Da Viterbo alla Turchia per raccontare la speranza

VITERBO – La scrittrice Marika Campeti era già stata a Viterbo con il suo romanzo “Il Segreto di Vicolo delle Belle” presentato presso la Domus La Quercia. E proprio con una casa editrice viterbese la “Augh Edizioni” la scrittrice ha firmato il contratto per il suo nuovo romanzo “Lo Scorpione dorato” uscito questa estate.
Una storia sul coraggio femminile, sulla forza di reagire e agire tipica delle donne, anche quando tutto sembra perduto.
Oltre a voler raccontare una storia, attraverso un romanzo ricco di colpi di scena, l’autrice ha voluto inserire tra le pagine un importante messaggio sociale. Parte del romanzo è infatti ambientato in un campo profughi turco-siriano. Per scriverlo Marika si è avvalsa della collaborazione di Arianna Martini, la presidente dell’associazione umanitaria Support And Sustain Children, che si reca periodicamente nei campi di rifugiati per aiutare quelle persone che sono dimenticate da tutti e vivono in condizioni disumane.
Proprio a fine luglio, mentre usciva il romanzo Lo scorpione dorato, Arianna partiva per la prima missione possibile dopo il lockdown, per gettare le basi di un importante progetto da realizzare proprio nel campo dove è ambientato il romanzo: la costruzione di un pozzo di acqua potabile.
Realtà e finzione si intrecciano in questa storia che si muove parallelamente tra inchiostro, aspettative, realtà e speranza.
Con le royalties della prima tiratura del romanzo, Marika ha potuto fare una piccola donazione per il progetto, tanti hanno partecipato, anche alcuni lettori che hanno preso a cuore quei bambini sfortunati a cui è tolto anche il semplice diritto di essere bambini.
Mentre il romanzo dell’autrice è in ristampa, ieri il progetto del pozzo è diventato realtà.
“Questo romanzo è stato difficile da scrivere, ho scavato nel dolore, nella sofferenza…Un dolore necessario a far vedere in faccia la verità. Ho voluto regalare ai lettori una storia densa di sentimenti, colpi di scena, che si svolge attraverso una trama accurata e ben intrecciata, come un film dal montaggio veloce e il finale a sorpresa. Sapere che lì, nel campo di Adana, dove le due protagoniste si incontrano, è stato realizzato un progetto che a noi sembra così piccolo, ma che invece è così importante mi commuove. Mi sembra di veder camminare Chiara e Beyan tra quei bambini, tra i loro sorrisi sorpresi. Mi auguro che la storia che ho raccontato con Lo scorpione dorato possa essere letta da tanti, per aprire gli occhi , per svegliare le coscienze.”

La trama del romanzo:
Chiara, una donna dalla vita apparentemente perfetta, ha un malore e sviene in un Autogrill. Quando riprende i sensi, scopre nel parcheggio che la sua auto è vuota e la sua famiglia sparita. Parte da qui una ricerca da incubo dove le sue certezze crollano e la sua mente si perde fra ricordi confusi, l’angoscia provocata dalla “voce di uno scorpione” che continua a parlare nella sua testa e da un senso di colpa di cui non riconosce la radice.
Per cercare di ricostruire la sua vita, Chiara decide di impiegare il suo tempo aiutando gli altri e arriva in Turchia seguendo un’associazione umanitaria. La sua vicenda si intreccia con quella di Beyan, profuga curda con un passato di abusi e indifferenza, anche lei custode di un doloroso segreto. In un viaggio tra povertà e assenza di umanità di un campo profughi turco siriano, gli scenari maestosi della città di Istanbul si trasformano lungo il cammino in una distesa di polvere dove le due donne compiranno il loro destino, in un continuum tra presente e passato, fino alla scoperta della verità.
Una storia sul coraggio femminile, sulla forza di ribaltare un destino di fallimento e dolore già scritto.

 

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