Ad Acquapendente l’incontro culturale con Pietro Grasso

ACQUAPENDENTE (Viterbo)- Dal meraviglioso “rapporto” tra Demea Eventi Culturali e Comune di Acquapendente è stato “partorito” il riuscitissimo incontro culturale con Pietro Grasso. Nato a Licata il 23 Dicembre 1944, realizza nel 1966 il sogno della vita: indossare la toga e diventare Pretore di Barrafranca in Provincia di Enna. L’omicidio del Procuratore di Palermo Pietro Scaglione lo porta nel 1972 a lavorare nel capoluogo isolano. Otto anni dopo la prima indagine di mafia: l’omicidio del Presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella. Passano cinque anni e arriva la più grande sfida della sua vita: il maxiprocesso alla mafia. Nel 1991 Giovanni Falcone (Direttore della Direzione Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia) lo nomina suo personale consigliere. Sfuggito nel 1993 ad un attentato pianificato dal boss Totò Riina, nel 1999 viene nominato procuratore a Palermo. Nel 2006 un successo atteso a lungo: l’arresto del boss Bernardo Provenzano. Dato l’addio alla toga nel 2012 entra in politica tra le fila del Partito Democratico presentando apposito DDL in grado di aggiornare e potenziare gli strumenti dello Stato per combattere l’economia criminale. Nuovo ruolo superpartes nel 2013: Presidente del Senato. Nel 2015 effettua la consegna da Presidente Supplente a nuovo capo di Stato di Sergio Mattarella. Due anni dopo arriva l’approvazione della nuova legge elettorale e non riconoscendosi più nel merito dell’azione politica PD si dimette. Archiviati i saluti istituzionali della Sindaca Alessandra Terrosi, Grasso dialoga con gli uditori in merito a due suoi libri : “In Paolo Borsellino parla ai ragazzi”, sottolinea, “rileggo l’ultima mattinata della vita del Magistrato. Che prima di morire in Via Mariano d’Amelio causa il posizionamento di un ordigno bellico di stampo mafioso, ha lasciato una lettera a metà. Una sorta di testimonianza civile per le nuove generazioni nel rispondere alle domande postegli dagli studenti di un Liceo di Padova. Risposte in cui esprime il dolore che provava in quei giorni ma anche la determinazione che lo spingeva a lavorare senza sosta per combattere la mafia. Nel libro il mio amico Giovanni racconto una storia che non finirà mai perché è una storia di amicizia, rapporto professionale, condivisione di tempi e spazi, studio intenso, paure grandissime, gioie immense, piccoli passi avanti e cocenti frustrazioni. Il mio sguardo è rivolto al futuro. Partendo dalla strage di Capaci per arrivare a tutto ciò che ancora non è stato fatto e che potrebbe realizzarsi. Non c’è di meglio che raccontare ai ragazzi le tante battaglie contro la mafia vissute accanto al Giudice Simbolo”.

 

 

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