di MARIELLA ZADRO-
VITERBO- Ad un anno di distanza, una delle scrittrici italiane più importanti, Dacia Maraini, è tornata a Viterbo, mercoledì 3 luglio, per presentare il suo libro” Vita mia” presso il salone del Museo Nazionale Etrusco Rocca Albornoz.
Ad accoglierla un folto pubblico, la direttrice del museo dott.ssa Sara De Angelis, la saggista Rosella Lisoni, la prof. Anna Maria Fausto docente Unitus e l’attore Pietro Benedetti.
“È un libro che non ho scritto di getto, ha illustrato l’autrice, ma in diversi anni, selezionando ricordi estremamente dolorosi, dell’orrore della guerra. Non riuscivo a portarlo a termine, perché era sempre un riaprire le ferite. Ultimamente, alla luce degli ultimi fatti di cronaca, ho unito insieme le memorie di una bambina italiana vissuta in Giappone in tenerissima età. In particolare del periodo della mia vita, difficile e di grande dolore, dal 1943 fino al rientro in italia “
Una famiglia composta da papa Fosco, antropologo di professione, dalla mamma Topazia Alliata, e le sorelline Toni e Yuki, che si è ben integrata in questo ambiente e società estremamente diversa dalla nostra.
Tutta la vita e la quotidianità si stravolge nel 1943 quando i genitori di Dacia, decidono di non giurare fedeltà al governo nazifascista della Repubblica di Salò e si aprirono le porte del campo di concentramento, perché considerati “traditori della Patria”.
Il coraggio del padre, le strategie della mamma, l’amore, la musica, ma soprattutto la parola, fanno di “Vita mia”, un libro intimo, poetico e allo stesso tempo duro e dolce.
L’attore Pietro Benedetti, ha prestato la sua recitazione ad una delle più belle poesie scritte dall’autrice: “Donne mie illudenti e illuse”
Donne mie che siete pigre, angosciate, impaurite,
sappiate che se volete diventare persone
e non oggetti, dovete fare subito una guerra
dolorosa e gioiosa, non contro gli uomini, ma
contro voi stesse che vi cavate gli occhi
con le dita per non vedere le ingiustizie
che vi fanno. Una guerra grandiosa contro chi
vi considera delle nemiche, delle rivali,
degli oggetti altrui; contro chi vi ingiuria
tutti i giorni senza neanche saperlo,
contro chi vi tradisce senza volerlo,
contro l’idolo donna che vi guarda seducente
da una cornice di rose sfatte ogni mattina
e vi fa mutilate e perse prima ancora di nascere,
scintillanti di collane, ma prive di braccia,
di gambe, di bocca, di cuore, possedendo per bagaglio
solo un amore teso, lungo, abbacinato e doveroso
un amore senza scelte, istintivo e brutale.
Da questo amore appiccicoso e celeste dobbiamo uscire
donne mie, stringendoci fra noi per solidarietà
di intenti, libere infine di essere noi
intere, forti, sicure, donne senza paura.
Al termine della presentazione ha voluto omaggiare la scrittrice con una poesia di Pierpaolo Pasolini, un inno alla vita:
C’è forse vita sulla terra?
C’è forse vita nella guerra?
C’è forse vita sulla terra?
C’è forse vita nella guerra?
È una gioia essere vivi, è bello essere furtivi.
È bello sopravvivere, è dolce saper vivere.
È bello essere matti, non tenere fede ai fatti,
fare tutto tutti nudi e mangiare sassi crudi.
C’è forse vita sulla terra?
C’è forse vita nella guerra?
C’è forse vita sulla terra?
C’è forse vita nella guerra?
Prendi la libertà, la morte non ti avrà.
Prendi quello che vuoi, respira affondo e poi
è bello fare l’amore, è bello schiantare il cuore.
È dolce essere contenti, finché non te ne penti.
C’è forse vita sulla terra?
C’è forse vita nella guerra?
C’è forse vita sulla terra?
C’è forse vita nella guerra?
È una gioia essere tristi, fare il male senza esser visti.
È bello essere pigri, mordere come tigri.
È bello essere cattivi e nel vizio molto attivi.
Bello morire per uno scopo, bello vincere a gatto e topo.
C’è forse vita sulla terra?
C’è forse vita nella guerra?
C’è forse vita sulla terra?
C’è forse vita nella guerra?
La prof. Fausto si è alternata alla conversazione con la scrittrice Lisoni e alla lettura di alcuni passi del libro estremamente emozionanti.
L’artista Elisabetta Serafini, ha consegnato alla saggista, in ricordo della presentazione del suo libro, un’opera da lei eseguita con le matite e pigmenti naturali su carta.