Covid-19, Confcommercio Lazio Nord: “Sostegni irrisori, insignificanti per le PMI”

VITERBO – Nel 2020 secondo le stime del nostro Centro Studi, sono andati perso 160 miliardi di euro di PIL e quasi 130 miliardi di consumi.
Sono sparite dal mercato circa 300 mila imprese del commercio non alimentare e dei servizi, di cui circa 240 mila esclusivamente a causa della pandemia e 200 mila attività professionali.
Tra i settori più colpiti, la filiera del turismo con una perdita della produzione di 100 miliardi, la ristorazione con perdite di fatturato pari a 38 miliardi, il settore abbigliamento e calzature con 20 miliardi di consumi in meno e il comparto culturale e ricreativo che, tra cinema e spettacoli dal vivo, ha superato 1 miliardo di euro di perdite.
“I sostegni sono inadeguati a fronteggiare la crisi delle nostre imprese – così Leonardo Tosti Presidente Confcommercio Lazio Nord –  servono maggiori risorse e necessitiamo che gli aiuti siano più inclusivi in termini di parametri di accesso e più tempestivi in termini di meccanismi operativi. Basti pensare che le aziende percepiranno tra il 3,5% e il 4% di ristori sulle perdite di fatturato, davvero irrisorio.
Ci delude la previsione della soglia minima di perdita del fatturato che è troppo penalizzante per i settori che rappresentiamo.

Gli aiuti devono poi essere immediati: liquidità, moratorie fiscali e contributive, sostegni per far fronte alle locazioni commerciali, contributi sotto forma di credito d’imposta del 30% per le rimanenze di magazzino.

Va ripensato anche il concetto delle restrizioni alle aperture che finisce per favorire l’aumento irrefrenabile del fatturato dei colossi del web che non operano a parità di regole e di tassazione proporzionate agli introiti avvenuti nel nostro Paese.
Non è un mistero infatti che le multinazionali del web abbiano un carico fiscale molto minore rispetto alle nostre imprese  sulle quali, tra l’altro, grava un peso tra tasse e contributi tra i più elevati in Europa.
Il loro contributo alle casse dello Stato italiano è pari a circa il 2,7% dei ricavi con un’aliquota media effettiva pari al 14,1%. Infine fino ad ora c’era la mancanza di una tassa specifica sui loro fatturati: la web tax, infatti, prevista nella Legge di Bilancio 2019 ma mai entrata in vigore è stata nuovamente introdotta nella Legge di Bilancio 2020 fissando l’aliquota al 3% (dati QuiFinanza).
Un sistema iniquo questo e troppo sbilanciato che grava ancora più forte sulle nostre imprese stremate dalla crisi dovuta alla pandemia e che marca ancor più forte lo svantaggio tra le multinazionali del web e le nostre PMI.
Questo è il momento di rimodellare la nostra società – conclude Tosti – partendo proprio dallo scongiurare la desertificazione commerciale, inevitabile se non sarà posta in atto una programmazione con meno incertezze e con maggior senso di responsabilità

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