“Geotermia tra faglie attive e vulcani?”, concluso l’incontro-dibattito a Montefiascone

MONTEFIASCONE ( Viterbo) – L’incontro-dibattito “Geotermia tra faglie attive e vulcani?”, che si è tenuto sabato 1 febbraio 2020 alla Rocca dei Papi di Montefiascone (VT), ha messo in evidenza la vulnerabilità sismica del nostro territorio. Alla luce di questa conoscenza, basata sulle più recenti evidenze scientifiche internazionali, si è potuto analizzare la idoneità o meno dell’area allo sfruttamento delle risorse geotermiche. Una ventina di titoli minerari, con una estensione complessiva di circa 1000 km quadrati, circondano totalmente il lago di Bolsena e tutti i territori vicini, coinvolgendo ben 31 Comuni.

Il convegno ha visto la presenza del Sindaco Massimo Paolini ed è stato ideato e fortemente voluto dall’assessore all’ambiente Rita Chiatti, la quale ha sottolineato come si possa parlare di Ambiente e di economia integrale solo conoscendo la genesi, le particolarità e la fragilità del territorio abitato. “La nostra è la difesa contro l’attacco di una geotermia speculativa – ha detto l’assessore Chiatti – che ci esporrebbe non solo a possibile inquinamento, ma anche a sismi indotti con magnitudo elevata e forza devastante.”

Durante l’incontro sono state illustrate tutte le ipotesi di ricerca geotermica per le quali sono state avanzate altrettante richieste di ricerca. I 31 Comuni interessati, superando le diversità politiche, hanno unito le loro forze sottoscrivendo l’adesione a un comitato che li vede uniti contro il pericolo della geotermia. Adesione che sarà portata al prossimo consiglio comunale dall’Assessore Chiatti con il benestare del Sindaco Paolini, che nel tempo ha sempre dimostrato vicinanza e sensibilità verso il problema aderendo anche al ricorso depositato al Tar in data 31 ottobre come uno dei primi otto Comuni sottoscrittori, poiché già ricorrenti nelle fasi precedenti del procedimento.

Il vulcanologo di fama mondiale, Giuseppe Mastrolorenzo, è intervenuto a titolo personale e non in quanto membro dell’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. L’esperto di vulcani attivi e di catastrofi naturali, ha inquadrato gli aspetti e le problematiche dell’antico complesso vulcanico Vulsino e del suo esteso sistema geotermico, attualmente oggetto di interesse di ricerca e sfruttamento del fluido geotermico.

È intervenuto al convegno anche il Sindaco di Latera Francesco di Biagi che ha raccontato che, quando si presentò il pericolo geotermia nel suo paese, fu praticamente solo ad affrontare il problema e di quanto sia importante ora questa coesione tra i 31 sindaci sottoscrittori.

Il lago di Bolsena occupa l’area centrale del distretto vulcanico Vulsino, dove eruzioni esplosive e sprofondamenti calderici si sono succeduti per centinaia di migliaia di anni per concludersi circa 130 mila anni fa. Quest’area vulcanica, a sua volta, insieme al distretto vulcanico dell’Amiata, si sviluppa all’interno di una depressione tettonica, il Graben di Siena-Radicofani. Questa depressione è sismicamente attiva, essendo stata interessata da terremoti di magnitudo anche superiori a 5,5 gradi Richter, negli ultimi secoli.

A questa sismicità di origine tettonica, con profondità ipocentrale media e alta, si aggiunge una sismicità più superficiale, localizzata nel sistema idrotermale e in strutture vulcano-tettoniche.

Nel corso del dibattito si è compreso come le faglie attive che delimitano e attraversano, a varie profondità, la struttura geologica estesa qualche migliaio di chilometri quadrati, siano note solo in parte e capaci di generare terremoti in futuro, anche di magnitudo massima pari a quelle registrate storicamente. Altri terremoti avverranno certamente, ma non sappiamo quando. Quello che è noto, è che a causa delle modeste profondità degli ipocentri, delle caratteristiche del suolo e del patrimonio edilizio, anche eventi di moderata magnitudo hanno prodotto in passato gravi danneggiamenti dei centri storici e perdite di vite umane e ciò potrebbe ripetersi in futuro.

