BOLSENA (Viterbo)- Riceviamo e pubblichiamo la lettera di solidarietà dagli agricoltori biologici del Lago di Bolsena al Sindaco di Nepi: ” Cari amici e colleghi agricoltori del Comitato No Imu Agricola, siamo 50 produttori di aziende agricole biologiche aderenti al Comitato Promotore del costituendo Bio-distretto Lago di Bolsena e vorremmo stimolare insieme a voi una riflessione sui problemi importanti che avete sollevato con i vostri comunicati inviati ai giornali in questi giorni. Ovviamente, in quanto parte direttamente interessata, seguiamo con attenzione le politiche di sviluppo che riguardano il mondo dell’agricoltura nella Tuscia e ci sentiamo di rassicurarvi sul fatto che il Sindaco di Nepi, che ammiriamo per il coraggio, non vi considera certo come dei carnefici. La sua ordinanza mira esclusivamente a tutelare le zone di rispetto delle sorgenti dell’acqua minerale Terme dei Gracchi ed Etruria e di altre sorgenti di acque destinate al consumo umano. Non siete voi sotto accusa; non siete voi i principali responsabili dei danni ambientali e alla salute di cui il vostro territorio sta soffrendo. Piuttosto siete delle vittime, come tutta la popolazione interessata dai problemi causati dall’uso dei pesticidi.
Il Sindaco di Nepi sta facendo solo il suo mestiere di autorità sanitaria. Quando un sindaco arriva ad emanare un’ordinanza per difendere la risorsa più preziosa che abbiamo, l’acqua, vuol dire che c’è un problema serio e che non si può più continuare a chiudere gli occhi, ma bisogna affrontarlo con responsabilità e con coraggiosi atti di cambiamento.
Anche alcuni Sindaci del Lago di Bolsena un paio di anni fa hanno emanato delle ordinanze, (improprie nella forma) per scongiurare l’arrivo nel nostro territorio dell’agro-industria e della monocoltura convenzionale. E immediatamente sono state impugnate. Nessuna sorpresa. Quei Sindaci sapevano che sarebbe potuto accadere, ma loro volevano lanciare un messaggio politico: no all’uso di fitofarmaci dannosi, noi vogliamo tutelare le falde idropotabili, di cui il lago di Bolsena fa parte, e la salute dei cittadini del comprensorio lacustre.
Ebbene, a noi pare che anche i ricorsi al TAR contro quelle ordinanze, come oggi contro il provvedimento del Sindaco di Nepi, abbiano un valore politico: si sta dicendo alla popolazione che non si può impedire l’iniziativa imprenditoriale di chi ha scelto di impiantare e sviluppare una coltura molto redditizia, bisognosa di trattamenti chimici, anche a scapito del benessere di un territorio e dei suoi abitanti. È questo il messaggio che ci arriva.
È proprio questo atteggiamento miope e poco lungimirante che sta scatenando una guerra fra poveri, nella quale le vere vittime sono le persone, soprattutto i lavoratori del mondo dell’agricoltura e i bambini, che stanno pagando con la loro salute il caro prezzo di una politica agricola sbagliata.
Leggiamo ogni anno i dati del Registro Tumori della nostra Provincia e non ci stupisce che proprio nei comuni interessati dallo sviluppo della monocoltura del nocciolo vi sia una percentuale più alta rispetto alla media regionale e nazionale di leucemie, linfomi e melanomi. Centinaia di studi dimostrano le correlazioni tra i danni alla salute e l’uso di erbicidi e pesticidi, specie sul neurosviluppo dei bambini. Anche voi e le vostre famiglie siete vittime di tutto questo. Forse bisogna cominciare a pensare a un cambiamento radicale.
In uno dei vostri comunicati avete chiamato in causa l’inquinamento del lago di Bolsena. Dalle nostre parti non abbiamo mai nascosto le ragioni del processo di eutrofizzazione in atto: sversamenti continui negli ultimi anni dal collettore fognario malfunzionante (ora fortunatamente riparato) e concimi chimici da agricoltura convenzionale. Notiamo, invece, che in alcuni ambienti politici ed economici della Tuscia non si vuole che si dica che il lago di Vico è ormai eutrofizzato da decenni. Si ha premura di nascondere o sminuire la fioritura dell’alga rossa che ogni anno si ripresenta con la sua produzione di microcistine tossiche e cancerogene. Nei comuni che captano acqua dal lago non è più possibile bere quell’acqua e questo è gravissimo.
