di MARIELLA ZADRO –
VITERBO – La sala Assemblee di Palazzo Brugiotti, della Fondazione CARIVIT in via Cavour n.67 in Viterbo, non riesce a contenere il numeroso pubblico intervenuto venerdì 10 gennaio per il primo incontro 2025 organizzato dall’Ass.ArcheoTuscia, dove si è parlato di uno dei più importanti complessi storici della nostra città: la chiesa dei santi Giuseppe e Teresa, con attiguo il convento dei Padri Carmelitani ed un ex tribunale, dove sono stati celebrati alcuni dei processi più importanti nella storia criminale italiana.
Luigi Pasqualetti, presidente della Fondazione Carivit, nel salutare e ringraziare relatori e pubblico, ha sottolineato l’importanza del convegno, precisando che sarebbe stato meglio anticiparlo per determinare insieme alle realtà del territorio, una destinazione più adeguata per tutto il complesso.
Ha moderato l’incontro Luciano Proietti, presidente di ArcheoTuscia che ha presentato i relatori: il critico d’arte Enrico Anselmi, Angelo Allegrini ex direttore dell’Archivio di Stato, l’ispettore onorario del Ministero della Cultura Felice Orlandini, Giulio Marini ex sindaco e Carlo Maria Scipio ex Magistrato.
In sala tra il pubblico, oltre a molti soci dell’associazione organizzatrice, Silvio Cappelli dell’associazione Take Off, il pittore Marco Zappa autore dell’opera “Giudizio” all’interno della chiesa , l’assessore ai lavori pubblici Stefano Floris e l’ex sindaco Giovanni Arena.
Il critico d’arte Anselmi, ha ripercorso la storia della chiesa, che come cita il G. Signorelli, (Viterbo nella Storia della Chiesa, Vol. I-III, vari anni) è stata edificata nel 1634 sulle rovine del palazzo Gatti e donata con l’annesso convento ai Padri Carmelitani Scalzi da Domenico Montani, canonico di S. Maria in Trastevere, una volta terminata la costruzione del convento nel 1640, i Carmelitani vi si trasferirono e nel 1648 aprirono al culto l’annessa chiesa dedicata a S. Giuseppe e S. Teresa, che col tempo divenne una delle chiese più belle della città di Viterbo.
Successivamente subì altre modifiche e trasformazioni, assumendo l’aspetto definitivo, sino a quando non venne ridotta deturpandola, a sede della Corte d’Assise, nell’ultimo quarto del XIX secolo.
Era a croce latina e a tre navate con tre cappelle ciascuna, comunicanti tra loro tramite piccole porte. Tra le cappelle gentilizie della chiesa, ve ne era una eretta dal famoso pittore viterbese Francesco Romanelli, (morto nel 1662) dove volle essere sepolto.
Angelo Allegrini ha illustrato la documentazione relativa al complesso, depositata presso l’Archivio di Stato di Viterbo.
In particolare ha ricordato i processi importanti che sono stati svolti nell’ex tribunale: il maxi processo alla camorra, agli inizi del Novecento, il primo della storia, seguito dalla stampa di tutto il mondo; quello a Gaspare Pisciotta; la banda di Salvatore Giuliano, per la strage di Portella della Ginestra del primo maggio 1947;per concludere con i processi degli anni ’70 e ’80 alla banda di Renato Vallanzasca e all’organizzazione terroristica di Prima Linea che a Viterbo uccise i carabinieri Pietro Cuzzoli e Ippolito Cortellessa.
“In conclusione, dice Allegrini, un luogo sacro in cui sono stati sepolti uomini e famiglie, un’aula in cui sono stati raccontati pezzi della storia del nostro Paese, che ha visto svolgersi il destino di tante vite, credo che meriti una destinazione più nobile di un mercato di patate”.
Dello stesso avviso, è anche l’ex sindaco Giulio Marini che ha ricordato che proprio nell’anno 2000, dopo il problema di stabilità del Museo Civico “Luigi Rossi Danielli”, l’amministrazione comunale propose di trasformare la chiesa in palazzetto della cultura.
Ad oggi, sarà da valutare molto bene l’uso della chiesa, è probabile che all’interno ci sia la tomba del pittore Giovanni Francesco Romanelli, artista viterbese, di notevole importanza anche a livello europeo.
L’ispettore Orlandini, nel suo intervento, ha invitato il pubblico ad una lettura approfondita dell’Art. 9 della nostra Costituzione che stabilisce il ruolo dello Stato nella tutela del patrimonio artistico e storico promuovendo ricerca e cultura.
La conferenza, si è conclusa con l’intervento dell’ex Magistrato Scipio che proprio per il suo lavoro, ha ricordato che nel maggio 1874 la Chiesa fu sconsacrata e ceduta al Comune di Viterbo che la destinò a sede della Corte d’Assisi e, come già accennato , in quella splendida aula, rimasta ancora oggi come allora, si celebrarono processi che, nel tempo, hanno inciso nella realtà della vita della nostra Nazione.
“Ricordando che il futuro della nostra città potrà avere significato e sostanza solo se avremo saggio ed intelligente rispetto per le nostre radici, invito, facendo appello all’Amministrazione comunale e a tutti gli addetti ai lavori, di ripensare la destinazione del complesso nel rispetto della storia”.
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