Gloria Antognozzi: “Abbiamo portato le canzoni del Festival di Sanremo nelle case dei sordi”

VALENCIA ( Spagna) – “Abbiamo portato le canzoni del Festival di Sanremo nelle case dei sordi”. Gloria Antognozzi, figlia di genitori sordi, CODA, udente, parla all’Associazione SuperAbile Viterbo di come il suo gruppo, dopo 70 anni, per la prima volta, abbia reso accessibile il Festival della canzone italiana.

Nato da un’idea di Laura Santarelli, Presidente FIAS, il progetto, dopo un lungo casting, ha visto 13 ragazzi (11 udenti e 2 sordi) farsi portavoce dei brani. Compito di Gloria e degli altri ragazzi era proprio quello di trasferire, su un canale virtuale, parallelo, in contemporanea con il programma della serata, il contenuto, il ritmo e le emozioni delle varie canzoni sul palco dell’Ariston.

Come è stata questa esperienza Gloria?

“E’ stata una bellissima esperienza che rifarei di corsa. Ma tengo a precisare che la differenza l’ha fatta la squadra, non il singolo. Abbiamo lavorato tanto insieme. C’è stata tanta partecipazione corale. Un plauso soprattutto a Laura Santarelli ideatrice ed a capo del casting”.

Dove ti trovi in questo momento?

“Da due mesi sono in Spagna, precisamente a Valencia per un Erasmus. Ero partita giusto appunto dopo il lavoro come performer per Sanremo. Sono purtroppo chiusa in casa anche io e la mia esperienza comunitaria è andata, di fatto, a farsi benedire. Recupererò con il programma a distanza. Un Erasmus chiusa in casa, senza incontrare nessuno, senza scambio culturale e sociale, certo, non è proprio il massimo. Ma tant’è”.

Era la prima volta che cantavi?

“No. In realtà ho fatto l’Accademia di Santa Cecilia a Roma. Facevo lirica. Poi all’età di 15 anni, vedendo che mia madre sorda, seduta in platea, aveva difficoltà a seguirmi ho lasciato perdere. Non mi andava di metterla in difficoltà e a dirla tutta non mi piaceva moltissimo la lirica. Da non udente, applaudiva sempre dopo gli altri perché si adeguava alla folla”.

Secondo te, nel complesso, è piaciuta alla comunità dei sordi questa performance?

“Sono stata letteralmente subissata di complimenti”.

Vale a dire?

“Me ne sono arrivati tanti sia per come ho interpretato il ruolo sia per il messaggio che abbiamo cercato di trasmettere a casa. Il giovedì è stata la volta dei successi di una volta. La comunità dei sordi ha potuto così fare la differenza tra i brani vecchi e quelli attuali del 2020”.

Un cambiamento enorme…

“Sinceramente si. Le canzoni per un sordo hanno sempre rappresentato un tabù. Stavolta, come detto grazie al lavoro di tutta la squadra e dopo 70 anni le hanno potute in qualche modo ascoltare. Credo sia davvero un momento particolare. Bisogna continuare su questa strada”.

A proposito a che punto è il percorso legislativo in Parlamento per il riconoscimento della lingua dei segni?

“Dopo l’approvazione della proposta di legge al Senato del 3 ottobre 2017 non è successo più nulla. Il percorso prevedeva il passaggio alla Camera entro dicembre dello stesso anno ma non fu più presentata. Da quel giorno non ci sono stati aggiornamenti. Tutto è rimasto come allora. Siamo ad un binario morto. Ci sono poi delle diatribe interne tra oralisti e segnanti che ne stanno condizionando pesantemente questo riconoscimento.

Qualcosa comunque si sta muovendo. Alle conferenze stampa sia della Protezione Civile che in quelle del Governo dal 25 febbraio c’è sempre un’interprete della lingua dei segni…

“Dopo tanti sforzi finalmente, grazie all’Ente Nazionale Sordi stiamo riuscendo a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della LIS. Mi fa piacere che ci sia sempre un interprete che veicoli le informazioni preziose ad una platea di 260mila non udenti di cui 70mila sordi in Italia. Una di quelle, Susanna Di Pietra, è mia sorella. Insieme a lei ed altre 3 ragazze abbiamo fondato CODA Italia…”

A proposito, parlarci brevemente della tua associazione di cui sei anche Presidente…

“Coda Italia nasce nell’ottobre del 2014 ed è stata fondata da figli di genitori sordi. Le difficoltà ed i limiti che hanno caratterizzato la nostra vita ed il nostro sviluppo personale ci hanno spinto a costituire questa associazione. Siamo orgogliosi di come siamo cresciuti, siamo felici di aver scoperto che la diversità è bellezza e ricchezza. Ognuno di noi è diverso. I limiti, qualunque essi siano, possono essere superati. L’obiettivo della nostra associazione, grazie alle nostre esperienze maturate direttamente, è proprio quello di sensibilizzare l’opinione pubblica su questi argomenti. Noi organizziamo tanti eventi come incontri e campi estivi per i bambini. Al momento però – per via del Coronavirus – le nostre attività sono ferme. Stiamo lavorando per pianificare le attività post Covid-19”

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