A Roma la Giornata delle comunicazioni sociali con Ucsi Lazio ed il convegno “Parlare col cuore. Secondo verità nella carità”

di FRANCESCA MACCAGLIA-

ROMA – Venerdì mattina nella Sala Giubileo della Università di Roma Lumsa, dalle 10 alle 14, si è tenuta la prima di tre tappe verso la 57esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebrerà domenica 21 maggio in Piazza San Pietro con la preghiera dell’Angelus recitata da Papa Francesco.
L’evento, dal titolo “Parlare col cuore. Secondo verità nella carità”, riprende le parole del messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali su come stare nell’informazione e nella comunicazione.
Nei saluti iniziali il Presidente di UCSI Lazio, Maurizio Di Schino, ha innanzi tutto ricordato le altre realtà con le quali l’Ucsi condivide il suo cammino: l’Ordine dei giornalisti del Lazio, l’Università Lumsa, l’Ufficio delle comunicazioni sociali della diocesi di Roma, le suore Paoline, WeCa e Fisc Lazio.
convegno ucsi lazio 2Maurizio Di Schino ha presentato anche Walter Scarfo’, art director che nel 2017 ha fondato la sua agenzia di design Youtopia e, parallelamente a Youtopia, ha avviato anche Think Stories, una realtà che si occupa di tradurre le parole in concetti visivi, facilitare la trascrizione visuale di incontri, riunioni, conferenze e meeting, rendendo i contenuti più attraenti e potenziandone la comprensione e la memorizzazione. I suoi bellissimi scribing ci hanno accompagnato nella comprensione dei diversi interventi.
Si sono poi susseguiti i saluti di Francesco Bonini, don Stefano Cascio e Angelo Zema.

Il prof. Francesco Bonini è dal 2014 Rettore della Università Lumsa. “La Lumsa – egli ha detto – è nelle frontiere della comunicazione”.
Don Stefano Cascio, consulente ecclesiastico UCSI Lazio rappresentante del Vicariato di Roma. Si parla di “sinodo”, – egli ha detto – questa esperienza ecclesiale e spirituale. Il Sinodo vorrebbe attivare processi di cambiamento che coinvolgano tutti i soggetti ecclesiali e che permettano di annunciare, oggi e qui, la gioia del Vangelo.
foto 3Don Stefano Cascio si è soffermato sul messaggio di Papa Francesco. Il Papa – egli afferma – ci chiede di parlare con il cuore e fa un richiamo alla Lettera di San Paolo apostolo agli Efesini. “Una volta ascoltato l’altro con cuore puro, riusciamo anche a parlare seguendo la verità nell’amore” (Ef. 4,15).
“Non dobbiamo temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda, ma di farlo senza carità, senza cuore”.
Siamo quindi invitati – ha concluso don Stefano Cascio – a parlare con il cuore in mano e anche ad accogliere il cuore dell’altro. Il cuore parla con il cuore.
Subito dopo i saluti di Angelo Zema, delegato FISC Lazio, il quale ha citato il discorso di Papa Francesco rivolto nel 2017 ad oltre trecentocinquanta rappresentanti dei settimanali cattolici della Fisc e dell’Unione Stampa periodica italiana (Uspi) in udienza in Sala Clementina.
“Lavorare nel settimanale diocesano significa “sentire” in modo particolare con la Chiesa locale, vivere la prossimità alla gente della città e dei paesi, e soprattutto leggere gli avvenimenti alla luce del Vangelo e del Magistero della Chiesa. Questi elementi sono la “bussola” del suo modo peculiare di fare giornalismo, di raccontare notizie ed esporre opinioni.
I settimanali diocesani, integrati con le nuove forme di comunicazione digitale, rimangono pertanto strumenti preziosi ed efficaci, che necessitano di un rinnovato impegno da parte dei Pastori e foto 4dell’intera comunità cristiana e della benevola attenzione dei pubblici poteri”.