Proprio pochi giorni fa la trasmissione “Sapiens” di Mario Tozzi ha segnalato il problema: pur non essendovi uno sviluppo edilizio attorno al lago di Vico, i residui chimici che alimentano le coltivazioni agricole circostanti lo hanno inquinato gravemente. Perché nasconderlo? A chi giova? È evidente che la monocoltura può fare danni anche peggiori della speculazione edilizia.
La risorsa ittica più importante del lago di Bolsena è il coregone, pesce che può vivere solo in acque salubri e ben ossigenate. I nostri pescatori vivono di questo e si sono iscritti al Bio-distretto, perché la loro preoccupazione è che il lago continui ad essere tutelato. Nel lago di Vico il coregone si è ormai quasi estinto, non vi è sufficiente ossigeno per la sua sopravvivenza, segnale questo dell’avanzato stato di eutrofizzazione. Non solo; in base ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel coregone del lago di Vico sono state rilevate tossine fino a 38 volte superiori alla soglia consentita.
Il lago di Vico ha la “fortuna” di avere un tempo di ricambio di circa vent’anni e, se i coltivatori si uniscono, con l’agricoltura biologica possono salvare il loro lago, la loro acqua e la loro salute. Noi, benché il nostro lago sia 30 volte più grande di Vico, e quindi con un degrado più lento, abbiamo un tempo di ricambio di 300 anni. Per noi il danno ambientale sarebbe irreversibile. Ecco perché tutti i nostri sindaci, insieme a noi agricoltori, si sono uniti in un progetto di sviluppo diverso per il territorio: il bio-distretto.
Vogliamo anche sottolineare che, per noi che facciamo agricoltura biologica con convinzione, impegno e, a volte, tante difficoltà, non è corretta l’incentivazione di colture come il nocciolo con lauti finanziamenti per 5 anni in regime biologico, perché sappiamo tutti che dopo 5 anni, quando le piante diventano produttive, tali impianti corilicoli si trasformano in convenzionali per poter vendere il prodotto (trattato con alti dosaggi di erbicidi e pesticidi) alle multinazionali. Nella Tuscia migliaia e migliaia di ettari di monocoltura del nocciolo convenzionale sono stati impiantati con gli incentivi destinati al biologico, ma il 95% sono passati al convenzionale. Non accusiamo certo gli agricoltori di questa truffa perpetrata ai danni dei cittadini, ma le istituzioni regionali e nazionali che hanno stretto accordi con le multinazionali a danno della biodiversità, della salute pubblica e dei veri agricoltori biologici. Chi percepisce e ha percepito tali incentivi, dovrebbe restare in regime biologico.
Nei vostri comunicati auspicate un confronto e un partenariato costruttivo tra enti locali, associazioni dei lavoratori e scienziati, anche dell’Università della Tuscia, nonché programmi di formazione per gli agricoltori per limitare l’uso dei trattamenti chimici in agricoltura. Sappiamo che l’attivissimo Bio-distretto della Via Amerina proprio in questo periodo sta portando avanti il progetto “La terra che vorrei” fondato sulla formazione degli agricoltori, con esperti della facoltà di agraria di Viterbo, e su interventi concreti sul campo per restringere al massimo l’uso della chimica. Perché vi scagliate contro questa realtà che sta solo facendo il bene del territorio e dei suoi abitanti, compresi voi?
È apprezzabile lo sforzo che si sta facendo nella corilicoltura per migliorare la distribuzione dei trattamenti fitosanitari con l’uso di ugelli antideriva così come i progetti per il risparmio delle risorse idriche, ma se non si ripristina la biodiversità nei luoghi compromessi dalla monocoltura, reintroducendo colture tradizionali diversificate, il raggiungimento della vera sostenibilità ambientale sarà un’illusione.
Con la creazione del Bio-distretto Lago di Bolsena noi vogliamo testimoniare una realtà produttiva diversa dall’agricoltura convenzionale, promuovere uno sviluppo locale attento al territorio e alle comunità locali, senza rinunciare ai guadagni economici. Di agricoltura biologica si può vivere benissimo, con sacrifici sì, ma anche con grande soddisfazione. Forniamo cibo sano e, se ci uniamo, lo possiamo fare con evidenti vantaggi per tutti. Non vi è altra strada, se vogliamo lasciare ai nostri figli terre vivibili, sane, produttive e redditizie”.
Gli agricoltori delle aziende biologiche del costituendo Bio-distretto Lago di Bolsena