Confagricoltura Viterbo- Rieti, interviene il presidente Parenti sull’agroalimentare

VITERBO- Riceviamo e pubblichiamo: “Continuare a confondere l’agricoltura con l’agroalimentare non solo vuole dire confondere il tutto con una sua parte, ma commettere, soprattutto a livello politico, un madornale errore di valutazione. Vuole dire perpetuare una condizione di forte subalternità del settore primario nei confronti degli industriali, della grande distribuzione e della finanza, condizione che in qualche caso diventa un vero e proprio sfruttamento. Sullo sfruttamento non possono farsi considerazioni che non siano negative, da qualunque parte provenga, sia che ne sia vittima l’agricoltore, sia che ne sia vittima un bracciante agricolo, ma conoscere il suo percorso e le sue dinamiche magari può aiutare a comprendere perché alcuni agricoltori, nel viterbese credo e spero molto pochi, incorrano in questa tentazione ingiustificabile. E la comprensione di un problema è l’inizio della sua soluzione. Nello stesso tempo, reiterare la lotta di classe come strategia sindacale vuol dire non aver capito quello che è successo dal 1989 in poi, significa non considerare l’iper-liberismo dei nostri giorni come l’evoluzione ultima e forse non finale del capitalismo. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, anche di noi viterbesi: la classe borghese intesa nel suo senso storico è stata spazzata via, piccoli commercianti, artigiani, professionisti vivono tempi difficili, la piccola impresa sta scomparendo. L’ agricoltura poi è sotto attacco concentrico. E non ci sarebbe bisogno visto il terribile e veloce cambiamento climatico in atto che già da per sé destabilizza alle fondamenta il nostro settore. Per cui quando qualcuno ci definisce “i padroni” provo una sincera meraviglia e mi chiedo come sia possibile non capire che tutta l’agricoltura è sotto padrone, un padrone vero e arcigno. Del nostro lavoro, al netto di quello che si prendono questi signori della GDO, delle multinazionali e dei fondi comuni, al netto di quello che ci porta via ogni anno il clima e di quello che ci distruggono i cinghiali, ci rimangono solo le briciole e tanta fatica. Fatte queste considerazioni, dai sindacati dei lavoratori, anche alla luce dei rapporti di forza interni alla nuova struttura dell’economia capitalista, mi aspetto controlli, denunce, polemiche aspre, ma anche unità di intenti per cercare di impedire le eventuali situazioni di sfruttamento del lavoro sul territorio, con buona pace di chi ieri in piazza della Repubblica chiedeva “un sindacalismo conflittuale praticante la lotta di classe e non la concertazione”. La scelta peggiore in certi casi è sparare nel mucchio, è la generalizzazione populista e demagogica, una strategia di corto respiro divisiva e pericolosa in prospettiva.
L’ agricoltore da tempo si sente assediato, non capisce cosa stia succedendo e spesso si autoemargina con cupezza e a volte con rabbia. Personalmente vivo questa situazione, con un senso di profondo disagio e di ingiustizia, reso più acuto dalla posizione che occupo. Disagio e ingiustizie che, credo fortemente, possano essere leniti e forse risolti solo da interventi delle Istituzioni della nostra Repubblica, amministrazioni Regionali in primis. Istituzioni alle quali noi stessi chiediamo un cambiamento sostanziale delle condizioni di lavoro, dei rapporti economici che coinvolgono il nostro settore, convinto come sono che gli effetti benefici si trasferirebbero con le buone o le cattive su chiunque dovesse lavorare al suo interno. Solo che non possiamo più aspettare. È giunto il tempo dei fatti e non delle parole oppure, parafrasando Brecht, dobbiamo essere consapevoli che non avremo altre risposte oltre la nostra. E di questo eventuale non-risultato dovremo prendere subito atto, tutti noi, con consapevolezza e coraggio”.

Remo Parenti Presidente Confagricoltura Viterbo-Rieti

Print Friendly, PDF & Email
Condividi con:
LEGGI TUTTE LE NOTIZIE