Riceviamo e pubblichiamo: “Nella provincia italiana con le bollette più care in assoluto, il livello di arsenico contenuto nell’acqua pubblica è il più elevato d’Italia. Tra connivenze politiche e favoritismi ad personam, la mala gestione idrica della Tuscia ha trasformato un bene inalienabile come l’acqua in merce su cui lucrare. A danno di 350mila cittadini.
Nessuno ne parla, ma si tratta della “più grande emergenza umanitaria d’Europa”, come l’hanno definita i medici dell’Isde (International Society of Doctors for the Environment).
L’Organizzazione mondiale della sanità non lascia spazio a dubbi: l’arsenico è un cancerogeno certo. Provoca danni gravi alla salute: problemi circolatori e diabete, ma soprattutto tumori. E nella provincia di Viterbo, secondo gli ultimi dati disponibili, la situazione è preoccupante: 2.000 persone l’anno muoiono di cancro. Ovvero 5 o 6 persone al giorno. Un numero altissimo secondo la Dottoressa Litta, medico di famiglia e referente provinciale dell’Isde: “Noi sappiamo che i tumori, come la maggior parte delle malattie, deriva da esposizioni ambientali e nel viterbese le patologie che sono strettamente legate all’esposizione all’arsenico come il tumore del polmone, del rene e della vescica hanno una eccessiva incidenza”.
Siamo di fronte a un paradosso. Un paradosso che fa rabbia. Che indigna. E che merita di essere raccontato. Nella Tuscia i consumatori sono costretti a pagare le bollette tra le più care d’Italia – a volte arrivano fino a 5mila euro al mese – eppure è anche il territorio con l’acqua più inquinata. Tanto che le sanzioni sono arrivate persino dall’Unione europea, che ha fissato i livelli massimi di arsenico a 10 microgrammi/litro. Un limite superato tutt’oggi da alcuni dei 60 comuni del viterbese di ben 5 volte. I cittadini si sono ribellati a tutto questo e negli anni passati hanno anche presentato una legge di iniziativa popolare, la 5 del 2014, che recepiva il referendum del 2011 e ribadiva l’importanza della gestione pubblica dell’acqua. Quella legge è stata approvata, ma mai attuata. E giace in Regione, in barba alle 15mila firme raccolte.
Nel momento di massima emergenza, l’Ue non contestava tanto la presenza della sostanza tossica – che non è frutto dell’uomo, ma della composizione naturale di questa terra vulcanica e che posa le sue radici sul tufo – ma le responsabilità delle amministrazioni che dovevano controllare e non lo hanno fatto. Che potevano dearsenificare e non l’hanno fatto.
Responsabile di tutto questo è la politica. E a rimetterci è la salute di tutti. Perché senza acqua non si vive. Per questo abbiamo deciso di lanciare una petizione. Aiutaci in questa battaglia di civiltà per l’acqua pubblica e bene comune e firma anche tu per:
• Far attuare la legge regionale 5 del 2014 per la ri-pubblicizzazione delle risorse idriche che è rimasta bloccata nei meandri burocratici della Regione Lazio.
• Chiedere che vengano fatte delle ispezioni mirate del ministero dell’Ambiente e della Salute per verificare i livelli di arsenico nei 61 comuni dell’ATO Lazio 1 (Ambito territoriale ottimale).
• Sollecitare un’inchiesta della Procura della Repubblica per accertare che i fatti riportati nell’inchiesta giornalistica riguardo la gestione delle risorse idriche nella provincia di Viterbo abbiano o meno provocato delle conseguenze sulla salute di 350mila cittadini. Va sottolineato che in merito esiste già un esposto alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti presentato da amministratori locali. Grazie a tutte e tutti per il supporto!”.