Fausto Bertinotti a Viterbo: “La Politica è morta, ora regna la governabilità”

di MARIA ANTONIETTA GERMANO –

VITERBO – “Aprirebbe oggi la crisi di governo? Sì, è la risposta secca”.  Ieri, 12 febbraio, nello Spazio Caffeina (via Cavour 9) l’ospite speciale della serata è stato il politico di lungo corso Fausto Bertinotti, ex segretario del Partito di Rifondazione comunista ed ex presidente della Camera dei deputati, pronto a festeggiare i suoi primi 80 anni a Roma (Palazzo delle Esposizioni, domenica 22 marzo). L’incontro di Viterbo è stato organizzato da Giancarlo Torricelli, dirigente della “Sinistra civica per la Tuscia” e coordinato dal giornalista Carlo Galeotti, Sala piena. Applausi e tante domande dal pubblico.

“Abbiamo l’impressione – ha detto Torricelli nell’introduzione – che la politica sia eccessivamente poggiata su una dimensione del governo, sulla dimensione dell’esistente, sulla dimensione del presente ed abbia perso l’ambizione, la capacità, la voglia di interpretare i movimenti che avvengono nella società. Per questo stiamo cercando di creare una nuova associazione. Si chiamerà “Liberazione” (in ricordo del quotidiano comunista un tempo in edicola).

Tanti i temi sul piatto tra Europa, geopolitica, giustizia, disuguaglianze, e governabilità.

La chiacchierata amabile inizia con un ricordo di Carlo Galeotti su Vittorio Bachelet. Giurista, politico, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Ucciso a Roma dalla Brigate Rosse il 12 febbraio 1980. “Bachelet l’ho conosciuto – ha detto Bertinotti – uomo di grande prestigio intellettuale, era così considerato non solo per la sua sapienza ma anche per la sua umanità. Ricordo le parole del figlio: “nell’anniversario della morte di mio padre, dobbiamo constatare che i suoi assassini sono liberi e non sono in carcere. Sono certo che mio padre ne sarebbe contento”, questa manifestazione di civiltà giuridica è un insegnamento straordinario, dovrebbe diventare linguaggio corrente e comune. Noi stiamo diventando un paese che sembra gradire soltanto il rumore delle manette. Quella in vigore oggi.

Guardare la discussione sulla prescrizione – continua – argomenti che hanno una capacità di penetrazione in un popolo sofferente che soffre prima di tutto le ingiustizie. Ad avvalersi della prescrizione sono soprattutto i ricchi che hanno possibilità di accedere ad avvocati di grandi qualità che la tirano in lunga. In realtà la maggioranza delle prescrizioni avviene prima che comincino i processi, e la maggioranza delle prescrizioni riguarda i poveri diavoli non i ricchi. Se tu Stato non sei in grado di avviare e concludere un procedimento giudiziario alla fine del quale tu mi dica in tempi congrui se sono colpevole o innocente, vuol dire che se devi condannare me non un’altra persona, perché dopo 20 anni io sono un’altra persona. Condanni la persona che non sai più chi è, come vive, cosa pensa. Allora la prescrizione non è una bellissima cosa ma una misura elementare, è una salvaguardia della persona.

“Perché non interrogano la politica? Perché la politica è fuoriuscita dalla sua storia. La storia della politica che abbiamo conosciuto è quella del Novecento, un secolo fa. Notevole per il cambiamento, terribile per le guerre mondiali. La politica in quel secolo ha consentito a milioni di persone umili di poter essere protagoniste della storia del mondo. Era grande perché aveva una ideologia, produceva una visione del mondo, aveva una capacità formativa ed educativa straordinaria. Una idea interpretativa del mondo a coloro che vi aderivano. Le parole erano pietre.

“In quella politica – continua Bertinotti – i partiti si chiamavano con nomi che davano l’idea del mondo: comunista, socialista, democratico cristiano, liberale. Davano conto di che idea del mondo avevi.

Guardate come si chiamano i partiti oggi: viva l’Italia, abbasso l’Italia, il nome di una pianta, di un cactus: tutti i nomi dei partiti sono apolitici, non dicono niente del futuro, sono nomi che omettono il futuro, sembrano squadre di calcio e anche le diviso sono quelle, perché sono povere. Vi ricordare i colori di un partito oggi in Italia? I partiti prima riempivano le piazza dei loro colori, con le bandiere, un processo di popolo. C’era anche la contesa per il potere, anche.

“Il Pci fino agli anni ‘70 era fuori dalla politica governativa ma aveva consensi. La frenesia di oggi tutti i partiti si giustificano chiedendo consensi per andare al governo. Tu voti per portare al governo questo o quel partito ma non puoi votare per quello che faranno al governo, perché è già deciso. Come diceva Mario Draghi, in una condizione crisi di governo che non sa operare, innestiamo il pilota automatico.

“C’è un governo reale che magia un governo formale. E’ teleguidato dalla grandi forze della globalizzazione mondiale, dai centri di poteri e da una cultura della governabilità: cioè che vai al governo non per fare delle cose, ma per governare.

“E infatti non sono più i partiti che vanno al governo ma è il governo che sceglie i partiti. E quando si è costituito, poiché nessuno si può permettere di farlo cadere, è il governo che attrae le forze per poter stare in piedi. Anche nel tempo di Giolitti era così, si prendeva il consenso in parlamento sul fenomeno che si chiamava trasformismo. Cioè la possibilità di passare da sinistra a destra senza colpo ferire, in modo da preservare la governabilità.

“In questi tempi la politica muore e prende il suo posto la governabilità. E tutti i politici litigano tantissimo, si scontrano violentemente ma mai su ciò che riguarda il futuro della società. Sono sempre cavalli gonfiati con discussioni che non investono mai sul futuro.

La Politica è priva del futuro perché si è privata del passato e non può immaginare il futuro. Siamo in un tempo in cui è calata una damnatio memoriae sul Novecento. Siamo arrivati all’aberrazione in cui il Parlamento europeo equipara il comunismo con il fascismo. E non abbiamo più la capacità di indignarci.

“A dire le parole fuori dal coro resta solo il Papa. Dobbiamo quindi rimetterci in cammino e ricominciare da capo, dai legami sociali e dalla ricerca di una società diversa.

“Guardate l’Europa, oligarchica. Dove le persone non decidano niente. Un’Europa priva di un modello di sviluppo. Un tempo ce l’aveva. Ed era quello che i tedeschi chiamavano economia sociale di mercato.

“E la sinistra? Vediamo una sinistra sconfitta, inesistente. Soprattutto quella politica. “Vive ancora nei movimenti, nel volontariato. Vive in realtà sociali come quella delle sardine”. E azzarda: “Il movimento delle sardine e il festival di Sanremo di quest’anno si assomigliano. Tutti e due sono fuori dall’onda d’odio e paura voluta da Matteo Salvini. Sono una cosa accogliente, in cui ci stanno tutti. Un messaggio di accettazione. Un rifiuto della barbarie provocata dalla destra oltranzista. La nuova sinistra dovrebbe ripartire anche da qui”.

 

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