Riceviamo in nota da Carmela Tiso, portavoce nazionale del Centro Studi Iniziativa Comune e, pubblichiamo: “La plastica è diventata un materiale onnipresente nella vita moderna, per la sua versatilità, resistenza e basso costo. Tuttavia, la produzione e il consumo di plastica a livello mondiale comportano effetti ambientali devastanti, che minacciano la salute dell’ecosistema e delle popolazioni globali. Questo materiale è infatti derivato in larga parte dal petrolio e dal gas, e la sua produzione rappresenta oggi il 12% della domanda globale di petrolio e il 9% della domanda di gas. E, la cosa preoccupante è come la produzione globale di plastica sarebbe destinata a raddoppiare entro il 2050, accentuando la dipendenza dell’industria dalla filiera petrolifera e gassosa, con implicazioni pesanti sia per la sostenibilità ambientale che per la sicurezza energetica: la plastica dispersa nell’ambiente infatti non si degrada completamente, ma si frammenta in microplastiche e nanoplastiche che penetrano nei sistemi naturali e persino nella catena alimentare. Le microplastiche, presenti ormai in oceani, fiumi e perfino nell’aria, sono un rischio per la fauna marina e per la salute umana, poiché contaminano i pesci e gli altri organismi acquatici che entrano nella dieta umana. Quali soluzioni per contrastare il fenomeno? Una delle risposte più promettenti è rappresentata dall’economia circolare, un modello che prevede la riduzione dei rifiuti e la massimizzazione del riutilizzo dei materiali. Attualmente, solo il 9% della plastica prodotta a livello globale viene riciclata, una percentuale bassa che evidenzia le lacune dei sistemi di smaltimento e riciclo. Implementare una vera economia circolare nella filiera della plastica richiederebbe miglioramenti significativi nella raccolta e nel riciclaggio dei rifiuti, nell’innovazione materiali e nell’adozione di nuove pratiche produttive. Per ridurre l’impatto ambientale della plastica, invece, molte aziende stanno esplorando l’uso di bioplastiche, derivati da risorse rinnovabili come oli vegetali non fossili, amido di mais e zuccheri. Le bioplastiche potrebbero rappresentare un’alternativa valida, poiché sono in parte biodegradabili e riducono la dipendenza dai combustibili fossili. Tuttavia, la loro diffusione è ancora limitata, e la loro produzione presenta ancora costi elevati rispetto alla plastica convenzionale. Alla luce di tutto questo, dunque, possiamo affermare che la plastica è un elemento inquinante e rappresenta una delle sfide ambientali più urgenti del nostro tempo. L’elevata domanda di petrolio e gas necessaria per la sua produzione, unita ai bassi tassi di riciclo e alla lunga durata di vita del materiale nell’ambiente, sottolinea la necessità di trovare soluzioni rapide ed efficaci. Il potenziale dell’economia circolare, bioplastiche e l’impegno dei governi e delle imprese in strategie sostenibili sono elementi cruciali per affrontare questo problema”.