Quindi, un’attenzione all’innovazione è fondamentale per creare una comunicazione di prossimità.
Francesco Spagnolo, che opera nell’ufficio comunicazione della Caritas Italiana, ha moderato gli interventi del primo panel: “Uno sguardo ampio, non solo italiano, ma nel mondo”.
Il giornalista deve provare a raccontare la vita degli altri, sperimentare forme di linguaggi nuovi.
Walter Scarfo’ al riguardo ha sottolineato che tutti lavoriamo nella comunicazione. Le parole hanno un valore e la difficoltà nel gestire il valore “tempo”. Il rischio che corriamo è che questo tempo che si riduce toglie profondità e qualità all’ascolto. Papa Francesco ci sta chiedendo di fare qualcosa.
Tutti e tre gli ospiti hanno condiviso con i partecipanti in sala esperienze di grande valore umano e professionale.
Daniela De Robert, la prima ad esporre il suo contributo.
Giornalista alla redazione esteri RAI del Tg2 e componente del Collegio dell’Autorità Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, designata come National Preventive Mechanism nell’ambito della convenzione Onu contro la tortura, ci ha raccontato che da sette anni lei entra in convegno ucsi panweltutti i luoghi bui, quei luoghi poco o non del tutto accessibili.
Il primo verbo importante è “visitare”. Visitare – lei afferma – per vedere e toccare con mano, per vedere il diritto applicato oltre che il diritto annunciato.
Daniela De Robert ha avuto accesso a luoghi riservati e a tutta la documentazione ed ha effettuato oltre trecento visite a carceri e minori.
I detenuti sono solo un quarto dei diritti che sono chiamati a tutelare. I migranti regolari rappresentano la seconda area; poi ci sono le operazioni di rimpatrio forzato.
Un’altra area, la terza, è la salute, con due filoni; la psichiatria e le persone anziane con disabilità. Infine, la quarta area, le forze di polizia, le camere di sicurezza.
Come deve essere lo sguardo? Lo sguardo deve essere competente. È molto importante studiare, conoscere il linguaggio, le criticità. Sono i dettagli che raccontano molto. Occorre riuscire a vedere i silenzi, è necessario essere capaci di andare oltre a ciò che si vede. Per i giornalisti ciò significa esercitare una forma di controllo demografico, vedere dietro le persone i numeri.
foto 6I detenuti – dichiara – sono attualmente 57.000. Tra questi ci sono 1501 detenuti con una pena inferiore ad un anno e ce ne sono 2790 con una pena tra i due e i tre anni. Questi numeri ci dicono le loro povertà, la cosiddetta “marginalità sociale”.
La presenza di queste persone in carcere (le celle sono piene) ci dice molto sull’assenza del “fuori”.
6383 persone si trovano nei CPR – Centri di permanenza per i rimpatri, sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione.
3154 persone sono state effettivamente rimpatriate.
Questa privazione alla libertà non è legittima.
I dati più recenti: nel 2020 sono avvenuti ottantacinque suicidi. Giovedì 18 maggio, il ventitreesimo suicidio del 2023.
I CPR sono luoghi privi di tutto, sono delle gabbie.
È fondamentale – conclude – ritrovare le persone, utilizzare le parole, le parole cambiano. “Parlare col cuore” vuol dire riuscire a capire e a raccontare ciò che queste persone dicono. È il compito del garante e dei giornalisti.
Il moderatore Francesco Spagnolo cede quindi la parola a Gustavo Eduardo Denis Desloges, giornalista sportivo audiovisivo venezuelano, il quale ci ha confessato che nel suo paese non è foto 7facile fare questa professione. “Certe cose non si possono dire, si devono ignorare”. Una volta arrivato in Italia ha cercato di crearsi una strada.
