Presentata “Tempesta” di Sebastiano Tringali

DI ANNA MARIA STEFANINI-

VITERBO – È andata in scena ieri sera, 17 luglio, alle 19,30, presso l’area delle antiche terme di Ferento, l’opera drammaturgica Tempesta dall’Eneide, di Sebastiano Tringali con la regia e coreografia di Aurelio Gatti, con Sebastiano Tringali, e con Lucia Cinquegrana, Valeria Busdraghi, Paola Saribas, per la produzione Ass.ne Mimo Danza Alternativa – MDA Produzioni Danza.

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Gatti è un maestro dell’arte scenica e, dopo una ricognizione nel luogo dello spettacolo, prende una singolare decisione: scarta il palcoscenico dell’area Terme di Ferento e, dopo una prova con la sua equipe, decide di far interpretare “Tempesta” sul verde di Ferento, alle spalle del colonnato. Sicuramente una scelta ardita, ma anche un’idea geniale, che ha dato alla rappresentazione un’atmosfera magica, gradita dal pubblico che ha decretato il successo con calorosi applausi. I colori caldi del tramonto estivo, uniti alla bravura degli interpreti, hanno scatenato una «tempesta» di emozioni che ha coinvolto gli spettatori trasportandoli
simbolicamente su quelle “carrette del mare”, immersi nel buio, in balia delle onde, dove
gli attimi diventano l’eternità.

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Memorie di una vita vissuta mai abbastanza, interrotta
dalla tempesta di ricordi che si mischiano inutilmente alle speranze di un futuro negato.
Il respiro silente del mare è filo conduttore della «Tempesta». La via del mare, la via della speranza, il nubifragio, la tempesta, la costa che è ancora lontana. La morte.

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È possibile trovare parallelismi non lontani tra poesia, cronaca e attualità.
Non stupisce così che, anche nel viaggio di un Grande Classico come l’Eneide, si incontri col tema dell’immigrazione: un gruppo di pagani che sfuggono da un’invasione vera e propria
(la guerra dei Greci contro Troia), perpetrata con violenze di ogni genere fino ad
operare una vera e propria sostituzione etnica.
L’Eneide inizia con una tempesta: e non una tempesta qualunque, ma un perfect storm virato sul mito, un’ arci-tempesta in cui tutti i venti a disposizione di un dio intervengono a recare la maggior devastazione possibile. Quella tempesta rispecchia in fondo qualcosa che 1′ uomo/Enea ha dentro: è un punto di rottura interiore, e quel gridare dell ‘uomo/eroe è rivelante.
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Il mare, la sua vastità, il suo respiro … il silenzio che talvolta è parte di esso. Non più storie di uomini e di mare, ma l’emozione di un “Mare”; non più vita, non più incontro o prospettiva. Un percorso di sola lirica e
stupefazione in cui i ricordi si mescolano con la memoria presente e l’intuizione del tutto. L’attore diventa così il luogo e lo spazio di “Transito” di infinite e imprevedibili vicende, mentre la danza respira una vita desiderata e “mai vissuta abbastanza”.

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