di REDAZIONE-
VITERBO- L’aula magna dell’Università degli Studi della Tuscia ha ospitato questa mattina un evento di grande significato: l’accoglienza della reliquia del Beato Rosario Livatino, la camicia insanguinata che indossava al momento del suo assassinio, avvenuto ad Agrigento il 21 settembre 1990. L’evento, rivolto agli studenti delle scuole superiori di Viterbo, ha visto la partecipazione di importanti figure ecclesiastiche e accademiche.
Il vescovo Orazio Francesco Piazza, presente alla cerimonia, ha sottolineato il profondo significato della reliquia: “La camicia insanguinata di Livatino ci parla di libertà. La libertà di chi serve i valori”. Ha poi spiegato come questa reliquia non sia solo un segno tangibile del sacrificio del giudice, ma anche un simbolo di amore, giustizia e vita, che invita a trasformare l’odio in un ordine di pace e solidarietà.
Il rettore dell’Unitus, Stefano Ubertini, ha enfatizzato il ruolo di Livatino come modello di onestà, giustizia e responsabilità civica. “Il mondo di oggi ha bisogno di persone che credano nei valori democratici e della legalità. Seguire questi principi non è solo un dovere morale, ma una via per essere più felici”, ha dichiarato, rivolgendosi agli studenti presenti.
Il sostituto procuratore della Repubblica, Massimiliano Siddi, ha analizzato il legame tra fede, giustizia e legge, ribadendo che “non si può essere veri credenti se non si anima la propria fede con la giustizia”. Andrea Genovese, docente dell’Unitus, ha invece descritto la figura del giudice come un esempio di servizio alla comunità e di difesa dei valori fondamentali.
Don Massimiliano Balsi, vicario della diocesi di Viterbo, ha invitato a riflettere sulla grandezza di Livatino, non solo per il suo sacrificio finale, ma per il modo in cui ha vissuto ogni giorno. “La grandezza si costruisce partendo dalle nostre fragilità e dalla volontà di migliorarci”.
L’accoglienza della camicia insanguinata del Beato Livatino rappresenta non solo un momento di memoria, ma un invito a vivere secondo i valori che lui stesso ha incarnato. Come ha ricordato don Gero, custode della reliquia, “Livatino continua a parlare attraverso il suo esempio di fede e dedizione al bene comune”.