Deposito di rifiuti radioattivi nella Tuscia, svolta riunione con gli amministratori della Lega della provincia di Viterbo

di MARINA CIANFARINI –

VITERBO – La Tuscia Viterbese è il territorio con il maggior numero di aree idonee ad ospitare rifiuti radioattivi d’Italia, ben 22 su 67 all’interno dello scenario nazionale. Gli amministratori e le forze politiche della provincia desiderano chiarezza e spiegazioni esaustive.
La Lega, nella riunione svolta nel pomeriggio odierno, attraverso la partecipazione di parlamentari ed erodeputati del Lazio e di alcuni sindaci dei comuni coinvolti, ha affrontato lo spinoso argomento manifestando la netta contrarierà al progetto.
“Il 2021 è sorto con un problema profondo – sostiene il senatore Umberto Fusco -. In un territorio che conta oltre 320mila abitanti, l’idea di individuare 22 siti volti ad ospitare rifiuti radioattivi è impensabile. In queste ore stiamo unendo idee e rispettivi pensieri, attivando una serie di iniziative che avranno luogo nei giorni che verranno.
Le disattenzioni maturate nei confronti dell’ambiente e all’insaputa degli amministratori non resteranno impunite”.
“L’approccio iniziale non è stato adeguato – afferma un tecnico dell’ateneo – Un argomento simile va discusso con i sindaci, attraverso il coinvolgimento di tecnici ed esperti.
La legge prevede la costruzione di un deposito nazionale per le scorie nucleari a bassa o a media attivazione.
L’impianto avrebbe la grandezza di un campo da calcio a forma modulare, con quattro muri di contenimento a vari spessori della durata di 300 anni. I rifiuti verrebbero catalogati, stoccati in recipienti e cementati prima di essere condotti al deposito, quindi coperti con il cemento armato. Di fianco al sito dovrebbe nascere un polo tecnologico di ricerca.
Sarà compito dei Comuni presentare, entro i prossimi quattro mesi, la loro disponibilità al progetto e, se ciò non avvenisse, partirebbero degli incontri bilaterali del Governo, con le rispettive regioni, per individuare un unico luogo di derivazione.
Non da sottovalutare le caratteristiche della Tuscia che presenta percentuali di uranio, condizione che potrebbe entrare in collisione con le valutazioni di impatto ambientale”.
A prendere la parola anche i sindaci dei comuni di Tuscania, Tarquinia ed Ischia di Castro, rispettivamente Fabio Bartolacci, Alessandro Giulivi e Salvatore Serra.
“Verranno avviate riunioni e consulte con esperti per discutere l’argomento – spiega Fabio Bartolacci -. La Tuscia ha pagato il suo pedaggio in passato e non possiamo accettare, per la debolezza della politica e per l’incapacità della Regione Lazio, una nuova svendita del territorio.
Ciascun amministratore è intervenuto sull’argomento, ad eccezione di Nicola Zingaretti. Lunedì 11 gennaio il presidente della provincia di Viterbo, Pietro Nocchi ha convocato una riunione a cui prenderà parte l’assessore alla Regione, il sottosegretario all’ambiente e, alla quale, non è stato invitato il nostro senatore, nonchè i rappresentanti di Fratelli d’Italia e Forza Italia”.

“Si tratta di una dichiarazione di guerra per la Tuscia – incalza Alesandro Giulivi -. Ogni giorno subiamo le conseguenze di un assalto al nostro territorio, iniziato negli anni Novanta con la centrale a carbone di Civitavecchia.
Il referendum in cui gli italiani dissero “no” all’attivazione di siti nucleari riguarda anche gli eventuali rifiuti ad essi collegati. Il comune di Tarquinia si oppone con ogni mezzo a questa decisione.
Salvatore Serra, sindaco di Ischia di Castro, rimarca un’assenza di considerazione, da parte del governo e della Regione, verso i sindaci dei comuni a cui spetta il ruolo di rappresentare e difendere i cittadini.
“Ho dei forti dubbi sull’elenco stilato – sottolinea Orlando Angelo Tripodi, Capogruppo Lega in Regione -. Si tratta di una mappatura non concepibile. Noi siamo pronti ad attivare qualsiasi battaglia, valutando interventi su vari livelli”.

“Ritengo corretto creare un deposito nazionale – commenta l’onorevole Claudio Durigon -, affinchè l’Italia smetta di finanziare altri Paesi europei per smaltire i propri rifiuti, ma ciò non può sorgere senza che vi sia un accurato ascolto dei rappresentanti dei territori coinvolti che, d’improvviso, in un’alba qualunque, si sono trovati a recepire un’iniziativa già decisa. Una scelta che cela, senza dubbio, qualcosa di non svelato. Non credo sia giusto che la Tuscia presti ancora il fianco a vocazioni diverse dalla sua storia”.

 

 

 

 

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