Quel che è importante è non sollecitare o “stuzzicare” in profondità il sottosuolo di quest’area, perché l’intervento umano potrebbe provocare un’anticipazione di un terremoto che comunque si verificherebbe, ma più lontano nel tempo. Inoltre, come documentato a livello mondiale, attività di trivellazione, estrazione o reiniezione di fluidi, oltre a innescare terremoti su faglie prossime alla rottura, possono produrre variazioni di pressione, che si traducono in eventi sismici indotti a profondità relativamente basse. Fenomeni di innesco potrebbero “ anticipare” un terremoto che altrimenti si verificherebbe in un futuro nel quale magari il patrimonio edilizio e le comunità residenti nell’area saranno meno vulnerabili all’evento, grazie ad una adeguata prevenzione e messa in sicurezza degli edifici e delle infrastrutture. Inoltre, l’induzione e l’innesco sismico sollevano sostanziali questioni di responsabilità giuridica dei soggetti coinvolti e delle autorità competenti, oltre a questioni di violazione del principio di precauzione e di geoetica.

La rilevante potenzialità geotermica di quest’area è associata a una straordinaria criticità geologico-strutturale ed idrogeologica che la rende estremamente vulnerabile alle attività antropiche di sfruttamento dell’energia disponibile nel sottosuolo.

L’inadeguata conoscenza delle strutture profonde e l’intrinseca imprevedibilità degli effetti di perturbazioni indotte dalle attività di sfruttamento e la valutazione dei massimi rischi potenziali, estesi a più regioni, suggeriscono una adeguata valutazione in termini di Protezione Civile dell’opportunità di sviluppare attività di sfruttamento dell’energia geotermica.

Proprio il principio di precauzione impone di evitare qualsiasi azione della quale non sia possibile prevedere le conseguenze. Come documentato dal rigetto, da parte delle Commissioni Ministeriali preposte, di progetti di centrali geotermiche pilota nell’area napoletana, le attuali conoscenze scientifiche e le metodologie di indagine e prospezione non sono ancora adeguate a garantire lo sfruttamento dell’energia geotermica in condizioni di sicurezza per le popolazioni residenti in aree a rischio sismico e idrogeologico. Questo rischio è ampiamente documentato nell’area dei Vulsini tra cui quella dei comuni attualmente interessati da richiesta e concessioni di sfruttamento dell’energia geotermica.

L’esperto Mastrolorenzo ha dichiarato che “il livello di conoscenza è assolutamente inadeguato a garantire una assoluta sicurezza ed è certamente opportuno una valutazione da parte delle autorità di Protezione Civile.” In queste considerazioni è ovviamente esclusa, per ragioni morali, qualsiasi valutazione in termini di costi/benefici, considerando che tra i costi c’è la potenziale perdita di vite umane, oltre che danni ambientali irreversibili.

Le considerazioni di Mastrolorenzo, documentate in osservazioni inviate negli ultimi anni al Ministero dell’ambiente e alle autorità competenti, derivano dall’esperienza maturata in decenni di ricerca e, più recentemente, dalla valutazione delle criticità di centrali geotermiche nell’area vulcanica napoletana, nonché dalle evidenze a livello mondiale. C’è da auspicare che al più presto si arrivi alla definizione di criteri di valutazione preliminare della compatibilità degli specifici contesti geologici con le attività di sfruttamento delle risorse del sottosuolo.

Varie conferenze sono state organizzate dai Sindaci del territorio, soprattutto nella seconda metà del 2019, a valle della decisione del Consiglio dei ministri favorevole al progetto della centrale binaria di Castel Giorgio. Gli incontri sono stati l’occasione per informare i cittadini di rischi ambientali significativi, non quantificabili e non mitigabili. Da oggi però sappiamo che oltre al rischio di sismicità indotta, va tenuto in considerazione anche la possibilità che l’attività di sfruttamento del fluido geotermico possa perturbare lo stato di stress di faglie attive solo in parte note, con il conseguente possibile innesco di terremoti di maggiore magnitudo, che possono colpire aree estese con effetti anche a notevole distanza dagli impianti.

Tale eventualità è confermata da una vasta casistica a livello mondiale e, in Italia, dalle risultanze del lavoro della Commissione ICHESE, costituita a seguito della crisi sismica che ha interessato l’Emilia nel 2012.

I Sindaci dell’alta Tuscia, alla luce di questo pericolo inaccettabile, hanno deciso di opporsi all’avanzare della colonizzazione geotermica tramite una azione coesa e forte che sarà coordinata attraverso la costituzione di un comitato, in quanto, quale autorità di Protezione Civile locale, riconoscono l’unità del territorio nella sua vulnerabilità e nei potenziali rischi.

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