Auguri a Bruno Canino, insigne pianista italiano attivo al traguardo dei 90 anni

di CINZIA DICHIARA-

Nell’ambiente musicale italiano, quello del pubblico dei concerti, degli habitué, dei seguaci infervorati del mondo degli 88 tasti, il pianista, clavicembalista e compositore Bruno Canino rappresenta una figura tra le più note e stimate, infaticabile e sempre sulla breccia. Il suo impegno concertistico, la frequenza inaudita delle esibizioni, le diverse e molteplici collaborazioni hanno fatto di lui, lo si può affermare piuttosto sicuramente, il più grande camerista italiano del suo tempo.
Canino è un napoletano originario del Vomero (Napoli, 30 dicembre 1935) e vissuto a Milano, che mette d’accordo tutti gli italiani legando l’Italia senza preferenze da nord a sud, godendo da lunghi decenni di una consolidata reputazione per aver attraversato una bella porzione della vita musicale con ruoli di spicco. Il suo cammino nell’arte pianistica è stato naturale fin da piccolo, quando, avvicinato al contesto musicale del Teatro San Carlo dal padre, ingegnere e musicista per passione, divenne allievo di Vincenzo Vitale, caposcuola ormai entrato nel mito dei grandi maestri italiani. Formatosi dunque tra il San Pietro a Majella e il Conservatorio Verdi di Milano, alla fine degli anni cinquanta ebbe modo di affermarsi in concorsi internazionali, al “Ferruccio Busoni” di Bolzano e a Darmstadt.
La capitale della musica d’avanguardia lo pone in contatto con le migliori risorse del linguaggio compositivo più attuale, del quale egli assimila a meraviglia l’espressione, facendosene portatore e interprete accanto ad altri musicisti emergenti coi quali condivide il repertorio moderno e contemporaneo (Busoni, Berio, Stockhausen, Rihm, Kagel) in un’ascesa al concertismo prestigioso. Iniziano così, infatti, le sue collaborazioni con Cathy Berberian, Severino Gazzelloni, Itzhak Perlman, Salvatore Accardo, Oleksandr Semchuk, András Schiff, Ksenia Milas, David Garrett e Viktoria Mullova, con la quale vince il Premio Edison nel 1980, fino a divenire il pianista di riferimento, quello col quale tutti gli strumentisti più illustri in Italia desideravano suonare.
Notissime le sue formazioni di lungo corso con interpreti quali Uto Ughi e, in particolare, Antonio Ballista, collega di una vita col quale ha realizzato moltissimi concerti e successi strepitosi in un duo pianistico considerato pietra miliare dell’interpretazione del repertorio, che ha affrontato programmi specifici tra i più ardui, di autori come Stravinskij e il suo Sacre du Printemps nella ostica versione per duo pianistico che richiede abilità su diversi fronti, compresa una funambolica distribuzione delle posizioni tra le quattro mani, arte della quale Canino e Ballista hanno insegnato i segreti a pletore di giovani duo perfezionandi alla loro scuola.
Altrettanto significativa la sua collaborazione col Trio di Milano, ferrato ensemble costituito insieme con la violinista Mariana Sirbu (subentrata a Cesare Ferraresi) e con il violoncello capace di Rocco Filippini, frattanto mantenendo un’attività didattica di riferimento sia al conservatorio di Milano sia alla Hochschule di Berna, approdando in seguito alla docenza presso la Scuola di Musica di Fiesole fondata dal compianto violista del Quartetto Italiano Piero Farulli in anni d’oro della didattica italiana. Da autentico maestro ha sempre amato molto riferirsi ai giovani, seguirne il cammino negli studi e nell’affermazione, collaborando ed esibendosi sempre volentieri con loro e di recente anche con la sua figlia terzogenita Serena, violinista. Nell’esibizione in ensemble con i giovani oggi appare quale figura carismatica, un’ancora che sostiene l’attracco, una guida che assicura il cammino.
Il suo alacre impegno lo ha portato a frequentare le migliori sale da concerto, tutti i tipi di formazioni, ogni autore possibile, trovandolo sempre pronto per una prossima iniziativa e in piena programmazione della sua brillante attività.
Naturalmente è stato invitato anche a ricoprire ruoli di direttore artistico presso alcuni enti come la Giovine Orchestra Genovese (1986 – 1995), altresì ad essere nominato direttore musicale della Biennale di Venezia (1999-2002). Validissimo solista, nonostante gli impegni pressanti in giro per i pianeti della musica cameristica, ha avuto anche il tempo di donarci efficaci registrazioni delle Variazioni Goldberg, oltre all’intera opera pianistica di Alfredo Casella e alla prima integrale pianistica di Claude Debussy.
La sua vitalità ne fa una persona sempre vivace, curiosa e interessata all’immensità del suo mondo che ha condiviso con generazioni riuscendo a mantenere con esse un contatto costante, attivo, dialogante. Pochi, come lui, conoscono repertori così vasti. In musica non esiste un assoluto, ma qualora dovesse esservi, Canino lo possiederebbe. La sua verve interpretativa, la sua totale padronanza della difficile professione, la sua duttilità d’interprete, quel suo sapersi muovere disinvolto attraverso i diversi panorami compositivi e autoriali, la tenuta ragguardevole a livello di performance, solido e affidabile come una roccia, nonché quella sua semplice e discreta affabilità, fanno di lui un grande artista, un italiano di cui essere fieri.
In questo giorno di genetliaco egli va celebrato per i suoi altissimi meriti artistico-professionali, quale raro esempio di laboriosità, di stile, di fede nella propria vocazione, dunque anche quale emblema di valori dei quali il mondo ha bisogno.
I suoi novant’anni infine giungono a far gioire non pochi affezionati, che continuano a seguirne e ammirarne la valentia augurandogli ogni bene.

 

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