandrina” – il più ricco e importante centro culturale dell’età antica – compie la sua prima formazione.

Precoce orfano di padre operaio è la madre Maria a mandare avanti il forno di famiglia e con questo riesce a pagare gli studi del figlio nella più importante scuola d’Egitto: la prestigiosa École Suisse Jacot.

La poesia “La madre” del 1930 è il suo modo di consegnare il ricordo di Maria alla memoria tenue delle parole.

Come nell’antichità Alessandria è crocevia del mondo e questo contribuisce a tenere viva la fiamma del suo nascente amore per l’arte della parola e attraverso la lettura delle riviste-laboratorio “Mercure de France” e “La Voce” del duo “Prezzolini-Papini” nutre e alimenta questo sacro fuoco interiore.

Legge Rimbaud, Mallarmé, Baudelaire, Leopardi, Nietzsche e intrattiene una corrispondenza epistolare proprio con Prezzolini. Con il complice di penna, poeta, scrittore e drammaturgo Enrico Pea mette su la “Baracca Rossa”, un vecchio deposito riadattato a luogo d’incontro per socialisti e anarchici.

Intraprende qualche lavoretto sbagliato ma poi, nel 1912, va a Parigi per studiare alla Sorbona; qui entra in contatto con i maggiori intellettuali internazionali.

Nel 1915 Giuseppe Ungaretti partecipa volontario alla 1^ guerra mondiale e durante la durissima campagna del Carso tiene un taccuino su cui appunta versi da cui verranno tratti i materiali per “Il porto sepolto” e la celeberrima “Mattina”, in cui il poeta sembra come distillare significati totali e assoluti da catene verbali minime, essenziali, esangui.

Terminata la guerra lavora a Parigi prima come corrispondente del “Il Popolo d’Italia”, allora diretto da Benito Mussolini e poi come addetto stampa dell’ambasciata italiana. A Parigi, nel 2019, trova il tempo di pubblicare – in francese – “La guerre-Une poésie” che entrerà più tardi nella raccolta “Allegria di naufragi”.

L’anno successivo, nel ’20, sposa Jeanne Dupoix; dal matrimonio nasceranno tre figli ma solo uno arriverà all’età adulta e di queste dolorose perdite si troverà espressione intensa nelle composizioni della maturità.

Nel ’21 rientra con la famiglia in Italia, a Marino, dove lavora al Ministero degli Esteri italiano.

Nel 1925 aderisce al Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile; nel 28 si converte al cattolicesimo.

Dal 1931 compie una serie di viaggi nel sud Italia e all’estero raccogliendo spunti e materiali per le opere “Il povero nella città” e “Il deserto e dopo” pubblicate successivamente, nel 1949 e nel 1961.

Negli anni ’30 la sua fama raggiunge l’apice e viene apprezzato molto anche in America latina; in Brasile gli viene offerta la cattedra di Letteratura italiana all’Università di San Paolo.

Nel 1942 rientra in Italia per insegnare letteratura moderna e contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma; viene assunto attraverso la procedura della “chiara fama”.

Da quell’anno la Mondadori inizia la pubblicazione della sua opera omnia che verrà intitolata “Vita di un uomo”.

Con la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale Ungaretti subisce una breve epurazione ma viene successivamente reintegrato nei ranghi accademici per i suoi meriti letterari.

Nel dopoguerra continua a scrivere e pubblicare e nel 1954 arriva quasi al Premio Nobel.

Nel 1958 muore l’amatissima moglie Jeanne.

Nel 1968 diviene una star televisiva recitando versi dell’Odissea prima della messa in nda delle puntate della riduzione televisiva curata da Franco Rossi. Nello stesso anno, al compimento degli 80 anni, viene festeggiato in Campidoglio, a Roma; a onorarlo anche i poeti Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo.

L’anno successivo la Mondadori aggiorna la sua opera omnia inaugurando con questa la prestigiosa collana “I Meridiani”.

Nel gennaio 1970 scrive la sua ultima poesia “L’impietrito e il velluto”; muore la notte del 1° giugno 1970, all’età di 82 anni, per l’aggravamento di una broncopolmonite.

Meno note sono le poesie che Ungaretti ha dedicato all’amore.

La tua luce
Scompare a poco a poco, amore, il sole
Ora che sopraggiunge lunga sera.
Con uguale lentezza dello strazio
Farsi lontana vidi la tua luce Per un non breve nostro separarci.
Dove la luce 1930

Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni. Ci scorderemo di quaggiù,
E del mare e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d’ombre memori Entro rossori di mattine nuove.
Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov’è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d’oro.
L’ora costante, liberi d’età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo

IL LAMPO DELLA BOCCA Migliaia d’uomini prima di me, ed anche più di me carichi d’anni,
Mortalmene ferì Il lampo d’una bocca.
Questo non è motivo che attenuerà il soffrire.
Ma se mi guardi con pietà, e mi parli, si diffonde una musica, dimentico che brucia la ferita.

Amore, guerra e morte si intersecano nella vita e nei versi e diventano poesia.

Veglia
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

La vita e la morte sono al loro massimo grado. Solo con “lettere piene d’amore” si può rispondere alla sofferenza.

Peso
Quel contadino
si affida alla medaglia
di Sant’Antonio
e va leggero

Ma ben sola e ben nuda
senza miraggio
porto la mia anima.

In un quadro di Savoldo (La tentazione di Sant’Antonio), Sant’Antonio nel deserto vede strane figure uscire dalle fiamme e tra queste un anziano che porta sulle spalle uno scheletro o un demone (come Enea il proprio padre). Qui Ungaretti sulle spalle ha la sua anima, “senza miraggio”, e sotto tutto il suo peso (il più vero?) procede.

  Fratelli
Di che reggimento siete
fratelli?

Parola tremante
nella notte

Foglia appena nata

Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità

Si fa il volto più umano, si ricorda il senso dell’unione. Basta solo una parola, “foglia appena nata” che nella sua fragilità sovverte.

Sono una creatura
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo.

Print Friendly, PDF & Email
Condividi con:
LEGGI TUTTE LE NOTIZIE