È importante cercare il modo migliore di dire le cose e si deve dire sempre la verità. E aggiunge – per quanto riguarda il suo paese, – in Venezuela la concentrazione del potere è in mano al Presidente ed egli esercita un controllo totale sui poteri pubblici. Da più di venti anni il governo condiziona i mezzi di comunicazione. In materia di libertà di espressione, la situazione è ogni giorno più preoccupante. Numerosi giornalisti sono perseguitati e sottomessi a processi illegali nei tribunali militari. Il tasso di criminalità e la propensione alla violenza sono molto elevati. Le persone corrono molti rischi, come rapimenti ed altre gravi conseguenze.
Nel 2024 ci saranno le elezioni presidenziali, il popolo voterà e sceglierà il proprio candidato.
Il moderatore Francesco Spagnolo riferendosi all’intervento del collega venezuelano afferma: “Il compito del giornalista è anche dare voce a chi non da’ voce. Il potere può essere declinato come sostantivo e come verbo”.
La parola quindi a Nazifa Mersa Hussain, mediatrice culturale afgana con un’esperienza di sedici anni in Italia. Collabora con diverse realtà, con cooperative e i centri di accoglienza. È la portavoce del popolo afgano.
Ci racconta che dopo il ritorno dei talebani la condizione degli afgani sta peggiorando ogni giorno. L’economia è al collasso.
foto 8Un milione di cittadini afgani non sono più in grado di provvedere al cibo quotidiano. C’è una condizione di povertà assoluta. I talebani avevano promesso un governo inclusivo e tollerante, rispettoso dei diritti della popolazione, dichiarazioni che si sono presto dimostrate false.
In un anno e mezzo i talebani stanno rimuovendo tutti i diritti e le libertà fondamentali per donne e ragazze: hanno tolto loro il diritto a studiare, lavorare, viaggiare o uscire di casa se non insieme a un uomo, non hanno alcun potere decisionale all’interno del nucleo familiare e non sono rappresentate a livello istituzionale.
È aumentato il tasso di matrimonio precoce e “forzato”.
Le donne che hanno protestato sono state minacciate, violentate, torturate o uccise. Le parole di una donna afghana: “Siamo condannate a una morte lenta e silenziosa”.
Recentemente anche il divieto per le donne a lavorare nel settore sanitario. Complessivamente – ci dice – sono oltre venti divieti alle donne, le quali si possono dedicare solo alla crescita dei figli e devono un’obbedienza totale al marito. Sono almeno 1115 le donne imprigionate nei centri di detenzione talebani.
Migliaia di persone sono state arbitrariamente arrestate, torturate, rapite e persino uccise: esponenti del giornalismo, dello sport e dell’arte, attiviste, difensori dei diritti umani, accademici e foto 9accademiche. I diritti umani nel suo paese non esistono.
I talebani prendono di mira anche le minoranze etniche e religiose. Tredici attacchi sono stati effettuati dall’Isis contro le minoranze sciite. La comunità hazara, una minoranza sciita, è storicamente tra le più perseguitate. Anche le comunità induiste e siki sono state oggetto di attacchi terroristici e sono state costrette ad emigrare. Le banche centrali sono sotto il controllo dei talebani i quali spendono per l’istruzione e l’addestramento dei kamikaze e per il benessere delle loro famiglie.

Francesco Spagnolo introduce quindi il secondo panel.
Al tavolo Maurizio Lisanti e Gabriella Friozzi che collaborano con Gocce di Marsala che da un anno è entrato a far parte de l’Osservatore di Strada e Flavia Rizza.
Il giornalino Gocce di Marsala, è il mensile dell’Ostello don Luigi di Liegro della Caritas diocesana romana, che dal 1999 dà voce agli ospiti della struttura italiani e stranieri, che insieme a volontari e foto 10al direttore storico, Maurizio Lisanti, esprimono i loro pensieri, le loro storie, poesie, racconti di vita vissuta, cercando con l’aiuto dei responsabili della Caritas Diocesana Romana di fare arrivare la loro voce a quante più persone possibili. La redazione si riunisce una volta alla settimana, il lunedì. Si tratta un cartaceo gratuito che da’ voce a figure senza tempo ed è un’esperienza molto arricchente. Maurizio Lisanti ha creato anche un gruppo whattsapp che favorisce la relazione e l’approfondimento della conoscenza dei membri.
