Giornata della memoria per commemorare le vittime dell’Olocausto ( foto di Auschwitz–Birkenau di F.Usai)

di FEDERICO USAI

Il 27 gennaio di ogni anno viene celebrato in tutto il mondo il Giorno della Memoria, per commemorare le vittime dell’Olocausto. ” Il pericolo dell’oblio c’è sempre” ha ricordato pochi giorni fa la senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz. È grazie a lei se a Milano esiste un luogo come il Memoriale della Shoah, ubicato nei sotterranei della Stazione Centrale: tra il 1943 e il 1945 dal cosiddetto «Binario 21» — dedicato in precedenza al solo carico e scarico di treni postali — centinaia di ebrei, partigiani e deportati politici vennero deportati su vagoni bestiame ai campi di Auschwitz–Birkenau, Mauthausen, Bergen-Belsen, Ravensbrück, Flossenbürg, Fossoli e Bolzano.

La data venne scelta il 1° novembre del 2005 nel corso della 42esima riunione plenaria dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, , «condannando “senza riserve” tutte le manifestazioni (su base etnica o religiosa) di intolleranza, incitamento, molestia o violenza contro persone o comunità». 

Fu l’inizio di una storia che tutti conosciamo e che non si deve dimenticare, Adolf Hitler e il partito nazista salirono al potere in Germania nel 1933. Fu un movimento politico che si contraddistinse per il suo carattere fortemente aggressivo e antisemita, al cui vertice il denominato “Führer del terzo Reich” instaurò la sua dittatura totalitaria. Fin dagli inizi del suo comando e durante la Seconda Guerra Mondiale, Hitler pose al centro il mito della razza ariana. Nel libro “Mein Kampf” (1925) il Führer recitava che tutta la storia è solo espressione dell’eterna lotta tra le razze per la supremazia e che la guerra è l’espressione naturale e necessaria di questa lotta in cui il vincitore, cioè la razza più forte, ha il diritto di dominare.

Secondo il Fuhrer l’unica razza a cui spettava il diritto di dominare il mondo era la razza ariana e tutte le altre venivano considerate razzialmente inferiori. Il nemico principale erano gli ebrei. Nell’attuazione di questa ideologia, fin dal 1933 vennero varate numerose disposizioni discriminatorie nei confronti degli ebrei, il cui culmine è rappresentato dalle leggi di Norimberga (1935), in cui si riservava la pienezza dei diritti ai cittadini di sangue tedesco o affine (Legge sulla cittadinanza) e il divieto di matrimoni tra ebrei e cittadini di sangue tedesco o affine (Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco).

Con la Conferenza di Wannsee a Berlino del gennaio del 1942 i nazisti decisero di realizzare anche una serie di strutture dedicate alla detenzione e al confinamento di tutti coloro che il regime considerava nemici razziali, ideologici o politici del popolo tedesco: i cosiddetti campi di concentramento. Questi campi potevano essere di prigionia, di lavoro forzato o di sterminio vero e proprio attraverso il lavoro massacrante, le pessime condizioni di vita e le camere a gas. Questi campi non venivano utilizzati soltanto per il nemico principale, gli ebrei, ma fin dal 1933 furono imprigionati oppositori politici e individui considerati razzialmente inferiori o asociali, come omosessuali, portatori di handicap, rom e testimoni di Geova. L’obiettivo nazista era di uccidere i prigionieri in modo sistematico e massificato.

Dalla Germania nazista furono uccisi fino a 6 milioni di ebrei, fino a 250mila Rom e Sinti che erano visti come la “piaga degli zingari”, fino a 250mila tedeschi con disabilità fisiche e mentali. Tra le centinaia di vittime imprigionate e uccise nei campi di concentramento rientrano anche avversari politici, reali o presunti, Testimoni di Geova, uomini accusati di aver compiuto atti omosessuali, e persone considerate “asociali”, come i portatori di handicap. Morirono di fame, malattia, lavori forzati, maltrattamenti, o pura e semplice esecuzione.

 

 

Prima parte foto Auschwitz

Seconda parte foto di Auschwitz

Terza parte foto di Birkenau

Print Friendly, PDF & Email
Condividi con:
LEGGI TUTTE LE NOTIZIE