Bambini e coltelli

di FRANCESCO MATTIOLI-

Novecentonovantanove volte su mille una bambina di dodici anni offesa da un coetaneo (che ha fatto la spia, l’ha trattata male o l’ha “tradita” nel cuore) ricorre ad uno spintone, ad un vaffa più o meno variopinto, e più spesso ad una cancellazione del reo dai propri rapporti sociali.

Poi c’è questo caso della bambina che si porta un coltello da casa fin dentro la scuola e cerca di farsi giustizia da sé. Con successivi rimorsi e confessioni.

Immagino i “dove siamo andati  a finire!” esclamati dai ben pensanti, la maggior parte dei quali a quell’età si limitavano per lo più a giocare con bambole e trenini. E giù, a parlare male della generazione Alpha (nati dopo il 2012), così schiava dei social, così violenta e così a-morale.

Ora,  a parte il dato statistico, pari allo 0,1% e quindi difficilmente utilizzabile per delle generalizzazioni, sorge la domanda: chi ha insegnato alla bambina a farsi giustizia in quel modo, piuttosto che in altri modi meno cruenti anche se a volte altrettanto dolorosi (ricordo ancora quando a otto anni una bambina mi liquidò con una linguaccia…). Sono stati i social?  L’hanno visto fare al cinema o in tivvù? E’ d’uso fare o minacciare in tal modo in famiglia? Ne ha tratto ispirazione a scuola? In ogni caso, questa “educazione” proviene dagli adulti, magari per colpevole disinteresse o disattenzione, o per cattivi esempi verbali e comportamentali.

Quindi, andiamoci piano nel colpevolizzare e generalizzare nei confronti dei bambini di oggi. Ci sono attorno a loro degli adulti che, in famiglia, a scuola, in parrocchia o in palestra, dovrebbero – anzi: devono-vigilare, educare, condurre in porto una socializzazione che oggi è, certamente, più complessa, eterogenea, sfuggente, ma solo perché la tavola si è arricchita di troppe pietanze e ci dovrebbe essere lo chef in grado di indicare quelle più buone o più adatte al commensale.   Genitori, insegnanti, educatori: non dico che non si possano commettere errori o disattenzioni, ma cercate di capire che, a meno di handicap congeniti, tutti i comportamenti dei bambini di oggi conducano alla responsabilità di un adulto.

Nel bene ma, purtroppo, anche, nel male. Quindi, lasciamo stare le indignazioni e guardiamo attorno a noi, attenti a verificare se abbiamo lasciato tracce sbagliate, se non abbiamo saputo filtrare idee ed emozioni provenienti da ambigue fonti, se non abbiamo fermato o dissuaso i cattivi maestri.  Un grande pedagogista diceva che ogni giusto schiaffo (eh, allora ancora se ne davano…) che diamo a nostro figlio è uno schiaffo che diamo  a noi.

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