Gabriella Friozzi lo ha definito una esperienza veramente umana. Giovedì 18 maggio, si è tenuta all’ostello una lezione sul “sinodo”, sul “noi”. Nella struttura – afferma – ci sono persone veramente amareggiate e arrabbiate, non è stato semplice entrare in relazione con loro. Il lavoro potrebbe aiutarli a trovare una nuova vita. Questo non solo per gli ostelli, ma per tutti i luoghi dove si trovano persone che hanno perso tutto. Fondamentale è l’ascolto, occorre entrare nel profondo del messaggio che ciascuno vuole dire. Ci sono giovani volontari che con la loro sensibilità riescono a creare un buon dialogo con gli ospiti dell’ostello. Oltre alle consuete rubriche curate dagli ospiti della struttura e dai volontari, nel numero sono pubblicati anche i racconti del laboratorio di scrittura creativa.
foto 11Infine, la testimonianza di Flavia Rizza, una ragazza di 24 anni che è stata vittima del bullismo e del cyberbullismo.
Lo ha superato ed oggi combatte contro queste forme di violenza portando la sua storia in tutta Italia come testimonial di “Una vita da social”, campagna itinerante per il corretto uso di internet della Polizia di Stato.
Il suo consiglio è quello di parlare. “Parlate se subite bullismo o cyberbullismo oppure parlate se assistete o siete a conoscenza di questi atti. Oggi esiste una legge che permette ai ragazzi di quattordici anni di andare a denunciare”. L’educazione e il dialogo sono gli strumenti per contrastare questo fenomeno.
Maurizio Di Schino invita quindi il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, Guido D’Ubaldo, a prendere la parola, sottolineando anche il suo impegno a favore del dialogo interreligioso tra confessioni diverse.
Il Presidente D’Ubaldo nel suo saluto, ha ricordato il messaggio di Papa Francesco e l’importanza della formazione e dell’aggiornamento per qualificare e innovare la professione giornalistica.
Ha inizio quindi la seconda parte che vede come moderatrice Giulia Pigliucci, freelance uffici stampa e comunicazione, vicepresidente Ucsi Lazio. Le storie – lei dice – non sono mai storie, ma persone, come ci ricorda Papa Francesco.
“Per questo, – scrive Papa Francesco – per poter comunicare secondo verità nella carità, occorre purificare il proprio cuore. Solo ascoltando e parlando con il cuore puro possiamo vedere oltre l’apparenza, e superare il rumore indistinto che, anche nel campo dell’informazione, non ci aiuta a discernere nella complessità del mondo in cui viviamo. L’appello a parlare con il cuore interpella radicalmente il nostro tempo, così propenso all’indifferenza e all’indignazione, a volte anche sulla base della disinformazione, che falsifica e strumentalizza la verità”.
Il primo intervento è quello di Paolo Ruffini, giornalista, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, al quale Giulia Pigliucci chiede di illustrare la genesi di questo messaggio.
Ruffini afferma che la Chiesa ha sempre considerato essenziale la sua missione con la comunicazione. Pensiamo alle Lettere di San Paolo, agli Atti degli Apostoli, ai Vangeli.
I messaggi nascono nella Chiesa. Sono nati nel Concilio.
andarte vedere ascoltare 9Ruffini cita innanzi tutto la Regula pastoralis o Cura Pastoralis, il trattato che papa Gregorio Magno scrisse per tutti coloro (chierici e laici) che devono governare cristianamente il mondo e per quelli in particolare che sono responsabili della «cura pastorale», ossia i vescovi.
