Elvis: il biopic di Baz Luhrmann sul Re del Rock

di NOEMI GIACCI-

Elvis (2022), presentato fuori concorso alla 75ª edizione del Festival di Cannes e poi uscito nelle sale italiane il 22 giugno 2022, è lo spettacolare ritorno sul grande schermo del regista australiano Baz Luhrmann. Dopo nove anni dal suo ultimo film, Il grande Gatsby (2013), decide di omaggiare il Re del Rock: Elvis Presley.
Il biopic, distribuito dalla Warner Bros, ha ricevuto 8 candidature ai Premi Oscar 2023: miglior film, miglior attore, migliori costumi, miglior sonoro, miglior trucco e acconciatura, migliore scenografia, migliore fotografia e miglior montaggio. Dal 13 marzo 2023, il giorno dopo la Notte degli Oscar, Elvis è disponibile in streaming su Sky Cinema.
Attraverso gli occhi del Colonnello Parker: creatore e distruttore Il film ripercorre la nascita, l’ascesa e la fine del grande Elvis Presley. Luhrmann racconta la storia del cantante di Memphis da un punto di vista inaspettato: tramite i ricordi del Colonnello Tom Parker. Al lui si deve il merito di aver scoperto la star del rock, di cui diventò il manager. Ma a Parker viene attribuita anche la distruzione stessa del cantante, che chiuse in una prigione dorata fatta di viscidi complotti, con lo scopo di tenerlo legato a sé nella veste della sua “gallina dalle uova d’oro”.
Luhrmann decide di partire dalla fine: è il 20 gennaio 1997, il Colonnello ha un malore e viene ricoverato in ospedale. Sul letto di morte, giunto alla fine dei suoi giorni, la sua voce narrante e la sua presenza fisica ci accompagnano in un viaggio nella vita professionale e privata di Elvis, e negli gli avvenimenti storici e culturali degli Stati Uniti di quegli anni che fanno da sfondo alle vicende.
Non è la prima volta che Luhrmann comincia dalla conclusione della storia. Sappiamo fin dal principio che i protagonisti dei suoi film sono destinati a non sopravvivere: Romeo e Giulietta in Romeo + Giulietta di William Shakespeare (1996), Satine in Mouline Rouge (2001), Jay Gatsby ne Il grande Gatsby (2013). Attraverso flashback, digressioni e salti temporali siamo messi al corrente del vissuto di questi personaggi. Elvis non fa eccezione e segue questa dinamica ormai collaudata, che personalmente ritengo essere uno dei fattori più peculiari e affascinanti della filmografia del regista.
Lo stile: “The Lhurmann Touch”
Tutti i cinefili avranno sentito nominare almeno una volta il famosissimo “The Lubitsch touch”, del regista Ernst Lubitsch, caratterizzato da allusioni, momenti di non detto, di non mostrato, che però risultano esaustivi quanto le immagini. Anche Luhrmann si può dire essere un regista caratterizzato da uno stile fortemente riconoscibile. Il suo “tocco” sta nello sfarzo, negli eccessi, nei costumi sfavillanti, nei contrasti tra visivo e sonoro, nei movimenti aerei di macchina che si contorcono velocemente, nell’eccesso dei suoi personaggi. Le sue opere sono impregnate di elementi spettacolari e iconici, mai però sopra le righe in modo eccessivo ma in armoniosa coerenza con la totalità.
Una menzione particolare va fatta al glamour dei costumi, che sono anche frutto di collaborazioni con protagonisti del settore della moda. La stilista Miuccia Prada, insieme a Miu Miu, ha infatti firmato i costumi per Elvis, tornando a collaborare con Baz Luhrmann e la costumista Catherine Martin dopo Romeo + Giulietta e Il grande Gatsby.
Austin Butler: una stella nascente
La vera rivelazione del film è senza dubbio il suo attore protagonista: Austin Butler.
Butler, giovane attore statunitense, è conosciuto soprattutto per la serie The Shannara Chronicles (2016–2017) e per aver lavorato con importanti registri: Jim Jarmusch ne I morti non muoiono (2019) e Quentin Tarantino in C’era una volta a… Hollywood (2019).
La sua interpretazione attoriale è magnetica e intensa. Ci restituisce Elvis in tutto e per tutto, indipendente dalla somiglianza fisica: nei gesti, nelle movenze, nelle intenzioni, nelle inflessioni vocali, che inoltre ha continuato a mantenere per mesi dopo la fine delle riprese. Non cade nella caricatura e nella parodia, molto facile quando ci si approccia ad n personaggio iconico come Elvis Presley.
Il ruolo gli ha portato grandi soddisfazioni: un BAFTA come migliore attore protagonista e un Golden Globe per miglior attore in un film drammatico. Sicuramente dopo questa performance, che ha rivelato la sua versatilità e bravura, per lui sarà l’inizio di una stupenda fase della sua carriera.
Il Colonnello Parker è invece interpretato dal mitico Tom Hanks, a tratti quasi irriconoscibile a causa del pesante trucco scenico, che si cala egregiamente nella parte dell’odiato antagonista della storia.
La musica, l’altra protagonista
Protagonista al pari di Butler è ovviamente la musica, il fulcro di Elvis e di ogni pellicola di Luhrmann, il quale gioca in modo sempre originale con le sue colonne sonore. Quella di Elvis è composta dai numerosi brani del Re del Rock. Nelle canzoni dei primi anni, Hound Dog e Trouble, è lo stesso Butler che canta, mentre per quelle degli anni successivi la voce dell’attore è stata mixata con quella di Presley. Non mancano reinterpretazioni e remix dei classici: possiamo ascoltare la stupenda Can’t Help Falling In Love eseguita da Kacey Musgraves e That’s All Right interpretata da Swae Lee e Diplo, con il nuovo titolo di Tupelo Shuffle.
I titoli di coda si aprono con The King And I di Eminem e Cee Lo Green, proseguendo con If I Can Dream nella versione dei Måneskin. Per un totale di 36 tracce la colonna sonora non snatura e porta rispetto alla discografia dell’immenso artista.
Vorrei concludere ritornando all’origine, all’inizio del film. Emblematica è l’apertura del biopic, in cui vediamo scintillare il logo della Warner Bros e sentiamo cantare alcune strofe di Suspicious Minds, canzone che farà da filo conduttore: «Let’s don’t let a good thing die». Elvis Presley ha provato a non far morire l’amore per il suo pubblico e per la musica, anche quando intorno a lui cominciava a stringersi quella gabbia dorata in cui si è ritrovato prigioniero: «We’re caught in a trap, I can’t walk out, because I love you too much baby». Ed è proprio il tentativo di salvare quell’amore viscerale il punto di forza del film, della persona e soprattutto della musica dell’immenso Re del Rock. Perché Elvis, prima di essere il mito che ha rivoluzionato il mondo della musica, è semplicemente un essere
umano con le sue fragilità, alla costante ricerca di se stesso e dell’amore.

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