I ministri Urso e Lollobrigida aprono la 22esima edizione di Cibus

PARMA – Il Ministro del Made in Italy e delle Imprese Adolfo Urso e il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida hanno aperto la 22esima edizione di Cibus, a Fiere di Parma dal 7 al 10 maggio.

Gli esponenti del Governo hanno tagliato il nastro della manifestazione di riferimento dell’agroalimentare Made in Italy dopo essere intervenuti al convegno inaugurale, Dinamiche competitive internazionali nel settore agroalimentare.

“Il Made in Italy – afferma Il Ministro del Made in Italy e delle Imprese Adolfo Urso – ormai è sinonimo in tutto il mondo di prodotto di qualità ed eccellenza. Nella gamma della produzione internazionale noi siamo nella Serie A. La Food Valley di questo territorio è un vero e proprio modello di eccellenza nell’eccellenza che porta avanti tutti i valori che rendono grande il Made in Italy nel mondo.  Il Salone internazionale dell’alimentazione Cibus a Parma di fatto oggi fa la sua vera e grande riapertura dopo gli anni dei cigni neri e sono lieto di essere qui con tutte le altre istituzioni ma soprattutto con le imprese che sono i veri attori dell’economia. Il nostro Paese, infatti, è composto da imprese e da persone che sono l’espressione autentica della peculiarità del nostro sistema industriale che porta sul mercato prodotti capaci di stare nel mondo perché considerati quelli belli, buoni e ben fatti e per questo nella gamma della produzione internazionale noi siamo nella serie A e lo siamo grazie all’alimentazione”.

Nel corso della giornata sono stati presentati i dati della ricerca realizzata dal CERSI, Centro di Ricerca per lo Sviluppo Imprenditoriale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con Fiere di Parma. Lo studio evidenzia in particolare come nel decennio 2013 – 2023 la crescita italiana nell’export agrifood è stata del 27% rispetto al 12% della media europea. Un risultato che ha portato i prodotti agroalimentari italiani venduti all’estero a sfiorare i 64 miliardi di dollari, circa il 10% dell’export europeo (679 miliardi di dollari), collocando il nostro Paese al quarto posto nel 2023 per sviluppo dell’export in Europa. Sono alcune delle principali conclusioni della ricerca realizzata dal CERSI dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con Fiere di Parma, presentata a Cibus (fino al 10 maggio), in occasione del convegno inaugurale “Dinamiche competitive internazionali nel settore agroalimentare”.

Questi dati suggeriscono che, in un contesto macroeconomico e in un arco temporale caratterizzato da grande incertezza su tanti fronti, le imprese italiane del settore agroalimentare hanno mostrato grande capacità di adattamento ai cambiamenti nell’ambiente e sono state in grado di sostenere e sviluppare la propria competitività sui mercati internazionali più di quanto non sia accaduto in altri paesi europei”, afferma Fabio Antoldi Professore di Strategia Aziendale e Imprenditorialità all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore del CERSI.

Come dimostra anche il rapporto presentato oggi – afferma il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida – la  nostra Nazione, grazie all’impegno del Governo Meloni e al duro lavoro dei nostri agricoltori, produttori e imprenditori, sta dimostrando incoraggianti segnali di crescita. L’Italia si conferma terra di eccellenza e vincente nei mercati esteri. Uno straordinario risultato che evidenzia la qualità dei prodotti Made in Italy, la solidità del nostro tessuto imprenditoriale e la nostra capacità di fare sistema
per conquistare i mercati globali. L’Italia è una grande Nazione e questi dati non possono che confermarlo: siamo una superpotenza della qualità”.

I dati della ricerca
A livello globale, l’Europa mantiene la leadership mondiale, con una quota di mercato del 2022 superiore al 40%; in particolare dal 2020 si può notare una leggera riduzione della quota di mercato dell’Europa a vantaggio di America e Asia: nel 2022, il 22,4% del food export mondiale è asiatico, mentre il 29,5% americano. Quote di mercato inferiori rispetto a quella del nostro continente, ma sicuramente rappresenta una dinamica “erosiva” da tenere sotto osservazione.

L’andamento emerge più chiaro se si guardano le serie storiche indicizzate, assumendo come base l’anno 2013. Qui emerge chiaramente la diversa velocità relativa di crescita (e decrescita) negli anni delle macroaree. Il dato mondo, infatti, è la composizione di un’ America e un’Asia capaci di totalizzare rispettivamente +51% e +49%, a fronte di Europa cresciuta “solo” del 33%.

Tornando all’Italia, il nostro Paese ha registrato una crescita in tutti i quattro principali comparti dell’agroalimentare: nel dairy la quota di mercato passa dal 3,46% dal 2013 al 4,75% del 2022, con un valore dell’export di 5,4 miliardi di dollari); nei prodotti a base di cereali il valore dell’export nel 2022 è di 8,3 miliardi di dollari, corrispondenti a una quota di mercato dell’8,34% (era il 7,95% nel 2013), nelle conserve e nei preparati di frutta e verdura l’export del 2022 vale 5 miliardi di dollari, con una quota di mercato del 6,46% (6,38% nel 2013) e nel settore beverage l’Italia ha anche scalato una posizione, passando dal terzo al secondo posto del ranking, con un valore nominale dell’export nel 2022 pari a 12,6 miliardi di dollari, corrispondenti ad una quota di mercato dell’8,5%.
A conferma di quanto è emerso dai dati precedenti, in questi settori Francia e Germania hanno subito un’erosione delle proprie quote di mercato. Mostrano un trend di crescita anche Belgio, Olanda e Polonia.

Dunque l’agroalimentare made in Italy continua a viaggiare con una marcia in più registrando una crescita accelerata rispetto ad altri grandi Paesi Europei, a partire da Francia e Germania. La ricerca, presentata da Fabio Antoldi insieme a Daniele Cerrato, Professore di Economia Aziendale, International Business e Corporate Strategy all’Università Cattolica del Sacro Cuore, evidenzia come si tratti di una tendenza strutturale, frutto della capacità dei nostri imprenditori, che hanno saputo cogliere opportunità di sviluppo nei mercati esteri e che ha mostrato visione strategica e orientamento di lungo termine. Elementi che confermano come l’Italia resti una terra di eccellenze.

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