Divieto di licenziamento

di PAOLO MANCINELLI-

VITERBO – Il divieto di licenziamento, introdotto dal Cura Italia, impedisce dal 17 marzo 2020 l’irrogazione dei licenziamenti giustificati da motivo oggettivo e sospende le procedure di licenziamento collettivo iniziate alla data del 23 febbraio 2020. Il divieto di licenziamento è stato interessato da interventi normativi costanti che ne hanno prolungato la durata dai 60 giorni originari fino (in talune ipotesi) al 31 dicembre 2021.

Il divieto di licenziamento è stato introdotto dal decreto legge n. 18/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 27/2020, ed impedisce dal 17 marzo 2020 l’irrogazione dei licenziamenti giustificati da motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della legge n. 604/66 e sospende le procedure di licenziamento collettivo già iniziate alla data del 23 febbraio 2020.

L’esplicito riferimento normativo alla legge sui licenziamenti collettivi (artt. 4, 5 e 24, legge n. 223/91), ed a quella sul licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo (art. 3, legge n. 604/66), ha consentito di escludere dall’alveo del divieto tutti quei licenziamenti che, pur potendosi considerare giustificati da ragioni economiche, risultano sottratti alla disciplina delle norme in questione. Così, il divieto non opera per il caso di licenziamenti nell’ambito del rapporto di lavoro domestico, dell’apprendista per fine del periodo di formazione, per mancato superamento del periodo di prova, per superamento del periodo di comporto.

Motivazioni analoghe a queste ultime, hanno condotto a ritenere estraneo al divieto il licenziamento del dirigente, al quale appunto non si applicano i canoni dell’art. 3 in tema di giustificato motivo oggettivo.

Il divieto di licenziamento per ragioni economiche non opera in caso di:

  • appalto, in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto;
  • licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresaoppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività;
  • cessione di un complesso di beni o attivitàche possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile;
  • accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, ai quali è riconosciuto il trattamento di disoccupazione (NASpI);
  • fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Attualmente il quadro normativo relativamente al divieto di licenziamento è così articolato:
  • fino al 31 ottobre 2021 per le imprese aventi diritto all’assegno ordinario e alla cassa integrazione salariale in deroga, nonché a quelle destinatarie della cassa integrazione operai agricoli CISOA, per le imprese del settore del turismo, stabilimenti balneari e commercio. Queste ultime, se richiedono l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, fruibile entro il 31 dicembre 2021, devono osservare l’estensione del divieto fino alla medesima data. Lo stesso termine del 31 ottobre, alla luce del decreto Sostegni convertito in legge, incombe per le aziende del tessile identificate secondo la classificazione Ateco2007, con i codici 13, 14 e 15 sino al 31 ottobre 2021, alle quali è riconosciuto un ulteriore periodo di cassa integrazione di 17 settimane dal 1° luglio al 31 ottobre. Il divieto opera a prescindere dalla effettiva fruizione degli strumenti di integrazione salariale;
  • per le altre aziende rientranti nell’ambito di applicazione della CIGO, la possibilità di licenziare è inibita ai datori di lavoro che abbiano presentato domanda di fruizionedegli strumenti di integrazione salarialeper tutta la durata del trattamento e fino al massimo al 31 dicembre 2021;
  • sempre fino al massimo al 31 dicembre 2021, ai sensi dell’art. 3 del decreto legge n. 103/2021, il divieto di licenziamento si protrae per le impresecon un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a 1.000 che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale.

 

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