di WANDA CHERUBINI-
VITERBO- “Dies Natalis”, la nuova macchina di Santa Rosa di Raffaele Ascenzi, chiude il cerchio delle Macchine che si rifanno al “Volo d’Angeli”, per ritornare alla più antica tradizione. “Questo passaggio si manifesta anche graficamente – spiega Ascenzi- Non è stata una cosa facile da capire. Ci sono stati 250 anni di storia che hanno preceduto Volo d’Angeli, la Macchina che ha rotto per prima con lo stile del passato. Ultimo esempio di quella generazione è stata la Macchina di Paccosi. Ho visto molto stupore negli occhi che osservavano Dies Natalis appena svelata, perchè non trovavano più i punti di riferimento, come la Santa non più in cima alla Macchina, ma dentro il campanile”. Ascenzi aggiunge: “Questo è costato molto anche a me per le mie tre Macchine, considerando anche Speranza, che non vinse, ma che comunque era una bella composizione, troppo scultorea per le mie peculiarità d’architetto. La Santa continuerà a volare sui tetti delle case anche se inserita nell’architettura della Macchina. Per la Chiesa la Santa raggiunge la sfera ultraterrena al cospetto di Dio, ma non lo supera. La Croce è posta al di sopra di Lei”. Ascenzi spiega, quindi, la narrazione della sua nuova Macchina: “Non tutti i viterbesi conoscono la motivazione che ha spinto i nostri concittadini da oltre più secoli a rievocare il primo trasporto con il corpo della Santa. Dies Natalis prende il nome dal giorno in cui Rosa è morta, il 6 marzo del 1251, ma per tutti noi è il giorno in cui Rosa nasce in Cristo. Dies Natalis pone con forza una domanda che ha di conseguenza una risposta esplicativa, di facile lettura. E’ stato difficile per me proporre il corpo morto di Santa Rosa. Tutta la storia degli otto campanili che hanno attraversato Viterbo negli ultimi 70 anni parlano sempre di un fatto grandioso, non descrivendo il dramma per chi vede la scomparsa di un proprio caro che su Dies Natalis viene rappresentato alla base con un gruppo di piangenti intorno al corpo della Santa e quattro angeli che vegliano sui di Lei guardando verso il cielo. Nella seconda parte della Macchina ci sono gli angeli festosi, che hanno un’aria dolce, perché presentano all’Altissimo la Santa. Sopra il corpo di Rosa si erge il tunnel della parte centrale svuotata, che è un contenitore di luce con fogliolini accartocciati di alluminio che fanno filtrare la luce creando un bagliore intenso e curiosità da parte dei fedeli e del pubblico che assisterà al trasporto, percependo questo messaggio forte”.
Raffaele Ascenzi ha utilizzato poi una particolare e precisa tecnologia 3d per riprodurre le statue presenti nella sua Macchina, prendendo come modelli delle persone in carne ed ossa. Ad impersonificare Santa Rosa è stata Maria Rita Chiara Pantaleoni, 30 enne di Orte, insegnante e modella. C’è poi Iris Shaqiri, 27enne italo-albanese, laureata in filologia moderna e modella, che interpreta la piangente ed, infine, Alberto Mezzetti, imprenditore e modello, vincitore del Grande Fratello 2018. Su di lui sono piovute alcune critiche via social, ma Raffaele Ascenzi ha messo tutti a tacere con un post che riportiamo integralmente: “Cara Pasqualina sono certo che in quell’angolo di cielo dove starai continuando ad aiutare i più bisognosi, sarai felice di vedere che una parte di te sarà presente nella mia nuova Macchina di Santa Rosa.
Ti ricordo bellissima e sempre elegante tra i banchi del mercato di Piazza del Gesù quando la mamma ci accompagnava a scuola e ogni giorno mi regalavi il frutto più buono e profumato.
Il tuo sorriso mi accompagnava per tutta la giornata e quella merenda aveva un sapore particolare perchè donata senza desiderare nulla in cambio.
Il tuo esempio e la tua insuperabile forza era lo spirito che animava i nostri viaggi a Lourdes e ti assicuro che ne ho fatto sempre tesoro nei momenti in cui avevo bisogno di coraggio per andare avanti.
Tu mi hai insegnato a tendere la mano a chi era in difficoltà con il sorriso, a compiere piccoli gesti verso gli altri perché tutti abbiamo un costante bisogno di scambiare energie positive.
Siamo permeabili come la nostra pietra.
Siamo duri esteriormente e molto resistenti come il peperino, ma ogni goccia riesce a penetrare e inevitabilmente ci cambia.
Alberto ti amava profondamente e da te ha ereditato non solo la sua ‘angelica’ bellezza, ma soprattutto la tua infinita bontà”.