Bimbo annegato in piscina: tre patteggiano 16 mesi per omicidio colposo

di REDAZIONE-

VITERBO- Nel doloroso caso della morte per annegamento del piccolo Fabio Guidobaldi, di soli 4 anni, avvenuto in una piscina a Grotte di Castro, tre imputati hanno patteggiato una pena di un anno e quattro mesi ciascuno, con sospensione della pena. L’udienza preliminare si è svolta davanti al giudice presso il tribunale di Viterbo.

I tre imputati, il presidente e il vicepresidente della cooperativa responsabile della gestione della piscina comunale e la bagnina, sono stati accusati di omicidio colposo in concorso. L’indagine, condotta dai carabinieri e coordinata dalla procuratrice Eliana Dolce, ha rivelato che il piccolo Fabio sarebbe stato lasciato da solo in acqua senza alcuna protezione, nonostante non sapesse nuotare. Questo tragico evento è accaduto mentre la bagnina sembra che stesse conducendo una lezione privata con un’altra bambina, ancora più giovane.

La drammatica tragedia si è verificata la mattina del 20 luglio 2022 presso la piscina situata in via Bardiniana a Grotte di Castro, dove Fabio partecipava a un centro estivo organizzato all’interno dell’impianto. Il bambino viveva con i genitori a Castel Cellesi, una frazione di Bagnoregio, e il 19 novembre successivo avrebbe compiuto 5 anni, quando i giardinetti pubblici sono stati intitolati in sua memoria.

L’imputato presidente e vicepresidente della cooperativa, di età rispettivamente di 35 e 52 anni, sono stati assistiti dall’avvocato Angelo Di Silvio, mentre la bagnina di 36 anni è stata rappresentata legalmente dagli avvocati Elio Mannetti e Cristina Marigliano. I genitori del bambino, Giulio e Ambra, sono stati rappresentati dagli avvocati Antonella Ginanneschi e Pier Paolo Grazini. La decisione di patteggiare una pena con sospensione rappresenta un passo importante in questo triste procedimento legale, mentre la comunità continua a piangere la perdita del giovane Fabio.

Presunzione di innocenza

Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.

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