Accadde oggi, 1°gennaio 1801: nasce il “Regno Unito”

di ANNA MARIA STEFANINI-

VITERBO- Gli italiani preferiscono la semplicità e volentieri impiegano la parte per indicare il tutto e viceversa, come quando diciamo “America” per indicare gli USA o “Inghilterra” per alludere all’intero Regno Unito.
Ma non di rado dietro questa scorciatoia linguistica si nasconde qualche pausa nella nostra memoria storica.
Come nel caso italiano anche l’unificazione britannica non è stata una passeggiata ma un controverso e sanguinoso percorso che ha attraversato conquiste, annessioni e rivolte autonomistiche e ciò che oggi corrisponde al nome di “Regno Unito” comprende l’intera isola britannica – a sua volta articolata in Inghilterra, Galles e Scozia – e l’Irlanda del nord. Quattro distinti territori denominati “Home Countries” (nazioni costitutive).
Quella che segue è l’accelerata ricostruzione del percorso identitario del Regno Unito, al netto ovviamente delle vicende riguardanti l’immenso impero coloniale britannico.
Per rintracciare quello che può essere considerato il primo atto del plurisecolare processo unificazionista britannico occorre risalire al 13° secolo; più o meno il tempo in cui a Viterbo si celebrava il conclave più lungo e controverso della storia.
In quel secolo l’entità territoriale corrispondente all’odierna Inghilterra era la regione abitata dall’antica popolazione, di origine germanica, degli “anglosassoni”, stanziata nella parte centro-sud-orientale dell’isola.
Sul trono sedeva re Edoardo I d’Inghilterra Plantageneto (1239-1307) e il soprannome “martello degli scoti” racconta molto del suo punto di vista sulle popolazioni vicine.
Nel corso del 13° secolo Edoardo I conquista il Galles (Wales), la regione sud-occidentale dell’isola britannica che gli antichi romani chiamavano “Cambria”, un territorio abitato da “britanni”, un’etnia proveniente dall’antica popolazione dei celti.
Per qualche tempo il Galles riesce a mantenere lo status di “principato”, sottoposto al re d’Inghilterra dotato tuttavia di una cospicua dose di autonomia. Ma la corona inglese non è soggetto magnanimo in materia di autonomia e già al tramonto del secolo il Principato ha perso quasi tutta la sua quota di autogoverno; non soltanto: gran parte del territorio gallese confluisce nell’appannaggio dell’erede al trono d’Inghilterra il quale avoca a sé il titolo di “Principe di Galles”; titolo esistente ancora oggi.
Due secoli dopo, negli anni 1535 e 1542 vengono emanate due importanti leggi (Laws in Wales Acts) che integrano definitivamente il Galles nell’ambito del Regno d’Inghilterra.
Oggi il Regno Unito è una monarchia di limpido profilo costituzionale e il Galles, in quanto nazione costitutiva, gode di una propria rappresentanza nella Camera dei Comuni, di un “Segretario di Stato per il Galles”, di un distinto parlamento e di una propria capitale: Cardiff (361 mila abitanti circa).
Le successive tappe del processo unificazionista saranno assai più contrastate, a cominciare dall’integrazione della Scozia, la terza nazione costitutiva del Regno Unito dopo Inghilterra e Galles, comprendente la parte nord dell’isola britannica e i suoi tre grandi arcipelaghi: le isole Ebridi, Orcadi e Shetland.
La Scozia è abitata sin dall’antichità da un mix di popolazioni celtiche, vichinghe e di origine germanica, animate tuttavia da un forte spirito indipendentista rispetto alla corona inglese, molto sentito ancora oggi.
Il film del 1995 “Braveheart – Cuore impavido”, interpretato e diretto da Mel Gibson, è un racconto romanzato ma non troppo lontano dalla realtà storica dei difficili rapporti fra scozzesi e inglesi.
Il referendum sull’indipendenza della Scozia del 2014, respinta con una maggioranza di appena il 55,30% dei votanti, è solo l’ultimo atto di questa antica vocazione.
Il distinto “Regno di Scozia” è effettivamente esistito a partire dall’843 ma le insidie alla sua esistenza verranno non soltanto da sud perché anche norvegesi e vichinghi avanzano pretese territoriali, in particolare sulle isole del nord.
La vicenda dell’indipendenza della Scozia si chiude definitivamente il 1° maggio 1707 con il celebre “atto d’unione” che sancisce la nascita del “Regno di Gran Bretagna” ma le mai sopite spinte autonomiste guadagnano alla Scozia uno status politico molto diverso rispetto a quello delle altre “Home Countries”, con una propria distinta giurisdizione, un proprio sistema educativo e persino un proprio sistema religioso. Il “parlamento scozzese” gode di molti poteri politico-amministrativi con il “partito nazionale scozzese” che, nel 2011, consegue la maggioranza assoluta dei seggi.
La capitale è Edimburgo (464 mila abitanti circa) ma la città maggiore è Glasgow (620 mila abitanti circa).
Da quando nelle acque scozzesi sono stati scoperti importanti giacimenti di petrolio la città portuale del nord-est di Aberdeen è diventata uno dei più importanti centri della Scozia.

