Contro l’indifferenza, ricordato a Vetralla il sacrificio di Luciano Lupattelli, vittima delle Foibe

di EMANUELE FARAGLIA –
VETRALLA (Viterbo) –  “Per tanti anni l’Italia ha dimenticato questo problema, che ha coinvolto italiani gettati nelle foibe. E un esodo di circa 300mila italiani a causa di una sconfitta , nella Seconda Guerra Mondiale”.

Il professor Stefano Grego, consigliere comunale nonché docente presso la facoltà di Agraria dell’Unitus, ha introdotto così la conferenza odierna intitolata “IO RICORDO” dedicata alla memoria del concittadino Luciano Lupattelli, vittima, o meglio martire delle foibe e della follia della guerra e dell’odio degli uomini: “I 300 mila esuli – ha aggiunto Grego – in realtà entrarono in Italia e ci fu un’indifferenza notevole. Il Presidente della Repubblica l’ha chiamata indifferenza da parte della popolazione italiana che non riusciva ad immedesimarsi in questi esuli”.
Indifferenza, non una semplice parola, né una parola semplice. “Fare memoria combatte l’indifferenza – le parole di Grego – Io considero importante acquistare la memoria in onore dell’Europa. Moltissime persone hanno scritto sull’Europa, da Churcill , considerato da molti l’ideatore degli Stati Uniti d’Europa e che scrisse come avrebbe dovuto essere la federazione europea. L’Europa che è nata proprio per difendere le nazioni. L’unica maniera per combattere l’indifferenza delle singole popolazioni è essere uniti. Fatto da rimarcare quanto più possibile”.
Il sindaco Francesco Coppari , appena giunto da una cerimonia di deposizione di una corona in piazza intitolata alle vittime delle foibe ha spiegato: ” Ho avuto modo già di salutare innanzitutto la nipote di Luciano Lupattelli a cui è dedicata questa serata. Un ricordo che noi come amministrazione, di questo ringrazio gli studi fatti in particolare dalla signora Teresa Sestito , serve a
Togliere un po’ di polvere da questa memoria. LA discussione dovrebbe essere secondo me sempre finalizzata alla ricerca della verità. Una serata che spero possa portare alla luce elementi partendo proprio da questa figura vittima dei partigiani di Tito nel ’44
All’incontro ha preso parte anche il Colonnello Andrea Antonazzo, Comandante dei Carabinieri provinciali di Viterbo , che ha salutato i presenti ammettendo che “in termini di contenuti non posso competere. Il ricordo per noi è importante e determinante. Sicuramente un modo per ricordarci di qualcuno che non è più tra noi. Importantissimo anche dal punto di vista civico. La guerra è cattiva, la guerra è violenta. Oggi per fortuna non la viviamo, ma dobbiamo ricordarla e non come una storiella o una favola, che magari i giovani possono considerare propaganda. 
Il ricordo educa a questo. Ma il ricordo serve anche , e lo dico da Carabiniere, talvolta quello che altri considerano sacrificio noi non lo consideriamo tale. La medaglia di cui parlavamo poco fa, un qualcosa che può essere un’inezia, ma dà una spinta a ciascuno di noi. I Carabinieri hanno una duplice natura, abbiamo una natura militare, ma hanno anche una natura di polizia, e quindi controlliamo il territiorio. Voglio sottolineare una cosa , in particolare, cioè che l’Arma, dopo l’armistizio, non si è data alla macchia. E’ rimasta a garantire la sicurezza nel territorio in uno Stato non molto presente .
Un episodio: A Roma nel mese di settembre furono applicate le Leggi razziali, e quindi furono deportati cittadini ebrei. Ebbene, prima i Carabinieri dovettero deporre le armi e vennero deportati nei campi di concentramento, prima degli Ebrei, perché erano considerati un pericolo dai Tedeschi”.
A questo punto è ancora Grego a prendere la parola: “Un sacco di cose sono capitate anche alla mia famiglia, e grazie alla’aiuto morale che hanno ricevuto , soprattutto mamma dalle forze di Roma. Sennò non starei qua. Sì. Me lo ha fatto venire in mente, grazie veramente”. E’ un attimo, e tutta la propria vita sembra riassunto in queste poche parole, dense di significato e pronunciate con il cuore in gola per la paura ma anche con un sorriso pieno di riconoscenza dal professore.
E’ poi il momento di Andrea Argenio, docente di Storia Contemporanea all’Università di Roma 3, dipartimento di Scienze Politiche, che ha il delicato compito di inquadrare dal punto di vista storico quello che è successo tra il 43 e il 45: “Spesso questa vicenda è considerata settoriale, ma questa vicenda non riguarda solo l’Italia , ma l’Europa. Quando noi parliamo di Foibe che cosa intendiamo: profonde cavità della zona carsica, largamente utilizzate per seppellire i corpi delle vittime dei partigiani di Tito. In realtà la vicenda del cittadino di Vetralla non ha molto a che fare
Spesso si sono trovati in questa situazione persone che non avevano nulla a che fare con questi odi. Uccidere 6 milioni di persone significa mettere in campo una serie di forze che non si può far tornare in capo tutto ad una sola persona. E quindi spesso la popolazione civile è coinvolta.
E quindi dopo l’8 settembre l’Italia si divide in due.