L’importanza della comunicazione e l’importanza del silenzio.
La Regula Pastoralis – continua Ruffini – ha una grande risonanza con il messaggio di Papa Francesco di quest’anno.
A seguire egli cita il primo radiomessaggio di Papa Pio XI del 12 febbraio 1931, “A tutte le genti e ad ogni creatura” e le lettere encicliche di Papa Pio XI, la “Vigilanti cura” e la “Divini Illius Magistri”; la lettera enciclica di Papa Pio XII Miranda Prorsus rivolta a cinema, radio e televisione, infine, il messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II per la XV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 31 maggio 1981 “Le comunicazioni sociali al servizio della responsabile libertà dell’uomo”.
foto 12Per quanto riguarda Papa Francesco – continua Ruffini – la radice comune dei messaggi sta nella comunione che nessuna tecnologia deve eliminare. Noi giornalisti l’abbiamo creata, noi dobbiamo guidarla e ci sfida ad essere protagonisti del nostro futuro. La comunicazione è sempre stata dinamica ed oggi lo è ancora di più.
Ruffini ci fa notare che sono tre le date interessate ogni anno al messaggio: il mese di settembre, nel quale avviene la promulgazione del messaggio, a gennaio, la seconda data, nel giorno della memoria del patrono dei giornalisti, San Francesco Di Sales, e il 21 maggio, giorno della Solennità dell’Ascensione del Signore, quando si celebra la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.
Non c’è comunicazione se non c’è comunione e non c’è comunione se non c’è comunicazione. Come ci dice Papa Francesco, – continua Ruffini – occorre tessere una relazione profonda tra le persone. La comunicazione non è tecnologica, ma funzionale, relazionale. Occorre costruire e non distruggere. Occorre essere custodi delle notizie e cercatori della verità. È una questione di foto 13responsabilità e di umiltà che richiede la ricerca della verità.
Come aveva affermato nella sua enciclica Laudato Si’, Sulla cura della Casa comune, “l’intelligenza artificiale non si sostituisca alla coscienza umana”.
Il richiamo importante che fa il Papa nel suo Messaggio alla figura di San Francesco Di Sales: “per dire bene bisogna amare bene”.
C’è una grande differenza tra l’intelligenza umana (il racconto con l’anima) e l’intelligenza artificiale. È necessario orientare al bene gli algoritmi, negoziare gli algoritmi.
Un altro messaggio molto importante ricordato da Ruffini è quello di Papa Paolo VI nel 1972 per la VI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “Le comunicazioni sociali a servizio della verità”, è la missione specifica del Dicastero per la Comunicazione.
Termina Ruffini e prende la parola Michele Sorice, prof. ordinario di Sociologia della comunicazione al Dipartimento di Scienze Politiche della LUISS.
Il prof. Sorice afferma che il sistema dell’informazione si trasforma: nuovi modelli di business e la centralità degli ecosistemi comunicativi digitali. Di conseguenza avviene anche la trasformazione del lavoro giornalistico.
foto 14Occorre educare all’acquisizione di competenze per saper riconoscere le dinamiche di potere, di esclusione e di conflitto sociale; lo sviluppo di un forte protagonismo civile e la centralità della comunità.
La notizia non è merce di scambio, ma costruisce la comunità, come scrisse nel 1991 il card. Carlo Maria Martini nella sua Lettera pastorale Il lembo del mantello.
Cosa si intende per comunicazione integrale? È necessario tornare a “comunicare incontrando le persone dove e come sono”. Lo aveva detto Papa Francesco nel Messaggio per la 55esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Occorre adottare una prospettiva diversa e uno spirito critico.
