Franco Ferrarotti è stato il fondatore della sociologia italiana; della sociologia come scienza, non come una sorta di filosofia o di repertorio di vario opinionismo sociale, come qualcuno ancora la pratica e l’intende.
Ero un giovane ricercatore che si stava specializzando in sociometria, quando mi ammonì benevolmente scorrendo i miei scritti che gli avevo presentato per una revisione: “ Sì, ottimo… però non si dimentichi che il sociologo deve sempre sottoporre ad una valutazione critica i fenomeni sociali: non solo misurarli”.
“ Ci mancherebbe altro” gli risposi “ lo ha scritto a chiare lettere nel suo manuale e nel suo La sociologia come partecipazione!”. Posso sintetizzare in queste battute l’importanza determinante dell’insegnamento di Franco per tutti i sociologi italiani.
Lascio ai biografi l’elenco notarile delle imprese e dei meriti di questo gigante della cultura scientifica italiana ed europea. Preferisco vedermelo di fronte come uno dei miei maestri, certo il più illustre, assieme ai Gianni Statera, Tullio Tentori, Eraldo de Grada, Vittorio Somenzi e Franco Leonardi.
Ho avuto l’onore di ereditare la sua cattedra, quando andò in pensione. Mi disse: “Sono contento che prenda la mia cattedra; ma la scrivania nello studio me lo porto a casa” Ci ridemmo su.
Personaggio talentuoso, in ogni caso; arguto, talvolta avventuroso e avventuriero tanto nelle sue scorribande americane di sessant’anni fa che nei suoi lavori innovativi tra le periferie romane. Ha scritto di tutto, grazie alla sua curiosità inappagata per l’Essere Umano e alla volontà di comprendere l’origine dei problemi della convivenza sociale e di individuare le strade per la loro soluzione. Una sociologia partecipante, appunto, non distaccata ed estranea, persino da tradurre anche in politica ove servisse ( come fece da deputato nei primi anni ‘60 ) e tuttavia legata sempre alla sua vocazione prioritariamente scientifica.
Ricordo che alle sue lezioni si presentavano studenti di facoltà apparentemente estranee agli studi sociopolitici – ingegneria, medicina – tanto per ascoltare la sua eloquenza stimolante e provocatoria. Ho sempre cercato, forse vanamente, di seguirlo anche su questa strada. Perché lo studente, l’uditore va appassionato, mai solo informato.
Qualche anno fa, già alle soglie dei novant’anni, presentando un mio libro si vide circondato di suoi (e soprattutto sue…) fans. Ci scambiammo uno sguardo d’intesa e mi fece cenno come a dire “ che ci vuoi fare, sono il migliore…”; la sua ironia, espressa talvolta con uno sguardo accigliato che faceva tremare i polsi ai suoi allievi più giovani, ma anche ai suoi malcapitati avversari, è sempre stata vincente.
Quest’estate mi propose di andarlo a trovare nel suo studio prima di Natale, voleva farmi vedere non so cosa, credo un progetto di ricerca. Tanti per dire…
Grazie di tutto, Franco.
Francesco Mattioli