A Palazzo Brugiotti “In viaggio sulla via Francigena” segna un altro grande successo domenicale

di MARIA ANTONIETTA GERMANO –

VITERBO – E’ domenica pomeriggio e Palazzo Brugiotti (via Cavour 67) apre le porte della bella Sala delle Assemblee ad un altro godibile ed apprezzato appuntamento culturale e data l’affluenza, se non si arriva nell’orario stabilito, si rischia di rimanere in piedi come è accaduto ieri, 9 febbraio, nel terzo incontro del ciclo di conferenze “In viaggio sulla via Francigena. Devozione, avventura, emozione” promosso dalla Fondazione Carivit ed introdotto dal padrone di casa, presidente Marco Lazzari.  Un successo annunciato.

Al dare il via alla nuova narrazione dal titolo “Non solo pellegrini…I luoghi dell’ospitalità e del commercio” è chiamata la prof dell’Università della Tuscia, Maria Elisabetta De Minicis, ideatrice della rassegna, che con l’aiuto di alcune diapositive ha accompagnato il pubblico in un viaggio a ritroso nel tempo ricordando la Via Francigena, il Cammino di Santiago, il pellegrinaggio verso il Sepolcro di Gerusalemme, l’itinerario del monaco Alberto (1236), la via Romea Germanica e ponendo l’accento sui percorsi ed esperienze di viaggio dei pellegrini che si spostavano dal Sud del Mediterraneo al Nord Europa dove, lungo il percorso, trovavano chiese, luoghi per pernottare, “hospedali”, ospizi, monasteri, abbazie.  Cita il viaggio dell’abate islandese Nikulas Bergsson nel XII secolo, un racconto dettagliato che illustra le strade varianti sorte lungo il tragitto conosciuto, nei 150 anni. La più importane variante è lo spostamento dell’asse Viterbo, itinerario scelto da Federico II.

La narratrice con eloquio brillante si sofferma sui luoghi dell’ospitalità e dell’assistenza già in età longobarda e carolingia, collocati a 30 km di distanza tra loro. Tra i più famosi “monasteri di strada” ricorda il Monastero di Bobbio fondato da Agilunfo nel 600, e nell’Italia centrale le abbazie di S. Salvatore all’Amiata e quella di S. Antimo, presso Montalcino, che diventata “abbazia imperiale” sotto Carlo Magno. Fino a tutto il X secolo luoghi di sosta e ospitalità sono anche locande e taverne gestite da ecclesiastici o da laici che lasciavano la proprietà a ordini religiosi o monastici.

Dal secolo XI mutano le strutture ricettive e accanto ai pellegrini si aggiungono coloro che viaggiavano per commercio o attività politico-diplomatiche. Delle ”case ospitaliere” per l’assistenza dei pellegrini c’è un interessante esempio a Viterbo, lo ricorda un epigrafe su lastra marmorea in via dei Pellegrini 2 nel quale si attesta la donazione della casa al clero viterbese, per avere crediti nell’aldilà.

Il racconto storico va avanti e a larghe linee tocca la Viterbo del XII e XIII secolo, sede episcopale, la lenta costruzione delle mura, il completamento della forma urbana e l’insediamento degli ordini mendicanti dei Francescani, Domenicani, Agostiniani, Cistercensi. Lungo la viabilità principale della città cominciano a sorgere le case botteghe di cui ancora ci sono esempi in città.

La proficua e stimolante chiacchierata termina indicando un altro percorso imposto ai pellegrini dell’epoca che dalla via che porta a Montefiascone, oltre la basilica di S. Flaviano (1424), si collega con la Cassia-Francigena. E al pellegrino viandante non mancavano consigli da seguire con raccomandazioni per evitare le tentazioni e i raggiri che si potevano subire in città. Come accade oggi.

A chiudere in bellezza il pomeriggio ci pensa la musica, quella zigana, romantica, allegra e coinvolgente, suonata con maestria dal Duo Niglos, Fiore Benigni all’organetto e Fabio Porroni al violino, che ha deliziato il pubblico con brani di composizioni originali dei due musicisti e arie della cultura bulgara e rom. Gli applausi calorosi non sono mancati, così come la consueta richiesta di bis.

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