“La storia della deportazione e dei campi di concentramento non può essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa: ne rappresenta il fondamento condotto all’estremo, oltre ogni limite della legge morale che è incisa nella coscienza umana”. Con queste parole Primo Levi, sopravvissuto all’inferno di Auschwitz, scolpiva, nel 1973, il giudizio sulle radici e sulle responsabilità dello sterminio organizzato e programmato ai danni di donne e uomini definiti di razze inferiori, il più grave compiuto nella storia dell’umanità. Il più abominevole dei crimini per gravità e dimensione commesso a metà del secolo scorso nel cuore della civile Europa, dove già da molto tempo gli ideali di libertà, di rispetto dei diritti dell’uomo, di tolleranza e democrazia si erano diffusi e venivano largamente praticati.
Il 27 gennaio di 80 anni fa Auschwitz spalancava i suoi cancelli su un abisso oltre ogni immaginazione. Un orrore che sembrava inconcepibile tanto era lontano dai sentimenti che normalmente si attribuiscono al genere umano. Eppure furono menti umane quelle che idearono il meccanismo di sterminio di milioni di ebrei, di appartenenti al popolo Rom, di omosessuali, di dissidenti, di disabili, di testimoni di Geova. Menti che, peraltro, furono capaci di sedurre e spingere alla complicità centinaia di migliaia di persone trasformandole in complici e in carnefici.
Non c’è cosa più grave che si possa fare nei confronti della memoria delle vittime che confondere le responsabilità di allora o compiere superficiali operazioni di negazione delle colpe, personali o collettive. Per esempio non si può dimenticare che il nostro Paese, l’Italia, durante il fascismo adottò le ignobili leggi razziali che servirono ad avviare il percorso macabro verso lo sterminio; così come non possiamo dimenticare che gli appartenenti alla Repubblica di Salò collaborarono attivamente alla cattura, alla deportazione e persino alle stragi degli ebrei e di tutti i diversi.
Non c’è torto maggiore che si possa commettere nei confronti della memoria delle vittime che considerare le conquiste civili, sociali e democratiche come qualcosa data per sempre. Non è così. Lo dimostra il ritorno, nel mondo, di pericolose forme di razzismo, antisemitismo, prevaricazione, odiose disuguaglianze e un nuovo negazionismo che offende la verità e la storia. La lotta al fascismo e al nazismo edificò un nuovo ordine mondiale che significò, in tutto l’occidente, la costruzione di società libere e democratiche. Oggi quell’ordine mondiale non c’è più e non a caso riemergono sentimenti, pulsioni, tentazioni nazionaliste e estremiste che nulla hanno a che vedere con la cultura dei diritti, delle libertà e propugnano intolleranza, esclusione, divisione, disprezzo verso le istituzioni e le regole democratiche. E’ tornata la guerra in Europa, in Medioriente e in altre 56 aree del mondo. Rinascono forze, in Europa e non solo, che senza nessuno scrupolo fanno riferimento, direttamente o indirettamente, alle parole d’ordine e ai comportamenti tipici del fascismo e del nazismo. La prima immagine della nuova amministrazione americana è una fila di decine di immigrati, con le catene ai piedi e ai polsi, sul punto di essere “deportati” nei propri paesi di origine. E il termine deportazione è usato consapevolmente e ripetutamente da Trump, il Presidente appena insediato.
Naturalmente il passato non ritorna mai uguale a se stesso. Ma a 80 anni di distanza dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz questo 27 gennaio consiglia una riflessione sincera per un impegno comune più forte affinché la memoria aiuti tutti a non tornare indietro.
Federazione PD Viterbo

Giornata della memoria, Federazione Pd: “La memoria serve a non tornare indietro”
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