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Ancora più controversa è la storia dei rapporti fra la corona e l’isola d’Irlanda dove, alle tensioni territoriali si sovrappongono quelle religiose e politiche, essendo gli irlandesi, diversamente dagli anglicani e monarchici inglesi, di prevalente confessione cattolica e tendenza repubblicana.
Quattro tappe importanti di questo complicato rapporto sono gli anni 1541, 1798, 1801 e 1919.
Nel 1541 il famoso re inglese Enrico VIII (quello delle sei mogli) si fa riconoscere anche re d’Irlanda la quale, da quella data, diviene formalmente parte dei domini della corona. Londra, eserciterà i suoi poteri tramite un “Lord Deputy”, per la maggior parte proveniente dall’aristocrazia inglese.
Sul finire del Settecento scoppia la “rivolta irlandese del 1798”, guidata da rivoluzionari repubblicani e cattolici irlandesi che si ispirano alla Rivoluzione Americana, quella che da poco aveva portato all’indipendenza e alla costituzione degli USA. La rivolta è favorita dalla necessità della Gran Bretagna di trasferire truppe in Nordamerica per fronteggiare la crescente ribellione delle colonie inglesi.
La rivolta irlandese non riesce ma l’istanza indipendentista non si estingue e un nuovo punto di compromesso viene raggiunto il 1° gennaio del 1801 quando entra in vigore un ulteriore “Atto d’Unione” che stabilisce la nascita ufficiale del “Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda”, caratterizzato da una nuova articolazione fra i poteri della corona e quelli delle rappresentanze locali irlandesi.
Da quella storica data decorre la denominazione ufficiale di “Regno Unito”.
L’accordo del 1801 regge fino alla “guerra d’indipendenza irlandese”, combattuta fra il 1919 e il 1921 dall’IRA (esercito repubblicano irlandese) contro le truppe britanniche, guerra che porterà alla suddivisione dell’Irlanda fra lo “Stato Libero d’Irlanda”, repubblicano, con capitale Dublino (554 mila abitanti circa) e a maggioranza cattolica e “l’Irlanda del nord”, impropriamente detta “Ulster”, a maggioranza anglicana, sotto la corona britannica, con capitale Belfast (333 mila abitanti circa), priva di istituzioni rappresentative locali e tuttavia dotata di un proprio “Northern Ireland national football team”, ossia di una propria nazionale di calcio.
Una citazione di questo lungo conflitto compare nel film “Giù la testa”, di Sergio Leone, ambientato nel Messico del 1913, attraverso il personaggio di “John Mallory”, rivoluzionario dinamitardo di origine irlandese (il suo vero nome è Séan, corrispondente al John inglese), interpretato dall’attore USA James Coburn.
Il motivo “scion scion” (Sean Sean) della colonna sonora composta da Ennio Morricone è un omaggio al personaggio.
Ma la suddivisione fra lo “Stato Libero d’Irlanda” e “Irlanda del nord” non estingue le rivendicazioni e continuerà a produrre rivolte, sanguinosi attentati e sanguinose repressioni fino ai compromessi e al processo di pacificazione degli anni recenti.

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