Ciambella: “Medici di famiglia lasciati soli ad aiutare i pazienti sotto una montagna di carte e funzioni amministrative”

VITERBO- Riceviamo da Luisa Ciambella e pubblichiamo: “Non si può restare in silenzio di fronte al grido di dolore lanciato nei giorni scorsi dai sindacati dei medici di medicina generale Smi-Snami-Sumai, che hanno proclamato lo stato di agitazione della categoria. A due anni di distanza dall’inizio della pandemia e nel mezzo della quarta ondata è inaccettabile che il personale sanitario impegnato in prima linea contro il virus si trovi a lavorare in queste condizioni. Una situazione alla quale si aggiungono anche intimidazioni e minacce da parte di alcuni pazienti, episodi questi ultimi finiti in un esposto, che riguardano la richiesta al medico di prescrivere il vaccino o certificare l’esenzione su patologie fuori dalle linee ministeriali o di assumersi la responsabilità diretta e personale per quanto riguarda eventuali effetti avversi.
I medici di famiglia denunciano condizioni di lavoro insostenibili: 12-14 ore di attività giornaliera; per ciascuno una media di diverse decine di pazienti affetti da Covid da seguire a domicilio, ai quali vanno aggiunti pazienti congiunti, contatti da tracciare, isolare, quarantene. “Nel corso della quarta ondata – spiegano nella loro nota Smi-Snami-Sumai – siamo nella confusione assoluta, con sovrapposizioni di funzioni che nulla hanno di clinico: dalla registrazione dei tamponi per l’ottenimento dei Green pass oltre alle più disparate certificazioni (rientro a scuola o al lavoro; ripresa attività sportiva dopo infezione più o meno critica; esenzioni dalla vaccinazione)”.
I medici di medicina generale non vogliono essere chiamati eroi, perché sanno di essere lavoratori che fanno il loro lavoro. Vorrebbero solo essere rispettati. Ora hanno inviato una pec contenete tutte le loro istanze sia alla Regione Lazio sia alle Aziende sanitarie locali, compresa quindi quella di Viterbo. L’appello è a dare loro tutto il supporto di cui hanno bisogno per “onorare” al meglio il camice, sgravandoli dalle eccesive funzioni burocratiche che si sono visti assegnare. E’ giunta l’ora di agire veramente, non basta la solidarietà. Da troppo tempo i medici di famigli sono in prima fila. Non è umano chiedere loro di continuare a lavorare in queste condizioni”.

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