Cagnolini, bambini e passeggini

di FRANCESCO MATTIOLI-

VITERBO- Non si chiede ad un Papa di avere le competenze del sociologo. C’è ben altro che sgorga dall’esperienza, dal senso della missione pastorale, dall’ispirazione e dal carisma che il Signore gli infonde quotidianamente, proprio come erede di Pietro. Papa Francesco sta lentamente, giudiziosamente, cambiando la Chiesa Cattolica. In meglio. Il fatto che trovi resistenze nel cattolicesimo americano tradizionalista o in quello più retrivo che si raccoglie negli angoli più bui e controversi della Curia Vaticana, lo testimonia al di là di ogni possibile dettaglio specifico. Le recenti riflessioni di Bergoglio sulla necessità di far crescere di importanza il ruolo del laicato ad ogni livello, e più in particolare quello della donna, fa ben sperare che in un non troppo lontano futuro cadano le ultime barriere che la Storia – non certo lo spirito dei Vangeli – hanno frapposto nei rapporti e nei ruoli di genere.
Ciò premesso, torniamo alla sociologia. Dunque, a un Papa non si chiede di fare il sociologo; ma intorno a lui dovrebbero esservi consiglieri e sostenitori che di sociologia ne sanno e che dovrebbero illustrargli come stanno le cose nel nostro Paese.
Afferma il Papa – anzi ri-afferma, se ne era già lamentato – che in Italia si fanno pochi bambini e si dà troppa attenzione ai cagnolini; riferisce lo sconcerto di quel suo segretario che va per vezzeggiare un bambino in passeggino e ci trova un cagnolino.
Beh, sia chiaro: in Italia se si fanno pochi bambini non è perché si adottano troppi cagnolini. In Italia si fanno pochi bambini per tanti altri motivi. Intanto, perché la famiglia preferisce educare bene due figli, piuttosto che una decina, come facevano certe coppie di cinquant’anni fa, che finivano talvolta per non ricordare neppure tutti i nomi dei figli. Poi, perché lo Stato non garantisce ancora la necessaria estensione e la qualità dei suoi interventi a favore della famiglia: e in una società complessa, articolata e tutto sommato incline ad una logica consumistica, diventa difficile configurare una efficace strategia educativa senza il sostegno delle pubbliche istituzioni. Ancora, perché una crescente cultura dell’individualismo e dell’autorealizzazione riletta in chiave consumistica oggi sembra scoraggiare la creazione di una famiglia, che reclama inevitabilmente impegni e responsabilità personali di tipo solidaristico piuttosto che competitivo, e a lungo termine. Nessuno di questi problemi implica la scelta di adottare cani al posto di bambini; non foss’altro perché oggi la cura che si offre agli animali, in una crescita esponenziale di civiltà, è a sua volta impegnativa. Di certo, amare gli animali profuma non solo di civiltà e di rispetto per la Natura, ma forse soprattutto di francescanesimo, quello del Cantico delle Creature; e sembra perfino una conseguenza neppure indiretta di quell’attenzione per i temi dell’ambientalismo e di difesa della Natura che proprio grazie alla Laudato Sì di Papa Francesco sono diventate oggi tra le battaglie privilegiate della Chiesa Cattolica. Peraltro, questa maggiore attenzione verso gli animali da compagnia ha ridotto ai minimi termini il grave, pericoloso fenomeno del randagismo e ha condannato al pubblico ludibrio coloro che torturano gli animali.
C’è poi un altro aspetto che è di fondamentale rilievo, e lo sottolineano soprattutto gli psicologi e i pedagogisti.
Dati scientifici – ripeto: scientifici – dimostrano che la presenza in casa di un cane, specie di piccola taglia, sempre affettuoso, pronto a cedere e nulla a pretendere, addolcisce l’indole degli individui anche nei loro rapporti sociali correnti. Ma, soprattutto, la presenza di un animale in famiglia completa in modo determinante la costruzione di una buona e responsabile educazione dei bambini.
D’altronde, perfino nella Bibbia – che pure talvolta soffre di un certo integralismo religioso – si legge che “gli animali sono doni del Signore e l’uomo è il loro custode, questi non vanno maltrattati ma curati”, mentre il Diritto Canonico non si pronuncia sulla presenza di questi “Doni del Signore” in chiesa, di fatto accettandoli o affidando comunque la scelta alla sensibilità e all’umanità del parroco e dei parrocchiani.
Chiudo con una notazione sui passeggini. Un cagnolino in passeggino difende innanzitutto se stesso. Dai cani di grossa taglia, dalla sbadataggine dei passanti e degli automobilisti, dalle intolleranti perplessità che la loro presenza fa sorgere in certi luoghi pubblici più passatisti. Che poi bambini e cagnolini condividano i passeggini (ma sono diversi…) dovrebbe essere normale quanto il fatto che ambedue condividano l’ora della pappa, del gioco, del rispetto per chi è piccolo e per la vita in tutte le sue manifestazioni più tenere e spontanee che Iddio ci ha voluto donare.

 

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