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Grande partecipazione a Viterbo alla fiaccolata per ricordare la strage di via D’Amelio (VIDEO)

di ANNA MARIA STEFANINI-

VITERBO- 19 luglio 1992. Alle ore 16:58, una Fiat 126, rubata e caricata con circa 90 chilogrammi di tritolo, viene fatta esplodere al civico 21 di via Mariano D’Amelio a Palermo. Lì abitano Maria Rita Lepanto e Rita Borsellino, madre e sorella del giudice Paolo Borsellino. Un boato terribile. Trambusto, grida, momenti di terrore. Pochi minuti – il primo lancio dell’Ansa è delle ore 17:16 – confluiscono sul posto le volanti di polizia e carabinieri, oltre a decine di ambulanze prontamente richieste.

La conferma che tra i cadaveri smembrati ci fosse quello di Paolo Borsellino arriva alle 18:13: quel che resta del suo corpo è carbonizzato, il braccio destro è stato troncato di netto, finendo nel cortile del palazzo.

Morti anche i 5 agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a fare parte di una scorta e prima donna della polizia a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Unico sopravvissuto Antonino Vullo che, al momento dell’esplosione, stava parcheggiando una delle auto della scorta.
Sono passati 32 anni da allora. Stasera, 19 luglio, anche a Viterbo come in tutta Italia, si è voluta ricordare la strage di via D’Amelio con una fiaccolata, che ha avuto luogo accanto alla caserma dei Carabinieri, dove un murale ricorda Falcone e Borsellino, nell’omonima via; murale fatto restaurare recentemente dall’Arma dei Carabinieri.
Sono raffigurati insieme, Giovanni e Paolo, perchè insieme hanno condotto la loro battaglia per la legalità e la giustizia e perché quasi insieme, a distanza di due mesi, nello stesso anno, sono stati assassinati, come ha detto Carlo Maria Scipio, presidente del  Comitato 19 luglio. Nel giorno dell’anniversario della strage di via d’Amelio, Scipio ha dunque ricordato Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e coloro che hanno perso la vita a causa della criminalità organizzata. La memoria del giudice, ucciso quel 19 luglio di 32 anni fa, nell’attentato, insieme a cinque agenti della scorta, è viva oggi più che mai.
Un ricordo che va oltre ogni colore politico..

Chi meglio di un magistrato viterbese, procuratore della Repubblica a Terni fino al 2009 e ad Arezzo fino al 2013, presidente del Comitato 19 luglio, poteva oggi ricordare i giudici assassinati?
Carlo Maria Scipio ha preso la parola davanti al folto, silenzioso e statico corteo, per ricordare il sacrificio dei due giudici e della scorta e degli altri uomini di Stato uccisi dalla mafia.
Il dott. Carlo Maria Scipio ha, prima di iniziare la commemorazione della strage, fatto i complimenti ad Antonella Sberna, eletta da poco vice presidente del Parlamento Europeo .
Presenti alla fiaccolata, oltre alla Sberna, autorità civili e militari, il Comandante della Scuola Marescialli dell’Aeronautica col Gianluca Spina, il Maggiore dei Carabinieri Felice Bucalo, rappresentanti della Guardia di Finanza, dell’Esercito, della Questura, l’on.Mauro Rotelli, i consiglieri regionali Daniele Sabatini e Lucio Zelli, la sindaca Chiara Frontini, il presidente del Consiglio Comunale Marco Ciorba e alcuni assessori e consiglieri, i sindaci di diversi comuni della Provincia, oltre a numerosi rappresentanti di Fratelli d’Italia, di associazioni, dei sindacati, della società civile e cittadini. Presenti anche molti giovani. E proprio due ragazzi hanno letto una lettera scritta dal giudice assassinato.
Carlo Maria Scipio ha ricordato come il tempo non debba sbiadire il ricordo. Alcuni giornali oggi hanno dedicato poco spazio a quella cultura della legalità, al sentimento collettivo di rivolta, all’esempio che la morte di Falcone e che la strage di via D’Amelio hanno destato.
“Oltre vent’anni fa è nata quest’iniziativa grazie a Mauro Rotelli, che ha avuto un’intuizione che poi è stata seguita un po’ dappertutto – ha evidenziato Scipio – In questo stesso momento, a Palermo e nel resto d’Italia, ci sono manifestazioni con tanto di fiaccole, come la nostra, per ricordare gli stessi sentimenti e provare le stesse emozioni che stiamo provando noi stasera.”
“Quello di oggi non è una semplice rito – ha tenuto a ricordare il Presidente del comitato 19 luglio -, non è un rito, nè un atto formale, ma sostanziale, che ci deve vedere coinvolti tutti quanti.”. È una testimonianza per affermare il valore dei principi di legalità, democrazia e rispetto delle leggi; principi in base ai quali hanno operato Falcone e Borsellino.
Bisogna fare in modo che la memoria di questi eroi non tramonti mai anche educando le nuove generazioni a quei principi di legalità democrazia, giustizia che sempre devono essere i fari che illuminano le nostre azioni.
“Le uniche due strade che conosco per combattere la malavita organizzata – ha continuato Scipio – sono il coinvolgimento della gente, che voi qui rappresentate, ed educare i ragazzi, da sempre, a pensare che questo Paese avrà un futuro solo se le nuove generazioni che si affacciano alla vita saranno in grado di seguire l’esempio di chi la vita l’ha persa per difendere la legalità.” Il Presidente del Comitato 19 luglio ha poi aggiunto:” Se solo per 24 ore, tutti i cittadini italiani facessero il loro dovere, sono convinto che la maggior parte dei problemi che ci assillano sarebbero avviati a una soluzione. Auguro a tutti, dal profondo del cuore, che l’esempio dato da questi nostri compagni di quella straordinaria avventura che è la vita dell’uomo, sia seguito da tutti.” Carlo Maria Scipio ha poi letto le parole scritte dalla figlia di Borsellino che ci hanno ricordato non tanto il magistrato, ma l’uomo; un uomo coraggioso, che amava i bambini, i giovani. Un uomo il cui ricordo deve essere mantenuto vivo e che possa essere sempre un esempio per tutti.
La determinazione di Falcone e Borsellino, il loro coraggio e il loro sacrificio hanno ispirato generazioni di magistrati, forze dell’ordine e cittadini comuni a continuare nella battaglia contro la mafia.

Ricordarli significa non solo onorare la loro memoria, ma anche mantenere viva la loro missione. La lotta alla mafia non è un compito concluso; al contrario, è una sfida continua che richiede un impegno costante da parte di tutti. La società civile deve rimanere vigile, denunciare e combattere le ingiustizie, affinché non ci siano mai più uomini e donne costretti a sacrificare le loro vite per la verità e la giustizia.
Rimase tristemente celebre l’amareggiato commento di Caponnetto alle telecamere poco dopo aver visto la salma di Borsellino, in cui disse disperato “È finito tutto“, stringendo le mani del giornalista che poneva la domanda.
Non era finito tutto. Da quelle morti nacque di nuovo una coscienza civile. Viterbo, con la deposizione della corona d’alloro, con la fiaccolata, con le parole di Scipio, con quelle dei ragazzi e con l’Inno nazionale, si inchina davanti alla memoria di Paolo Borsellino, di Giovanni Falcone e di chi è morto per difendere i diritti e i valori della giustizia e della legalità.

 

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