Carceri Lazio (Nicastrini Uspp): “Cortocircuito nel regime penitenziario”

VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo: “Quando è stato istituito il garante dei detenuti della regione Lazio e ancora prima quello di Roma nel 2003 come appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria oltre che ha rivestire incarichi sindacali avevo nutrito dubbi e perplessità nel perché venisse istituita questa figura che oggi è addirittura istituzionalizzata a livello nazionale con decreto del Presidente della Repubblica.
Una figura che per quello che riguarda la regione Lazio, (il territorio che oggi rappresenta 14 istituti penitenziari con oltre 6000 detenuti ristretti per una capienza di circa 4500 posti e solo 3000 unità di Polizia Penitenziaria in maggioranza con oltre 30 anni di servizio) ho potuto ben conoscere e successivamente rapportarmi proprio nel 2003 e a seguire successivamente una serie di confronti anche aspri che hanno portato a formalizzare un protocollo d’intesa regionale con il garante regionale del Lazio sottoscritto nel 2005 (si allega) che faceva nutrire speranze nel futuro penitenziario, soprattutto auspicando che le stesse istituzioni anche regionali fornissero mezzi, strumenti e legislazioni a tutela del personale di Polizia Penitenziaria e che aprisse il mondo del carcere troppo chiuso per le problematiche che si vivevano all’interno che non sono differenti da quelle odierne.
Non fosse un ricircolo di accuse ma di sostegno alle attività di sicurezza e trattamento che l’ordinamento penitenziario richiama dal 1975 ad oggi la quale la Polizia Penitenziaria in primis è chiamata a svolgere continuamente e unici in turni h.24.
In parte ci si è anche riusciti ma ultimamente in questi anni dal 2015 in poi sono cambiate le modalità di confronto e soprattutto di sovrapposizioni che di fatto hanno provocato una distanza abissale tra i problemi della Polizia Penitenziaria nell’espletamento del mandato istituzionale che invece si abbatte ad esigenze anche personalistici di chi da anni sembra apparire come l’unico che può assicurare un sistema che coinvolge alla sua azione 6000 detenuti nel Lazio o 60 mila in tutta italia e questa e la funzione che si è data ai garanti!!!
E come se per rendere gli italiani garantiti si istituisca una figura terza dal parlamento e il Presidente della repubblica…un capo supremo che può fare il bello e cattivo tempo, un vero cortocircuito alla democrazia all’interno del sistema paese!!!
Un cortocircuito che cambia la storia e che oggi per i fatti che accadono anche in queste ore con addirittura tre morti tra i detenuti di Modena dimostra che si è confuso il rispetto delle regole democratiche a quelle anarchiche che non possono e non devono esistere in un paese di diritti e doveri.
Due aspetti che non devono mai distanziarsi per il bene comune della collettività e l’ordine democratico che la costituzione riconosce al popolo italiano.
Se qualcosa va oltre si alimentano le tragedie o i fallimenti che in questi giorni stanno avvenendo in tutta italia, anche per gli effetti di agenti patogeni (covid-19)non ben definiti che alimentano preoccupazioni e nervosismi oltre i limiti consentiti.
Le carceri oggi sono in questa situazione e le funzioni di chi deve far rispettare i doveri e i diritti costituzionalmente garantiti e questo riguarda la Polizia Penitenziaria, la magistratura di sorveglianza e ordinaria, gli operatori pedagogici e psicologici e le organizzazioni sanitari competenti, altri soggetti dovrebbero invece svolgere una funzione di raccordo ed attenzione che riguarda anche la popolazione detenuta e per questo che è nata la figura del garante dei detenuti evitando proprio quei cortocircuiti, cosa che di fatto sta avvenendo.
Per questi motivi ritengo personalmente che bisogna ridisciplinare tale figura nel rispetto delle regole sin qui richiamate, non è certo con richiamate ad amnistie e indulti che si risolve il problema di chi comunque delinque e non si redime mai e che in carcere continua a ritornarci o rimanerci perché continua a non voler cambiare la sua vita. Fortunatamente per tutti le migliaia di ristretti non e così ma bastano poche centinaia di detenuti per rendere il carcere un inferno dove di fatto rimangono solo gli agenti polizia penitenziaria a doverlo affrontare.
Che poi si lascia alla fine dello spacco tutto la parola al solo garante senza alcun accenno al sacrificio del personale di Polizia Penitenziaria che ha evitato la carneficina che si può mettere in atto aumenta quel cortocircuito che il regime penitenziario sta subendo da tempo.
Agli organi costituzionali è demandata la possibilità di riportare nella giusta direzione il tutto diversamente il carcere andrà in mano a qualche migliaio di delinquenti a discapito di chi vorrebbe andare incontro all’art.27 della costituzione.

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