ROMA – È continua l’azione di contrasto di droga in carcere che vede costantemente impegnato il personale di Polizia Penitenziaria. L’ultimo episodio ieri, nella Casa circondariale Nuovo Complesso di Rebibbia a Roma, quando il personale di Polizia Penitenziaria in forza al reparto colloqui, con l’ausilio delle unità cinofile, ha individuato e fermato una donna che si accingeva ad effettuare un colloquio con un proprio familiare. A dare la notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, per voce del segretario del Lazio Maurizio Somma: “Ieri mattina, nell’ambito di una attività di Polizia finalizzata al contrasto di introduzione in Istituto di sostanze stupefacenti, Personale dell’ufficio colloqui e comando ha portato all’arresto in flagranza di reato di una donna, convivente di un detenuto, per detenzione illecita di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Grazie anche alla collaborazione delle unità cinofile, la donna è stata intercettata durante i controlli dei familiari dei detenuti che accedono in carcere per colloqui. Notata particolarmente agitata e sottoposta a perquisizione personale si scopriva con addosso una considerevole quantità di cocaina che aveva occultato nelle proprie parti intime. Fondamentale l’intervento del cane antidroga e de Personale di Polizia Penitenziaria. Diversi sono ormai gli arresti e le denunce in stato di libertà presso l’ufficio colloqui per evitare l’introduzione di telefoni cellulari e droga in Istituto”.
Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, rileva che nelle carceri italiane “più del 30% circa dei detenuti è tossicodipendente ed anche più del 20% degli stranieri ha problemi di droga” e che ”nonostante l’Italia sia un Paese il cui ordinamento è caratterizzato da una legislazione all’avanguardia per quanto riguarda la possibilità che i tossicodipendenti possano scontare la pena all’esterno, i drogati detenuti in carcere sono tantissimi’‘.
”Ogni giorno, la Polizia Penitenziaria porta avanti una battaglia silenziosa per evitare che dentro le carceri italiane si diffonda uno spaccio sempre più capillare e drammatico, stante anche l’alto numero di tossicodipendenti tra i detenuti. L’hashish, la cocaina, l’eroina, la marijuana e il subutex – una droga sintetica che viene utilizzata anche presso il SERT per chi è in trattamento – sono quelle che più diffuse e sequestrate dai Baschi Azzurri. Ovvio che l’azione di contrasto, diffusione e consumo di droga in carcere vede l’impegno prezioso della Polizia penitenziaria, che per questo si avvale anche delle proprie Unità Cinofile. Questo fa comprendere come l’attività di intelligence e di controllo del carcere da parte della Polizia Penitenziaria diviene fondamentale. Noi – conclude il leader del SAPPE – riteniamo sia preferibile che i detenuti tossicodipendenti, spesso condannati per spaccio di lieve entità, scontino la pena fuori dal carcere, nelle comunità di recupero, per attuare ogni sforzo concreto necessario ad aiutarli ad uscire definitivamente dal tragico tunnel della droga e, quindi, a non tornare a delinquere. Spesso, i detenuti tossicodipendenti sono persone che commetto reati in relazione allo stato di malattia e quindi hanno bisogno di cure piuttosto che di reclusione”.