Tre verbi sono molto importanti: visitare, che è una forma di ascolto, l’importanza dello sguardo come elemento dell’ascolto e l’importanza del racconto.
foto 15Ci sono tre grandi temi da considerare nello sguardo d’insieme, – afferma Sorice. Il primo è la trasformazione dell’infosfera , il secondo, la comunicazione gentile. Al riguardo il prof. Sorice ci ha consigliato la lettura del libro di Fausto Colombo, direttore del Dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello spettacolo dell’Università Cattolica di Milano, “Ecologia dei media. Manifesto per una comunicazione gentile”) ed, infine, il terzo tema, la sfida della comunicazione integrale.
Nell’infosfera contemporanea domina l’idea della comunicazione come commodity, un bene commerciabile, e tende a diventare autoritaria. Al tempo stesso i modelli di business dell’informazione favoriscono chi ha potere lasciando nel silenzio chi già non ha voce. Tuttavia esiste un modello umanistico che si contrappone al modello autoritario in cui la conoscenza è partecipativa e la comunicazione democratica la quale ha dei rischi: l’unificazione forzata all’interno di una sorta di pensiero unico globale e l’omogeneizzazione dell’opinione pubblica.
Un altro richiamo di Michele Sorice è quello al numero 168 della Lettera Enciclica del Santo Padre Francesco sulla Fraternità e l’amicizia sociale, Fratelli Tutti, dove si legge: “Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un foto 16pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del “traboccamento” o del “gocciolamento” – senza nominarla – come unica via per risolvere i problemi sociali”.
L’altro passaggio molto importante è comunicare cordialmente. Papa Francesco lo spiega molto bene nel suo Messaggio della 57esima Giornata delle Comunicazione Sociali: “Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e ne custodisce la libertà, senza violarla. Possiamo vedere questo stile nel misterioso Viandante che dialoga con i discepoli diretti a Emmaus dopo la tragedia consumatasi sul Golgota. Ad essi Gesù risorto parla con il cuore, accompagnando con rispetto il cammino del loro dolore, proponendosi e foto 17non imponendosi, aprendo loro con amore la mente alla comprensione del senso più profondo dell’accaduto”.
Comunicare cordialmente, – continua Michele Sorice -, significa anche evitare il rischio della manipolazione. Occorre decifrare e interpretare. Ne abbiamo bisogno nell’ambito dei media.
Il Prof. Sorice conclude il suo intervento soffermandosi sulla foto che ha scelto nel suo Power Point che raffigura San Francesco d’Assisi e gli uccelli, perché San Francesco parla “con” gli uccelli.
Si legge, infatti, nella Legenda maior XII, 3: “Egli predicò a molti e quelli esultanti stendevano i colli, protendevano le ali, aprivano i becchi, gli toccavano la tunica; e tutto ciò vedevano i compagni in attesa di lui sulla via”.
La moderatrice Giulia Pigliucci invita quindi Maria Zegarelli a prendere la parola. Maria Zegarelli, giornalista parlamentare e quirinalista, oggi vice presidente del Consiglio di disciplina nazionale dell’Ordine dei giornalisti.
Come applicare il messaggio di Papa Francesco, “Andare, vedere, ascoltare … parlare col cuore”?
Il Testo Unico dei doveri del giornalista dovrebbe fornire tutti gli strumenti. La Zegarelli si sofferma ad analizzare il fenomeno hate speech. Per hate speech o discorsi d’odio si intendono espressioni d’intolleranza rivolte contro delle minoranze.
Un fenomeno sempre più presente nelle nostre società e che in buona parte è legato alla comunicazione online. Nel 2020 l’Organizzazione Mondiale della sanità ha messo in allarme, si è foto 18verificato un incremento di hate speech.
La pandemia di COVID-19 ha dato vita, fin dal principio, ad una nuova ondata di incitamento all’odio e con esso, di discriminazione.
