Francesco Mattioli interviene sulla presentazione del libro del generale Vannacci

VITERBO- Riceviamo e pubblichiamo: “Non sono andato alla presentazione del libro del generale Vannacci; preferisco frequentare altri piani culturali, dove posso apprendere, condividere, discutere per crescere: non sono interessato alle nugae, come direbbe Catullo.
Non ho neppure letto interamente il parto delle convinzioni morali del generale, perché ci sono letture migliori da valutare criticamente, quelle che provengono da un livello culturale e intellettuale provveduto anche – e spesso meglio – se divergente dal proprio.
Se il generale avesse tenuto una conferenza su come stare in guerra senza cercare di aggravarla, ma anzi provando a fare peace keeping, l’avrei ascoltato volentieri. Se avesse scritto un libro sul tema, lo avrei letto con intertesse. E’ il suo campo professionale e ha occupato posizioni di vertice che testimoniano la sua competenza a riguardo. Ma quel che scrive sulla società italiana è chiacchiera da bar o da ombrellone, e nulla più. Roba che si può sentir dire da chiunque, dall’impiegato/a di banca al ciabattino, dal/dalla dirigente d’azienda all’operaio/a, senza che ne scrivano trecento pagine di libro. Sono giudizi individuali, espressi a pelle e sovente senza altra cognizione di causa che la propria soggettiva ispirazione personale.
Il generale sostiene di aver fatto studi di ingegneria, ma temo che poco abbiano a che vedere con l’analisi sociopolitica. Ha tre lauree, si dice, ma sono lauree di scienze militari e diplomatiche che sfiorano appena, a volo d’uccello, una competenza di carattere socioantropologico. Quindi, quel che è ovviamente libero di dire e scrivere manca tuttavia di autorevolezza culturale e scientifica.
In ogni caso, come ho già sostenuto, intendo bocciare il generale su alcuni argomenti prettamente sociologici. Posso farlo, l’ho fatto per quarantaquattro anni alla Sapienza, in nome e per conto dello Stato Italiano, così come lui ha fatto per il suo lavoro. E una bocciatura sociologica non è certo una medaglia da appendersi al petto, neppure a quello di un generale.
La normalità. Non esiste come valore assoluto, è una convenzione culturale che cambia nel tempo e nello spazio. E’ persino socialmente pericoloso statuirla una volta per tutte. Duemila anni fa la schiavitù era normale; non lo è più. Quindi, generale: bocciato.
L’eccesso di esibizione delle proprie idee. Il generale lo imputa ai movimenti lgbt; probabile che talvolta tali movimenti eccedano. Ma è un atteggiamento comune in tutti i processi di cambiamento, e a chi vuole sostenere le proprie idee. Si chiama rivendicazione, retorica e ritualità identitaria. Io e il generale lo facciamo assieme, quando ascoltiamo l’inno nazionale o rivendichiamo il diritto alla libertà d’opinione. Quindi, generale, bocciato.
L’italianità. E’ cittadinanza, cultura. Non si misura sul dna, quindi sul colore della pelle. Se così fosse l’italianità non esisterebbe, perché sarebbe complicato mettere assieme sangue celtico e slavo (Norditalia), preitalico (Sardegna), villanoviano (Centroitalia), greco e mediorientale (Suditalia). Quindi, generale, bocciato.
Il politicamente corretto. Ovviamente anch’esso ha i suoi insopportabili Torquemada. Ma di qui ad essere contro di esso, significa fare di ogni erba un fascio (oops…); è sui principi del politicamente corretto che si fonda la nostra Costituzione, che lei ha giurato di servire. Quindi, generale, bocciato.
La lettura a scuola di Mein Kampf di Hitler per conoscere la storia. Le chiedo: per conoscere meglio la società e rendersi conto delle abiezioni sessuali lei farebbe vedere un film porno ai suoi figli? Immagino di no. Quindi, generale, bocciato.
Infine. Lei sostiene di interpretare il pensiero della maggior parte degli italiani. Ne è sicuro, o il suo è solo un confirmation bias? Ha letto o condotto indagini scientifiche sulla questione o è solo una sua “sensazione”? Quindi, generale, bocciato.
Insomma, spero che gli italiani non prendano esempio dalle sue idee. Probabilmente non sono pericolose, ma certo non godono né di tale valenza cultural, né di tale autorevolezza scientifica da farne un best seller.
Ha avuto successo? Mah, forse non sa che il successo mediatico è una cosa strana; vale anche per l’uomo che morde il cane, per lo strangolatore di Boston o per le smanie espresse durante una agitata puntata del Grande Fratello. Ci sarebbe da bocciarlo anche per questo, ma lasciamo stare…”
Francesco Mattioli

 

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