La Corona lascia le Forze Armate senza una guida, i Carabinieri venivano individuati come uomini del Re e per questo motivo i Tedeschi erano molto severi. E quindi guerrra Civile, molto cruenta, i cui effetti forse ancora ce li portiamo oggi quando si parla di memoria. La memoria in sé non può essere condivisa. E’ chiaro che ognuno ha la propria idea. Ma queste sono delle faglie
Questi territori del Friuli Venezia Giulia vengono controllati direttamente dal comando tedesco. Quindi l’italiano si trova assolutamente orfano di qualcunque tipo di aiuto e controllo. L’elemento nazista e l’elemento jugoslavo, due movimenti totalitari che non consentono l’indifferenza. bisogna prendere partito: da una parte o dall’altra. Lupattelli non viene ucciso in quanto italiano, non è solo questo, è l’idea di una persona che in qualche modo possa essere  un pericolo anche per il dopo, per la costituzione di una stato Comunista. Il problema è di un potere politico che non permette che ci siano anticomunisti.
DA Carabiniere Lupattelli è solo, nell’Italia del nord i Carabinieri sono stati assorbiti dalla Guardia della Repubblica di Salò (Repubblica Sociale che segna la rinascita dei fascisti, ndr), ma sono nell’impossibilità di potere fare assolutamente niente”.
L’uccisione di 4000/5000 persone è storia molto complicata anche da ricordare: “Prima ondata nel settembre del ’43 , poi nel maggio del ’45 quando le truppe titine entreranno a Trieste c’è una seconda ondata di violenza che, dopo i poliziotti e le forze dell’ordine della prima, nel 45 in primo luogo tocca chi si era macchiato di crimini o nei confronti di altri italiani o nei confronti dei comunisti, quindi i cosiddetti collaborazionisti, ma successivamente anche degli antifascisti, quindi moltissime persone che non avevano avuto nessun legame con fascisti o nazisti. Tenete conto che molti facevano il doppio gioco, come chi aveva aiutato gli Ebrei a fuggire. Oltre al discorso della violenza c’è l’esodo: termine che ha a che fare con la Bibbia. 300mila persone che lasceranno la Jugoslavia. Sono stati costretti ? In realtà no, ma molti non se la sentono di vivere in un territorio non democratico, altri vedono l’arrivo di quelli che volgarmente vengono chiamati gli slavi delle campagne.
E’ un’Italia diversa, un’Italia stracciona, nel ’57 non ha voglia di sentire parlare di queste cose, esodo, foibe, resistenza, non se ne parla a scuola, alla radio. Nelle elezioni del 48 slogan come Dio ti vede, Stalin no. L’ItAlia sta dalla parte giusta… ecco adesso basta ricostruiamo l’Italia, ma evitiamo di parlare del passato. Nessuno aveva voglia di parlare, stessa cosa degli esuli dalmati.
Non pensate a complotti, semplicemente non si poteva. Paradossalamente se ne è iniziato a parlare dopo l’89 , con la Caduta del Muro, la fine della Guerra Fredda, quella che è stata considerata da alcuni una camicia di forza.
E’ importante oggi la presenza dei Carabinieri che ci sono e ci sono sempre stati. Il Carabiniere c’è sempre, non soltanto per proteggerci, ma come presenza. Magari la Polizia non c’è, ma una stazione dei carabinieri c’è sempre. Il Maresciallo è uno col quale possiamo sempre parlare di tutto, dal calcio, alla politica, di qualsiasi cosa.
Il carabiniere, uso a obbedir tacendo, non ha detto nulla, avrà pensato dentro di sé, ma la presenza del’Arma , paradossalmente , ci fa pensare che la Guerra non ci sarà più, dopo un secondo come il Novecento molto crudele.
Ricostruiamo un Paese migliore, e un’Europa migliore , partendo dal dialogo, senza odio”.
Applausi. Riprende la parola il prof Grego ma solo per consegnarla a Teresa Sestito Cascitti, insegnante e moglie e madre di carabinieri: “Si chiamava Luciano Lupattelli. Era di Vetralla, faceva il brigadiere dei Carabinieri e non aveva ancora compiuto 38 anni quando il 24 aprile del 1944 venne prima assassinato e poi gettato in una delle foibe istriane dai partigiani del Maresciallo Tito. Per l’esattezza ad Aquilinia, frazione di Muggia, comune della provincia di Trieste. “MARTIRE” anch’esso di una delle pagine più tristi e drammatiche della storia italiana. Venne ucciso perché testimone scomodo della morte di un suo collega, il carabiniere Gastone Englaro, anch’esso ammazzato e buttato in una foiba. Sembra infatti che, per evitare che rivelasse i nomi di chi lo ‘prelevò’ , anche Lupattelli venne arrestato e infoibato.
La famiglia, nella persona della signora Luciana disse all’epoca: ” Sapevamo che i Titini gli avevano sparato mentre in bicicletta portava un dispaccio da una caserma all’altra”.
Il corpo, o meglio quanto ne rimaneva, fu ritrovato dopo 15 anni, e fu difficile anche dargli degna sepoltura “era come se nessuno lo volesse” le parole di Luciana che, oggi, ha ricevuto dall’assessore Servizi alla Persona Anna Maria Palombi un mazzo di fiori con la promessa, da parte del Comune, di intitolare  a Luciano Lupattelli un’area per cui è già stato chiesto uno spazio alla Provincia, nel giardino dell’Istituto Canonica: “in modo che sia da monito alle future generazioni. Una sorta di eroe vetrallese, di fatto gli è stato riconosciuto questo merito”.
E questa vibrante, commovente, intensa conferenza si chiude con la speranza, come ricordato dall’insegnante Teresa Sestito di “Educare i giovani anche ad un confronto diverso, noi invece siamo stati educati ad uno scontro. Il motivo è che nessuno ti diceva la verità. Io sono andata sempre alla ricerca delle fonti. Dobbiamo continuare, in modo che l’amministrazione fonda una comunità sulla memoria.
Rappacificare, per condurre  i giovani verso altre mete. L’Oblio non è e non dovrà mai più essere un correttore dei drammi umani”.
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