Nello schema piramidale che ci è stato presentato dalla Zegarelli sono indicati tutta una serie di atti che vado ad elencare:
*atti di sottile esclusione (i pregiudizi, le stereotipizzazioni, gli scherzi, i pettegolezzi, esporre sentimenti o situazioni private in pubblico, accettazione di informazioni negative, escludendo quelle positive, osservazioni che non tengano conto della sensibilità altrui),
*atti di pregiudizio o bigottismo (capro espiatorio, insulti, prese in giro, isolamento sociale, deumanizzazione)
*atti di discriminazione (molestie, discriminazioni sul lavoro, abitativa, nell’educazione esclusione sociale),
*atti di violenza (aggressioni, terrorismo, profanazioni, minacce),
*atti di estrema violenza sugli individui (omicidi, stupri, incendi dolosi) e i genocidi (deliberato, sistematico sterminio di intere popolazioni).
I fondamenti deontologici per il giornalista – ci ricorda la Zegarelli – sono contenuti nel Testo Unico foto 20all’art.2 lettera a e b.
Il giornalista si pone come mediatore tra il fatto e il racconto dello stesso, è il filtro tra ciò che appare e ciò che è.
Una informazione corretta può essere l’antidoto al diffondersi del pregiudizio.
La Zegarelli ci ha invitato alla riflessione sottoponendo alla nostra attenzione esempi non corretti di articoli di testate giornalistiche.
Un’informazione corretta è fatta di occhi, testa e cuore.
Il giornalista è la liaison tra il fatto e l’utente. Prima di scrivere l’articolo egli deve aver verificato le sue fonti.
L’allegato 1 al Testo Unico – continua la Zegarelli – si sofferma sulla centralità e la dignità della persona, i diritti fondamentali della persona e la tutela della sua dignità.
Lo sappiamo ci sono alcuni tipi di sanzioni per i giornalisti, anche per coloro che omettono dati essenziali. La completezza dei dati è uno dei capisaldi della professione giornalistica.
Ciò è specificato molto bene nella Carta dei doveri del giornalista, dove si legge: “Il giornalista non deve omettere fatti o dettagli essenziali alla completa ricostruzione dell’avvenimento. I titoli, i sommari, le fotografie e le didascalie non devono travisare, né forzare il contenuto degli articoli o delle notizie. Non deve inoltre pubblicare immagini o fotografie particolarmente raccapriccianti di soggetti coinvolti in fatti di cronaca, o comunque lesive della dignità della persona; né deve soffermarsi sui dettagli di violenza o di brutalità, a meno che non prevalgano preminenti motivi di interesse sociale. Non deve intervenire sulla realtà per creare immagini artificiose”.
Riguardo al caso specifico degli stranieri, il giornalista adotta termini giuridicamente appropriati e tutela l’identità e l’immagine, non consentendo l’identificazione della persona, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle vittime della tratta e dei migranti che accettano di esporsi ai media”.
Un caso molto importante sono i minori. Le nostre norme – sottolinea ancora la Zegarelli – ci impongono di anteporre sempre la tutela del minore. Il giornalista non pubblica i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca, né fornisce particolari in grado di condurre alla loro identificazione, incluse le fotografie; eccetto il caso di un bambino scomparso.
Ricordiamo sempre la funzione sociale del giornalista che è la ricerca della verità. Il ruolo fondamentale di una libera informazione con cuore e mente aperti.
La mattinata termina con i saluti e i ringraziamenti di Maurizio Di Schino e l’invito all’appuntamento pomeridiano durante il quale sarà consegnato il Premio Paoline 2023 al prof. Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di sant’Egidio, da parte di suor Anna Caiazza, superiora generale delle Figlie di San Paolo, un premio che viene conferito annualmente a operatori dei media, registi, giornalisti, scrittori, artisti, sacerdoti o associazioni che si sono distinti per aver dato la migliore espressione concreta del messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.
Di Schino ci ha congedato quindi con queste parole: “Noi giornalisti abbiamo la responsabilità della parola e molto importante è la tenerezza degli incontri. La nostra categoria fa parte della comunità educante. Non dimentichiamo inoltre che i giornalisti hanno sempre un ruolo pubblico anche su facebook e gli altri social”.

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