Gabbrielli (ISS): “A lavoro su linee guida per la telemedicina insieme a Società scientifiche”

ROMA – La telemedicina è stato uno dei temi al al centro della IV Conferenza nazionale sull’assistenza primaria, organizzata dall’Istituto Superiore di Studi Sanitari “Giuseppe Cannarella”, on line dal 16 al 18 novembre.

“Stiamo lavorando a linee guida per la telemedicina insieme alle Società scientifiche per garantire il corretto uso della Telemedicina nelle differenti specialità mediche e chirurgiche – dice Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità –. 

Ma non basta, abbiamo bisogno anche di strutturare un sistema italiano di telemedicina, perché il nostro Servizio sanitario nazionale è quasi unico al mondo e non possiamo pensare di fare copia-incolla dai sistemi degli altri Paesi, perché nei nostri territori non funzionerebbero. Ogni volta che si fa un progetto di telemedicina si devono prendere in considerazione le caratteristiche specifiche a livello locale e occorre farlo con un lavoro multidisciplinare. Questo perché da una parte abbiamo tecnologie innovative e da un’altra la difficoltà di modificare processi di lavoro e di aggiornare le normative a livello regionale e nazionale.

Stiamo vivendo – sottolinea – un momento di passaggio anche nella storia della Medicina. Oggi possiamo mettere insieme dati sanitari da fonti diverse e questo ci permetterà di avere un’opportunità mai avuta prima per sviluppare nuove possibilità terapeutiche. Bisogna però tenere i piedi a terra”. Fra le problematiche dell’intelligenza artificiale in sanità che Gabbrielli enumera c’è la difficoltà di costruire una rete di oggetti per cui occorre la certificazione dei dispositivi medici, la banda larga per trasmettere le informazioni, le piattaforme di interoperabilità.  “Le tecnologie da sole non costruiscono cambiamenti reali, – conclude – abbiamo bisogno di organizzare un sistema di telemedicina coerente su tutto il territorio nazionale in modo da erogare dei veri servizi sanitari utili alle persone e non solo esperienze scientifiche d’avanguardia”.

Sull’uso della telemedicina da parte dei medici di medicina generale Gabbrielli aggiunge: “Un sistema unico avrebbe poco senso. È molto difficile da fare e da mantenere nel tempo e i benefici potrebbero essere limitati. È bene che il sistema di telemedicina venga adattato alle varie realtà, incrociando le caratteristiche dell’area geografica con l’insieme delle problematiche del paziente. Ecco perché non è bene che la telemedicina sia improvvisata.

Nei primi mesi di emergenza sanitaria da COVID-19 molti medici si sono ingegnati per riuscire a restare in contatto a distanza con i loro pazienti. Questo in situazione di necessità va bene, è comprensibile e anzi chi lo ha fatto andrebbe ringraziato, ma l’improvvisazione non può essere usata come metodo per creare un sistema duraturo. Dobbiamo utilizzare un modello di telemedicina che duri nel tempo, oltre l’emergenza sanitaria”.

“L’intelligenza Artificiale (IA) rappresenta uno strumento formidabile. Certamente la classe medica ha la necessità di attrezzarsi per una formazione adeguata perché queste nuove tecnologie possano essere integrate nella quotidiana attività anche clinica. Un attore importante nei percorsi formativi sono le Società Scientifiche che hanno il compito della crescita professionale post Laurea e che accompagnano i professionisti nella loro vita professionale.

Il compito delle Società è anche quello di “traghettare verso il futuro “ garantendo elevata competenza” perciò è indispensabile muoversi in tal senso come noi AMD stiamo facendo da almeno 5 anni”, afferma Nicoletta Musacchio, Diabetologa, già presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD). “Una caratteristica degli algoritmi di Intelligenza Artificiale trasparente è quella di non decidere in modo automatico e di rendere espliciti i modelli ed i “ragionamenti “sottesi alle decisioni che prende e suggerisce. Questo ma consente a un clinico di intervenire ed in qualche modo “orientare il ragionamento della macchina.

La capacità che l’IA di elaborare milioni di dati associata a quella  di “vedere “ step by step il modello che la macchina elabora permette anche di tirare fuori dai dati tanta conoscenza” nascosta “Potrei  ritrovarmi con ipotesi e suggerimenti che non ero in grado di immaginare e prevedere Questo aspetto è molto interessante e ci potrebbe permettere, di scrivere nuove pagine di medicina. L’intelligenza artificiale, come tutta la tecnologia non va demonizzata né divinizzata.  Può rappresentare una ricchezza importante ed è un dovere della classe medica conoscerla. Dobbiamo cominciare a farlo davvero e subito per arrivare preparati”.

Chi punta sul coinvolgimento dei pazienti nella costruzione dei processi di telemedicina è Alberto Eugenio Tozzi, Responsabile di Area delle Malattie Multifattoriali e Complesse dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. “Il paziente va ascoltato – osserva – e deve essere protagonista per qualsiasi risorsa ad esso dedicato. Spesso la strategia e il percorso digitale sono concetti elaborati dal medico e quasi mai c’è una partecipazione attiva. Farlo è un modo eccellente per stabilire una partnership per raggiungere gli obiettivi. Qualche volta la necessità di comunicare le evidenze al paziente crea delle difficoltà perché un testo tecnico è difficile essere letto da tutti. Ecco allora che si può implementare la fruizione con video e immagini”.

Sempre sul ruolo che possono avere i pazienti nella valutazione delle tecnologie si concentra Maria Teresa Petrangolini, Direttore del Patient Advocacy Lab ALTEMS dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Esperto facilitatore della partecipazione dei cittadini presso l’Assessorato Sanità Regione Lazio. “I pazienti – spiega – possono indicare gli aspetti negativi di una tecnologia. Una assistenza primaria efficace senza tecnologie avanzate non può esistere, così come senza una valutazione trasparente e senza l’empowerment dei cittadini”.

Il laboratorio diretto da Petrangolini dal 2017 lavora per aumentare le competenze delle associazioni dei pazienti. “Con la Regione Lazio – ricorda – stiamo cominciando a lavorare insieme per il coinvolgimento dei pazienti per cui è importante evitare l’accesso in ospedale. Abbiamo fatto un’indagine su cosa hanno fatto 45 associazioni dei pazienti durante la pandemia e analizzato 102 azioni, fra cui la digitalizzazione dei servizi ai pazienti e la consegna dei farmaci. La metà dei servizi erano già erogati e sono stati potenziati ma il 48% sono nuove azioni”.  E infine sull’Health technology assessment aggiunge: “Può dare una mano nello sviluppo dell’assistenza sul territorio perché nel suo procedimento coinvolge anche i cittadini. La valutazione infatti non è solo legata agli oggetti ma alle modalità assistenziali”.

La sessione dedicata alla telemedicina è stata moderata da Carlo Favaretti, Segretario del Centro di Ricerca e Studi sulla Leadership in Medicina, Università Cattolica del Sacro Cuore, Presidente onorario della Società Italiana di Health Technology Assessment (SIHTA), e Giandomenico Nollo, Professore di Bioingegneria Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Trento, Vice Presidente Vicario della SIHTA.

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