“Arsenico, radon e pesticidi: un cocktail mortale per i cittadini della Tuscia”

di DIEGO GALLI –

VITERBO – “La salute prima di tutto”, la fatidica frase che giornalmente viene ribadita dalle autorità mondiali in epoca di Covid cozza malamente con la situazione delle acque della Tuscia, pesantemente inquinate.

La situazione locale, recentemente portata in auge sulla testata nazionale TPI, è tornata a fare eco questa mattina con un vertice moderato dalla stessa redattrice che ha curato l’inchiesta, Veronica Di Benedetto Montaccini e alcuni esponenti delle associazioni locali: Paola Celletti e Francesco Lombardi (Coord.to Prov.le Acqua Pubblica “Non ce la beviamo”), Raimondo Chiricozzi (Comitato Acqua Potabile Ronciglione AICS) e la dottoressa Antonella Litta (Referente Medici per l’Ambiente ISDE). “L’arsenico è una sostanza tossica e cancerogena, che non dovrebbe essere assolutamente presente nell’acqua. Eppure, sono stati imposti dei ‘limiti di tolleranza’ dalla politica, che ha preferito far finta che il problema non sussista”. Così ha esordito la dottoressa Antonella Litta, ricordando che il problema dell’inquinamento delle acque del Viterbese è noto da ormai molti anni: “Già nel 1998 vi erano leggi che imponevano di trovare delle soluzioni immediate, ma si è preferito voltare lo sguardo altrove”. La sostanza, sommata agli altri problemi locali quali la presenza di radon e l’utilizzo “esagerato” di pesticidi, ha contribuito a rendere la Tuscia una zona decisamente poco rassicurante per i suoi cittadini. Come ribadito dalla dottoressa: “L’esposizione cronica all’arsenico può provocare vari tumori, anche agli animali, generando così un ciclo naturale distruttivo per le persone e per l’ambiente locale. Non c’è da meravigliarsi se la popolazione della Tuscia è diventata addirittura un argomento di studi scientifici per dimostrare quanto il rischio sia alto. Come se non bastasse, l’arsenico sarebbe in grado di interferire anche sul neurosviluppo dei nascituri, attraversando la placenta della madre”. Un vero “attentato alla salute dei cittadini”, hanno affermato i presenti alla conferenza, ribadendo che sindaci, autorità e Regione Lazio, sembrano fare orecchie da mercante.

“Abbiamo chiesto due incontri per parlare di questo problema con tutti i sindaci e le autorità competenti – ha dichiarato Paola Celletti – Uno lo abbiamo richiesto al Presidente della Provincia e dell’ATO (l’assemblea dei sindaci della Tuscia che sono anche soci Talete, ndr) Pietro Nocchi e uno al nuovo amministratore della società idrica Salvatore Genova. Ecco, nessuno dei due si è degnato di risponderci”. La situazione di totale immobilismo, tuttavia, come ribadito da Raimondo Chiricozzi, è così da tempo immemore. “Pensiamo alla causa ancora in corso contro i sindaci di 15 anni fa di Ronciglione e Caprarola, riguardo all’inquinamento dell’acqua del Lago di Vico. Anche secondo l’attuale sindaco Eugenio Stelliferi, l’acqua del bacino idrico sarebbe addirittura potabile. Eppure, come dimostra la sua firma sulla causa, 15 anni prima il suo parere sembrava essere contrario”.

La problematica del Lago di Vico, vittima dei molti pesticidi utilizzati nelle coltivazioni limitrofe, soprattutto nei noccioleti, è anch’esso un danno riconosciuto dalla stessa Regione Lazio. L’ente, il cui massimo rappresentante è l’attuale Governatore Nicola Zingaretti, da un parte afferma che l’acqua può essere utilizzata solo eccezionalmente, poiché troppo inquinata e, dall’altra, continua a non applicare normative come la legge 5/2014. Con essa, la Regione avrebbe dovuto superare la vecchia ripartizione degli Ambiti Territoriali Ottimali su base provinciale, tuttora adottata, per passare a una nuova gestione del servizio idrico integrato basata sugli Ambiti di bacino idrografici, nel rispetto cioè della conformazione del territorio e dell’effettiva dotazione e qualità delle risorse idriche.

Un’altra soluzione, evidenziata dai protagonisti dell’incontro odierno, sarebbe quella presentata dall’Università della Tuscia, che avrebbe individuato la presenza di acqua potabile nella Tuscia poco al di sotto della superficie. La situazione resta tuttavia un ginepraio. Per i presenti, i sindaci e gli enti coinvolti sarebbero unicamente interessati a individuare in ACEA il nuovo socio privato di Talete.

“Nessuno sa dirci perché non si chieda un prestito alla Cassa Deposito e Prestiti, che avrebbe anche dei tassi di interesse minori di Arera. Il disegno dei sindaci, secondo noi, è quello di entrare dentro Acea a ogni costo”, ha affermato in chiusura della conferenza Francesco Lombardi, ricordando che nel frattempo le “bollette pazze” continuano a “mietere vittime” tra i cittadini.

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