VITERBO – Riceviamo da Remo Parenti (Confartigianato Viterbo – Rieti) e pubblichiamo: “Potrei scrivere che il 2024, per adesso, è stato un anno buono per l’agricoltura dell’alto Lazio e ha aiutato gli agricoltori a dare produzioni decenti, in alcuni casi discrete; potrei limitarmi a considerazioni di colore, a dare qualche dato e a inviare il comunicato. Il titolo: “Soddisfazione per le buone rese dei cereali”. Solo che è impossibile non vedere tutto il resto. Allora il titolo cambiamolo così: “Buone rese dei cereali nonostante gli ingenti danni provocati dalla fauna selvatica”, sarebbe più vicino alla realtà, ma non la rappresenterebbe tutta. Ulteriore titolo: ” Nonostante la stagione favorevole, produttori di cereali in perdita per gli ingenti danni dei cinghiali e per i prezzi ancora fermi al 1986″. Così ci siamo. Non è più un pezzo che fa “colore” ma l’ennesima denuncia di una situazione che anno dopo anno sta uccidendo le aziende agricole. Una fauna selvatica incontrollata e in costante aumento può causare in alcuni casi danni di decine di migliaia di euro. In tale contesto, non è più né pensabile, né accettabile che l’agricoltore possa accettare un semplice indennizzo che copra soltanto un 30% del danno subito e a distanza di diversi anni. Quale azienda industriale o commerciale potrebbe continuare ad esistere in tali condizioni? Quanti lavoratori accetterebbero il 30% dello stipendio, pagato dopo cinque anni, perché dall’alto così si è deciso? Confagricoltura Viterbo Rieti chiede ai rappresentanti del suo territorio in Regione Lazio un impegno, affinché da una sorta di elemosina, si possa arrivare ad un risarcimento vero e proprio, da corrispondere entro il 31-12 di ogni anno. Se serve, venga modificata la legge, ormai superata dagli eventi e dalla situazione reale nelle campagne. Stiamo perdendo ogni anno migliaia di ettari di seminativi che vengono abbandonati e ci stiamo avvicinando al punto di non ritorno per tante, troppe aziende agricole. Per quello che riguarda i prezzi dei cereali, mi limito a fare una domanda. Se nel 1986 il grano duro valeva 28,41 euro (55000 lire) così come a giugno 2024, chi è che ha sottratto e ancora continua a sottrarre all’agricoltura il valore aggiunto che avrebbe dovuto compensare le inflazioni di quarant’anni, le svalutazioni degli anni novanta e tutti gli investimenti in produttività fatti dagli agricoltori? E ancora, cosa aspetta l’Europa a introdurre almeno una clausola di reciprocità tra ciò che si richiede per produrre in Europa e ciò che si importa? Prezzi di vendita, fauna selvatica e concorrenza sleale riguardano tutti i comparti agricoli, non solo i cerealicoltori e da anni rappresentano i veri nodi da sciogliere, i problemi da affrontare e risolvere altrimenti non ci sarà mai un’agricoltura “normale” ma solo un’agricoltura sempre e costantemente in crisi, con agricoltori stanchi, amareggiati e ogni giorno più arrabbiati”.
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