Carceri, Regimenti: “Spostare la struttura di medicina protetta al “Pertini” all’interno dell’ospedale”

ROMA – «Spostare il reparto di Medicina protetta dell’ospedale Pertini, che oggi si trova in un’area adiacente ma esterna al nosocomio, all’interno del corpo centrale dello stesso per mettere nelle migliori condizioni di lavoro medici, operatori sanitari e agenti di Polizia penitenziaria. Ne abbiamo discusso oggi con il direttore dell’ospedale, Cristiana Bianchini, il direttore della UOC, Samuela Beccaria, il direttore sanitario della Asl Roma 2, Giuseppe Gambale, il garante regionale delle persone private della libertà, Stefano Anastasia, e i rappresentanti del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria».

Lo ha dichiarato Luisa Regimenti, assessore al Personale, alla Sicurezza urbana, alla Polizia locale e agli Enti locali.

«Trasferire all’interno del corpo centrale la struttura – ha aggiunto l’assessore Regimenti –   permetterebbe di ottimizzare il lavoro di medici e operatori sanitari, facilitando la gestione multidisciplinare dei pazienti e il confronto con gli altri colleghi, e di semplificare il lavoro della Polizia penitenziaria costretta ad effettuare il piantonamento in ospedale, sottraendo personale alla struttura di Medicina protetta. In questo modo aiutiamo il personale a lavorare meglio e a garantire la migliore assistenza possibile».

«Nel corso della visita – ha continuato l’assessore Regimenti – ho voluto ringraziare tutti gli operatori sanitari e gli agenti di Polizia penitenziaria che operano spesso in condizioni non semplici ma che svolgono un servizio essenziale per garantire ai detenuti il diritto alle cure. La Regione Lazio non farà mancare loro sostegno e supporto».

«Credo, infine, sia arrivato il momento di riconoscere lo status di sede disagiata alle carceri in modo da incentivare i sanitari a sceglierle come luoghi di servizio. I sanitari che lavorano con i detenuti sono spesso oggetto di violenze, verbali e fisiche, e operano in condizioni non semplici. È giusto riconoscere le giuste aspettative economiche e di carriera di chi affronta il disagio di curare la popolazione carceraria» ha concluso l’assessore.

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